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                      Nocciole: Italia secondo player mondiale. Previsti 90 mila ha entro il 2022

                      Il mercato della frutta secca sta vivendo un anno positivo sotto il profilo dei consumi e della produzione e l’Italia si conferma secondo player mondiale per la coricoltura, con una quota del 14%. Spiccano in particolare le performance della nocciola, con una produzione 2016 stimata in 130 mila tonnellate su circa 68.600 ettari coltivati, tanto che entro il 2022 si prevede una riconversione di altri 20 mila ettari, per un +30% di superficie e +40% di volume. Dopo la Campania che  si attesta a quota 20 mila ettari, la regione più vocata alla coricoltura è il Piemonte, che coni suoi 15.600 ettari coltivati registra incrementi dal 10 al 40%

                       

                      Dalla Redazione

                       

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                      Con 130 mila tonnellate prodotte nel 2016, l’Italia è il secondo player mondiale delle nocciole

                      La frutta secca fa bene, come sostiene da anni Nucis Italia, associazione che riunisce le principali aziende del settore, non solo alla salute ma anche all’economia. Da anni, infatti, crescono i consumi e, con essi, la produzione nazionale. Dinamicità anche nei rapporti commerciali con l’estero: in base alle elaborazioni di Fruitimprese su dati Istat, nei primi sette mesi del 2016 l’export di frutta secca ha toccato 31.597 tonnellate (+9% rispetto allo stesso periodo del 2015). Le importazioni, a loro volta, sono aumentate del +20,8%, raggiungendo le 104.000 tonnellate. Segno, dunque, che ci sono grandi opportunità di sviluppo per i produttori italiani.

                       

                      Il trend positivo coinvolge soprattutto la nocciola che, complice il segno meno di tradizionali Paesi esportatori, è protagonista di un forte rilancio nel nostro Paese, secondo player mondiale con una quota del 14%. Le stime relative al raccolto 2016 si attestano sulle 130 mila tonnellate, contro le 127 mila rilevate dall’Istat nel 2015 su una superficie di circa 68.600 ettari. Ottime performance anche per quanto riguarda le rese produttive, frutto di una filiera collaudata ed efficiente, in grado di garantire elevati standard qualitativi sia per le nocciole a destinazione industriale (circa il 70% della produzione), sia per il consumo fresco.

                       

                      La coricoltura è quindi destinata a svilupparsi anche nei prossimi anni: si prevede entro il 2022 la riconversione in Italia di altri 20 mila ettari a nocciole (pari a un +30% di superficie e +40% di volume) che porterà la superficie nazionale a toccare quota 90 mila ettari totali. A sua volta, l’aumento delle rese supererà il 40%, grazie all’adozione di tecniche colturali innovative che consentiranno un forte aumento della produttività. Una spinta ulteriore alla copertura del fabbisogno nazionale, se consideriamo che nel 2015 le esportazioni sono state pari a 19.125 tonnellate, contro le 47.153 importate.

                       

                      Tra le regioni tradizionalmente più vocate alla produzione di nocciole, alle spalle della Campania, stabile da un triennio con 20 mila ettari, troviamo il Piemonte con quasi 15.600 ettari. Quest’anno, secondo i dati di Confagricoltura Cuneo, l’incremento della produzione sul 2015 oscilla tra il 10% e il 40%. A dispetto del clima non sempre favorevole e dell’abbondanza del prodotto, le quotazioni vanno da 400 a 430 euro al quintale. In particolare, la famosa cultivar Tonda Gentile Igp ha toccato quota 9,3 euro al kg per la destinazione industriale. E proprio grazie alle elevate rese del nocciolo, sono sempre più numerosi i produttori che stanno riconvertendo la produzione. Tanto che nei prossimi tre anni si prevede che alla coricoltura piemontese saranno destinati almeno altri duemila ettari, per un totale di 18 mila ettari complessivi.

                       

                      Una concreta ripresa delle produzioni che è destinata a riflettersi positivamente anche sul mondo del lavoro: facile prevedere che ne gioveranno soprattutto i giovani, che stanno tornando a guardare con interesse al mondo dell’agricoltura e a investire sulle sue potenzialità di sviluppo. 

                       

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