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                      Frutta estiva, crisi e possibili soluzioni. Produrre di meno e segmentare di più?

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                      (Copyright: Fm)

                      Appare senza via d’uscita l’ennesima crisi che sta colpendo pesche e nettarine – ma non se la passano meglio le angurie – che anche quest’anno stanno restando invendute o, in molti casi, sugli alberi, senza essere raccolte. Il mercato europeo è invaso da prodotto proveniente da Spagna e Grecia, proposto a prezzi stracciati, e quello italiano non ha sbocchi di vendita. Una situazione drammatica, che sta portando molti produttori italiani a procedere all’espianto degli alberi, ritenendo che non sia più sostenibile mantenere i frutteti senza prospettive di una ripresa del settore. Tra i problemi c’è lo scollamento tra ciò che chiede il consumatore finale – frutta buona, matura al punto giusto – e ciò che gli viene offerto nei punti vendita

                       

                      di Eugenio Felice

                       

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                      Nettarine spagnole da Asda, Regno Unito (Copyright: Fm)

                      L’ultima settimana di luglio ci siamo recati in Spagna, in visita alla più grande azienda d’Europa per la lavorazione di frutta estiva a nocciolo. Si chiama Tany Nature e si trova in Extremadura, a 130 chilometri dal confine con il Portogallo. Nel mese di giugno si registra il picco delle consegne, con 50 camion, 180 referenze e 1.000 tonnellate di prodotto che ogni giorno partono alla volta dell’Europa. Un’azienda modello, guidata dalla famiglia Mejias, punto di riferimento in Spagna per molte catene distributive evolute del Vecchio Continente. Tra le tante informazioni e alcune confidenze che abbiamo raccolto, il fatto che i maggiori concorrenti dell’azienda non si trovano in Grecia o in Italia, ma nella stessa Spagna, in particolare nella Catalogna, regione situata all’estremità nord-orientale della penisola iberica. Negli ultimi anni qui sono stati piantati molti alberi di pesche e nettarine con volumi in costante crescita, una produzione più di quantità che di qualità.

                       

                      La conseguenza? Negli ultimi anni i prezzi sono inesorabilmente scesi in tutta Europa e lo spazio per la produzione italiana, tradizionalmente il maggiore produttore del Continente, sono sempre più risicati. È la classica legge della domanda e dell’offerta: a parità di domanda, se l’offerta aumenta i prezzi flettono verso i costi di produzione di chi li ha più bassi, quindi non certo le aziende italiane ma quelle spagnole e greche. Per le aziende italiane, già molto frammentate, il futuro della frutta estiva appare quindi molto poco promettente e il successo del made in Italy e del “eat national” non sembra sufficiente a cambiare lo scenario. Perché, chiudendosi gli sbocchi all’estero, più merce rimane in Italia e certo iniziative come “mangia una pesca o nettarina al giorno a sostegno dei produttori” (leggi qui) non saranno in grado, da sole, di riportare in equilibrio il mercato. Cosa fare allora per fronteggiare questa situazione?

                       

                      Andranno avanti, inesorabili, gli espianti. Basti pensare che il Veneto, dati alla mano, ha perso dal 2000 al 2016 il 65 per cento degli ettari investiti a pesche e nettarine, passando da 6.550 a 2.340 ettari. E lo stesso sta accadendo in aree vocate come la Romagna. Quindi la prima strada sarà espiantare in favore di colture più redditizie, ammesso di trovarle. In Veneto e Romagna si è puntato al kiwi e all’uva da vino. Poi una mano può darla senz’altro la distribuzione moderna, più che con le classiche promozioni di prezzo, andando a segmentare l’offerta, iniziando a fare delle linee premium come succede per altri articoli e come è prassi ormai nel Regno Unito. Bisognerebbe non immettere proprio sul mercato la merce di seconda e di scarsa qualità, che fa passare la voglia al consumatore finale, e puntare a un prodotto dalla caratteristiche gustative e organolettiche superiori. Perché quando il prodotto è buono il prezzo passa in secondo piano e non a caso il segmento premium cresce, oggi, a doppia cifra.

                       

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