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                      Assomela: Greenpeace conferma il progresso nell’uso di agrofarmaci

                      fiore di melo
                      Dopo l’articolo Shock di Greepeace, arriva la replica di Assomela: dal report intitolato “Il gusto amaro della produzione di mele europea”, secondo l’associazione emerge l’evoluzione nella selezione di agrofarmaci sempre più moderni e la professionalità dei frutticoltori nel loro impiego

                       

                      fiore di meloIl report dal titolo “Il gusto amaro della produzione di mele europea”, elaborato e recentemente diffuso da Greenpeace ha ottenuto un’alta attenzione. Ha ottenuto anche titoli shock sui giornali, critiche e polemiche. Tuttavia Assomela, a tre giorni da quella pubblicazione, ha voluto dire la sua. E, dopo aver analizzato i risultati emersi, ha sottolineato che “ad una prima impressione, il lavoro presenta alcune criticità, prima fra tutte la mancanza di “terzietà”, punto fondamentale per una piena affidabilità dei risultati”. Ciò nonostante Assomela ha valutato quanto riportato, peraltro da tempo oggetto di costante attenzione ed impegno. In alcuni casi si conferma un livello di coerenza con parte dei risultati emersi, in particolare riguardo agli agrofarmaci rilevati, che, come peraltro affermato dalla stessa Greenpeace, sono ammessi dalla legislazione Europea. Tali agrofarmaci sono inseriti nei disciplinari di produzione integrata nazionali e, di conseguenza, in quelli delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano, spesso con ulteriori limitazioni tecniche volontarie.

                       

                      Tre giorni fa: Greenpeace shock, meleti al veleno. E il settore va in pasto ai mass media

                       

                      Il bassissimo tenore dei residui rilevati per questi prodotti, nell’ordine delle “parti per miliardo” (ppb), molto inferiori rispetto ai limiti di legge, secondo l’associazione conferma la correttezza e la professionalità nell’impiego di tali sostanze da parte dei frutticoltori. Un’analisi critica dei risultati pubblicizzati mette peraltro in evidenza il rilevante progresso realizzato dal settore melicolo nell’impiego di agrofarmaci. Tre fatti, che emergono dal lavoro di Greenpeace, possono accompagnarci a tale conclusione, del tutto opposta a quella che appare a prima vista: il ritrovamento di molecole risalenti agli anni ’60 – ‘70 (DDT, Endrin, Dieldrin, Linuron), da molto tempo escluse dalla legge e peraltro non trovate in Italia, con alta persistenza nel suolo; il generalmente basso residuo, anche da 1 – 15 volte inferiori al massimo ammesso dalla legislazione, di sostanze oggi regolarmente ammesse e correttamente utilizzate; il mancato ritrovamento nello studio di Greenpeace di diverse sostanze di comune impiego, che ne dimostra ancora una volta non solo un uso professionale, ma anche la veloce degradabilità nel suolo.

                       

                      Tutto questo ci porta a concludere – aggiunge Assomela – che quanto viene oggi utilizzato per la difesa dalle malattie del melo si dimostra quindi poco persistente, poco residuale e rispettoso degli equilibri naturali del terreno e delle acque. In breve, proprio quanto diffuso da Greenpeace dimostra la straordinaria evoluzione nella selezione di agrofarmaci sempre più moderni e la professionalità dei frutticoltori nel loro impiego. Il raggiungimento di questo obiettivo, certamente migliorabile, è facilmente dimostrato attraverso alcuni indicatori della salute dell’ambiente.

                       

                      Il report di Greenpeace, non cita ad esempio alcuno dei molteplici indicatori della rinnovata “vitalità” dei frutteti del giorno d’oggi, dove nidificano molte specie di volatili, dove tornano i rapaci ma anche molte altre forme di vita e dove l’incontro con animali selvatici è facile e frequente. Su questi aspetti la collaborazione intensa e strategica tra produttori, centri di ricerca, consulenza tecnica ed autorità pubbliche è un fatto forte ed i risultati in termini di “qualità” ambientale lo certificano. Da almeno 30 anni i frutticoltori si sono posti il problema della sicurezza del frutto e del proprio lavoro, ma anche della “convivenza” con il sistema urbano e sociale circostante. Importanti investimenti sono stati fatti in sperimentazione, ricerca ed innovazione ed altri sono in via di attuazione.

                       

                      Proprio di recente il settore ortofrutticolo, assieme ad una folta schiera di Centri di Ricerca organizzati nella rete europea EUFRIN, ha ufficializzato alla presenza del Commissario europeo per l’agricoltura Phil Hogan l’“Agenda Strategica per l’Innovazione e la Ricerca”, che evidenzia le criticità ed individua possibili linee di lavoro su cui concentrare risorse ed impegno. Molti degli obiettivi individuati sono i medesimi di quelli citati da Greenpeace. L’intensificazione nell’individuazione di alternative ai più classici “agrofarmaci”, così come la messa a punto di sistemi di distribuzione ad impatto basso ed ultra basso o l’impiego di tecniche di miglioramento genetico “smart” sono non solo compresi tra obiettivi prioritari, ma sono in alcuni casi oggetto di progetti già pienamente operativi. Le tecniche della “confusione sessuale”, così come l’attenzione verso i nemici naturali degli acari sono ormai pratiche consolidate dei frutticoltori. Il lavoro di Greenpeace offre comunque spunti utili per proseguire nell’impegno a ricercare soluzioni progressivamente sempre migliori, che possano salvaguardare una sufficiente redditività per le circa 20.000 aziende produttrici di mele italiane e l’indotto occupazionale diretto che ne deriva, stimabile in oltre 5.000 dipendenti, con trend in crescita.