Spulciando i dati più in profondità si capisce come la distanza – concreta, culturale o data da una scarsa informazione – sia il motivo principale per cui quando si acquista il cibo si ha una qualche preoccupazione. Distanza concreta: la gente si fida di più dei prodotti acquistati direttamente dal produttore, nel piccolo negozio di quartiere o nel banco di frutta e verdura vicino a casa. Distanza culturale: ci si fida di più dei prodotti italiani, delle tipicità (marchio DOP e IGP), del biologico; si ha paura di un generico “cibo etnico”. Infine, distanza dovuta alla scarsità di informazione: è il prodotto a lunga conservazione, in scatola, di produzione industriale e proveniente dall’estero, quello che fa nutrire maggiori perplessità all’acquirente. Anche cibi precotti e già pronti, venduti negli hard discount, con le etichette poco trasparenti e con scarse notizie su provenienza e ingredienti sono sentiti come meno “sicuri” degli altri.
Guardiamo ad alcuni dati specifici emersi dall’indagine di Accredia e Censis. Partiamo con il grado di diffidenza verso i prodotti alimentari venduti in base alle strutture commerciali: le strutture più sicure sono considerate il piccolo negozio di vicinato (10,8 per cento) e il negozio di frutta e verdura vicino a casa (11,6 per cento). Maglia nera ai venditori ambulanti (22,2 per cento) e agli hard discount (27,6 per cento). Nel mezzo i supermercati e ipermercati (14,1 per cento) e i mercati rionali (17,2 per cento). Passiamo ai prodotti verso cui i consumatori non si sentono sempre sicuri: svettano i cibi precotti già pronti con un 25,4 per cento (vale a dire un italiano su quattro) così come le verdure già tagliate e pronte al consumo (leggasi quarta gamma?) con un 21 per cento, seguono da vicino i cibi surgelati con un 19,9 per cento e i cibi etnici con il 19,2 per cento. Frutta e verdura biologica (16,7 per cento) e prodotti del commercio equo e solidale (15,7 per cento) sono considerati prodotti meno sicuri dei prodotti a marchio commerciale (13,5 per cento) e di quelli DOP e IGP (11,2 per cento). I campioni di sicurezza? I prodotti acquistati direttamente dal produttore (contadino, fattore, o altro) con il 6,8 per cento.
Fonte: La Repubblica
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