L’INFORMAZIONE INDIPENDENTE PER PROFESSIONISTI E APPASSIONATI DI ORTOFRUTTA
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                      La seconda giornata del World Pear Forum a FuturPera ha visto un confronto fra istituzioni, produzione (Opera e Origine Group) e Gdo sulle prospettive commerciali per le pere italiane a livello nazionale e internazionale. I volumi quest’anno sono in crescita dell’8%, secondo la fotografia di Gianni Amidei (Oi Pera). In export, specie extra UE, si potrebbe fare di più e meglio: lo sottolinea il presidente di Fruitimprese Marco Salvi e Simona Rubbi di CSO Italy assicura l’impegno in questo senso. Fondamentali sono i consumi. In Italia crescono: se nel 2016 gli italiani hanno acquistato 4,5 milioni di tonnellate di frutta, l’apporto delle pere è stato del 17%. E la Gdo è il principale canale di acquisto, con una percentuale del 58%. Fotografia che, tuttavia, non risponde ai dati rilevati dai due colossi distributivi italiani: Germano Fabiani di Coop e Paolo Pagali di Conad parlano infatti di una perdita di quota, per quanto riguarda le pere, e di un posizionamento da migliorare. Il consumatore italiano? Paradossalmente acquista di più fuori stagione (quindi pere di importazione). “Probabilmente perché deluso nei momenti di pieno consumo”. Quello tedesco, al contrario, è interessato al prodotto italiano, dice l’Ad di Eurogroup (REWE) Annabella Donnarumma

                       

                      di Carlotta Benini

                       

                      I relatori del convegno “Mercato e consumi: i nuovi trend e le sfide future” (credits: FuturPera)

                      Si è parlato di produzione, consumi, trend, mercati e nuovi sbocchi commerciali nel convegno di apertura della seconda giornata del World Pear Forum, il summit internazionale dedicato al comparto pericolo che si è svolto giovedì 16 e venerdì 17 novembre a Ferrara Fiere nell’ambito di FuturPera. Ad aprire il lavori con una sintesi della produzione 2017 è stato Gianni Amidei, presidente di Oi Pera,. “Gli ultimi dati relativi all’Italia, primo paese produttore di pere europeo – ha spiegato Amidei – indicano una produzione di circa 735 mila tonnellate (+8% rispetto al 2016), un valore che rientra nella media produttiva degli ultimi anni. L’Abate è una delle cultivar che ha registrato gli aumenti più consistenti, con oltre 320 mila tonnellate (+10%), seconda la William B.C con 160 mila tons. (+3%) e a seguire Conference (la varietà più diffusa in Europa) con 61 mila tons. (+2%) e Kaiser con 41 mila tons. (+12%). Una produzione non eccedentaria, associata a una buona qualità dei frutti lascia ben sperare in un regolare svolgimento della stagione di commercializzazione”.

                       

                      Premesse positive, dunque, per un’annata che dovrebbe favorire le esportazioni, attualmente partite in maniera abbastanza contenuta, come ha evidenziato Marco Salvi, presidente di Fruitimprese e di Salvi Unacoa. “Storicamente l’Italia si è dedicata ai mercati più vicini, quindi europei, ai quali è destinato il 92% della nostra produzione – ha esordito – La Germania è il nostro primo partner commerciale, a cui destiniamo il 40% delle pere, anche se il trend è in calo rispetto a 10 anni fa. Seguono come Paesi importatori in UE Francia e Romania, per citare i più rappresentativi”. Solo l’8% della produzione italiana è destinato ai Paesi extra UE: si potrebbe fare di più, secondo il presidente di Fruitimprese. L’interesse, infatti, ora è rivolto anche a nuovi mercati emergenti, in particolare nel Sud-Est asiatico e nel Sudamerica (Brasile e Messico).

                       

                      Pera Italia, il brand di Origine Group, protagonista a FuturPera (copyright: Fm)

                      Sbocchi di sicuro interesse commerciale, che sono però ancora in parte preclusi a causa delle barriere fitosanitarie, come ha spiegato Simona Rubbi, responsabile apertura Nuovi Mercati di CSO Italy. Il centro servizi ferrarese ha aperto un tavolo fitosanitario per lavorare sull’apertura ai nuovi mercati: “Entro fine anno chiuderemo il dossier mele in Vietnam, quindi passeremo al capitolo pere e kiwi. – ha rivela – Altri mercati su cui stiamo lavorando, nonostante le difficoltà, sono gli Stati Uniti, il Messico e il Sudafrica”. E poi c’è la Cina, obiettivo prioritario

                       

