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                      Mele, troppe varietà? Guerra (Laimburg): “Per l’innovazione c’è sempre spazio”

                      Il dibattito sul futuro del comparto melicolo si mantiene acceso. Se da un lato c’è chi sostiene che sui banchi non ci sia più spazio per nuovo prodotto, che il consumatore sia confuso di fronte all’offerta di molteplici varietà e che alcuni programmi di miglioramento genetico abbiano finito per allontanarci un po’ da quello che era il sapore autentico dei frutti, c’è anche chi afferma con certezza che la strada del rinnovamento varietale è quella giusta. Ne è convinto anche Walter Guerra, responsabile del gruppo di lavoro di Pomologia del Centro di Sperimentazione di Laimburg, che ci spiega come le varietà club (oltre 40 in tutto il mondo), possano essere anche un driver, per le commodity, verso alcuni mercati. E che, con i metodi di conservazione messi a punto oggi, riusciamo ad avere mele con una texture perfetta. Il gusto? Provate a mettere sul mercato una mela molto aromatica ma farinosa… Chi la comprerebbe?

                       

                      di Carlotta Benini

                       

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                      Le nuove varietà a polpa rossa di Ifored

                      Investire in nuove varietà, meglio se gestite a club. Fare innovazione e ottimizzare il livello qualitativo dei frutti: perché, in definitiva, chi deve essere soddisfatto, prima ancora del produttore, è il consumatore. Se già l’ultima edizione di Interpoma ci ha dato un’idea piuttosto chiara di quale sia la strada che il comparto melicolo deve percorrere per restare competitivo (leggi qui), a margine del convegno “La mela nel mondo” organizzato da AgroFresh Italia (leggi qui) la nostra visione ha avuto conferma.

                       

                      Sul mercato c’è assolutamente spazio per l’innovazione varietale: il consumatore vuole novità, la ricerca sui banchi. “Quando acquista una mela, il consumatore attento e istruito sceglie di comprare non un frutto, ma una varietà ben precisa”, sottolinea Walter Guerra, responsabile del gruppo di lavoro di Pomologia del Centro di Sperimentazione di Laimburg che abbiamo intervistato in occasione dell’happening organizzato quest’anno nel modenese da AgroFresh.

                      Sta quindi forse anche nella grande distribuzione essere più lungimirante e trovare spazio per la valorizzazione di quelle varietà capaci di sedurre il consumatore.

                       

                      Guerra, su cosa state lavorando a Laimburg?

                      La nostra strada prosegue nella direzione dell’innovazione varietale. Abbiamo novità in prova dagli oltre 80 programmi di breeding che esistono al mondo, al momento si parla di oltre 200 ibridi. Inoltre abbiamo un nostro programma di miglioramento genetico: è ancora giovane, iniziato neanche 20 anni fa, quindi non abbiamo ancora niente di già messo a dimora. Le prime varietà usciranno nel prossimo decennio. In generale, lavoriamo in collaborazione con le cooperative e i consorzi della provincia e della regione, che ci danno input su quello che stanno cercando.

                       

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                      Walter Guerra del Centro di Sperimentazione di Laimburg

                      Quali sono le caratteristiche che richiede la produzione?

                      Più che la produzione, direi che dobbiamo focalizzarci sul consumatore. Quello tradizionale europeo, e italiano quindi, sta cambiando le proprie attitudini di acquisto. Per fare un esempio, le mele snack, che fino a dieci anni fa non interessavano nessuno, oggi sono una tendenza sempre più diffusa. Due o tre mele di piccole dimensioni, confezionate, a volte sono più ‘user friendly’ di una mela di grosso calibro, non solo per i bambini.

                       

                      Altre novità e tendenze?

                      Le mele a polpa rossa hanno un grande potenziale. Ce ne sono ancora pochissime sul mercato, ma trovo che possano avere un grande appeal per i consumatori, così come quelle a basso contenuto allergenico, che andrebbero quindi a coprire una fetta di mercato che al momento è esclusa dal consumo di mele.

                       

                      E guardando oltre oceano?

                      Il comparto altoatesino e italiano in genere si sta muovendo verso nuovi mercati strategici come l’India e altri Paesi asiatici, dove la richiesta è per un prodotto con caratteristiche un po’ diverse da quello destinato al mercato europeo. Cito ad esempio le tipologie supersweet, che potrebbero essere presentate in futuro e che sarebbero indubbiamente molto apprezzate dai consumatori asiatici, mentre nel Vecchio Continente potrebbero essere considerate troppo o unilateralmente dolci.

                       

                      Secondo lei, dunque, c’è spazio per le nuove varietà?

                      Sì, io credo che ci sia ancora spazio per l’innovazione varietale, nei limiti del possibile ovviamente. Se parliamo di Europa e di Italia, infatti, nei supermercati lo spazio per il numero di varietà che possono essere offerte è limitato. La mela è un prodotto particolare: il consumatore sui banchi non sceglie un frutto, come può succedere per una pesca o un’arancia, ma una varietà ben precisa. Ed è attirato dalla novità. Anche i grandi player mondiali che producono mele per consumo fresco, un 10-20% di novità le vogliono avere. Prendiamo ad esempio l’Olanda: ha il 20% di varietà club. In Italia la quota è tra il 5 e il 10%.

                       

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                      Al convegno di AgroFresh Guerra ha parlato anche delle oltre 40 varietà club diffuse nel mondo

                      Le mele cosiddette ‘managed’ sono dunque una nicchia su cui investire?

                      Nel mondo oggi ci sono oltre 40 varietà club, dieci anni fa erano 30: questo significa che mediamente ogni anno arriva un nuovo club. Io credo che una percentuale del 10-20% di varietà club sul totale produttivo sia giusta, sottolineando che per ‘club’ intendo un prodotto con un alto profilo qualitativo, gestito in quantità limitate e in zone vocate e con una strategia di marketing ben definita. Un prodotto club può essere anche un driver per le commodity: può aprirci le porte a determinati mercati, che magari scelgono proprio noi perché abbiamo quella mela che i nostri competitor non hanno.

                       

                      I costi di produzione però sono più alti?

                      Relativamente. I produttori di Cripps Pink e Rosy Glow sono disposti anche a pagare oltre 10 euro per pianta (laddove una commodity costa intorno a 5 euro), perché sanno che c’è un ampio ritorno.

                       

                      Quanto alle commodity, crede che ormai siano superate? O piuttosto che si possa lavorare sulla qualità, per rilanciare i consumi?

                      La Fuji in testa, poi la Golden Delicious, la Gala e la Red Delicious sono le mele più prodotte e più consumate al mondo e resteranno una fetta importante di produzione. La sfida dunque è certamente quella di ottimizzare e migliorare la qualità, per essere competitivi in un mercato che ha una sovra produzione.

                       

                      Non pensa che nel miglioramento genetico si sia spinto troppo su tenuta e aspetti estetici, a discapito del sapore?

                      Secondo le nostre ricerche e le prove sensoriali sulle commodity che conduciamo ogni anno il sapore è sempre più o meno lo stesso. La qualità intrinseca dei frutti, invece, grazie ai nuovi metodi di conservazione è sempre più ottimale. Con l’1-MCP, ma anche con la DCA, riusciamo ad esempio a portare sul mercato delle Red Deliciuous con una texture perfetta. Fino a cinque anni fa si trovavano mele con la polpa farinosa, ora è praticamente impossibile. Certo, non sempre durezza e croccantezza vanno nella stessa direzione del gusto. Ma io credo che il driver della percezione del consumatore rimanga la texture. Se ho una mela molto aromatica, ma farinosa, nessuno la compra.

                       

                       

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