                      Fondamentale, in questo contesto, l’andamento generale dei consumi di pere. “Stiamo assistendo a una rivoluzione degli stili di vita – ha esordito Daria Lodi di CSO Italy – Oggi il 7% della popolazione italiana ha un regime alimentare che esclude la carne, secondo i dati Eurispes. E frutta e verdura non sono più solo un dessert o un contorno, spesso diventano un pasto completo”. A dimostrazione di ciò, nel 2016 i consumi di ortofrutta sono cresciuti per il terzo anno consecutivo: gli italiani hanno acquistato 8,2 milioni di tonnellate di prodotti ortofrutticoli (+1,4%), di cui 4,5 milioni di tonnellate di sola frutta. L’apporto delle pere in questo comparto è del 17%. Nel 2016 le famiglie italiane hanno acquistato oltre 400 mila tonnellate di pere (+5%). “Ovviamente c’è ancora molto da fare, soprattutto in considerazione di un indice di penetrazione che non raggiunge il 90%, e un acquisto medio per famiglia che, nell’area tipica di produzione, si ferma ai 14 kg annui”, ha aggiunto. Nelle previsioni 2017 si ipotizzano consumi superiori dell’1% rispetto al 2016, considerando che nei primi nove mesi le pere acquistata in Italia sono state nell’ordine delle 264 mila tonnellate.

                       

                      Per Opera la comunicazione e il packaging sono improtanti per valorizzare il prodotto (copyright: Fm)

                      E la distribuzione? “Se nel 2008 – ha precisato Daria Lodi – la percentuale di copertura dei canali distributivi era 50 e 50, nel 2016 il 57% degli acquisti di pere sono stati fatti nella Gdo, il 43% invece nei punti vendita al dettaglio e nei mercati”. E il prodotto viene venduto principalmente sfuso.

                       

                      Ha chiuso il convegno una tavola rotonda, alla quale hanno partecipato rappresentanti di principali aziende commerciali di Francia (AOP Pomme et Poire), Belgio (BFV), Olanda (Fruitmasters) e Portogallo (ANP), con i quali si è acceso il dibattito sulla distribuzione organizzativa e commerciale. Per l’Italia erano presenti Luca Granata, direttore di Opera e Alberto Garbuglia, consigliere delegato di Origine Group, che hanno ribadito l’uno l’importanza della comunicazione per far aumentare le vendite e i consumi (leggi qui le novità di Opera per la campagna 2017/2018), sia in Italia che all’estero, l’altro dell’aggregazione per affrontare i nuovi mercati, investire in innovazione varietale ed essere più competitivi.

                       

                      Da sinistra Paolo Pagali (Conad), Alberto Garbuglia (Origine), Annabella Donnarumma (Eurogroup), Germano Fabiani (Coop) e Luca Granata (Opera) (copyright: Fm)

                      In rappresentanza della grande distribuzione italiana sono intervenuti alla tavola rotonda Germano Fabiani, responsabile settore frutta di Coop Italia, e Paolo Pagali, buyer frutta di Conad, che si sono detti entrambi perplessi circa i dati ottimistici veicolati dal CSO Italy sui consumi di pere in Gdo. “Non abbiamo un trend così positivo sulle pere, – ha esordito Fabiani – anzi, c’è stata una perdita di quota nel 2016 che si è confermata anche nei primi dieci mesi del 2017”. “La seconda metà di stagione (da febbraio in poi) registra un trend meno negativo, ma i risultati più interessanti si verificano fuori stagione, da maggio a luglio, ovvero quando sui banchi è presente prodotto di esportazione”. Questo cosa significa? “Che il consumatore – ha spiegato Fabiani – è disposto a destagionalizzare il consumo di pere, e che è rimasto deluso, probabilmente, nel periodo di pieno consumo”.

                       

                      A questo proposito il responsabile frutta di Coop ha lanciato ai fornitori presenti in sala alcune “suggestioni”, per uno sviluppo del comparto in termini di genetica e di rinnovamento varietale. “Dobbiamo ritrovare il colore e investire su frutti che seducano per il loro aspetto, con una pelle sottile per facilitare il consumo anche senza essere sbucciati. Perché no? Anche senza semi”. E il packaging è fondamentale: in Coop il 40% delle pere è venduto confezionato, praticamente in controtendenza rispetto al dato di CSO Italy. “Pensiamo al lancio di una nuova varietà, – ha concluso Fabiani – da distribuire sui banchi solo confezionata. Con un packaging colorato, accattivante, vestito di informazioni utili per il consumatore. Lo storytelling oggi è fondamentale per promuovere un prodotto: la confezione è il mezzo per raccontare questa storia”.

                       

                      FuturPera ha chiuso la sua seconda edizione con un +30% di presenze e di espositori (credits: FuturPera)

                      Dello stesso parere circa le performance non propriamente positive delle pere in Gdo è stato il buyer frutta di Conad. “Dieci anni fa l’incidenza delle pere sulle performance del nostro reparto era di un punto percentuale più alta. – ha sottolineato Paolo Pagali – Dobbiamo migliorare il posizionamento, supportandolo con un’adeguata attività di comunicazione. Questa è fondamentale e dopo le ultime aggregazioni, va detto, qualcosa sta accadendo in questo senso”.

                       

                      Ha concluso la tavola rotonda Annabella Donnarumma, Ad di Eurogroup Italia, l’azienda che si occupa dell’acquisto e della vendita di frutta e verdura per il gruppo tedesco REWE. “Il presidente di Fruitimprese ha parlato di una decrescita dell’export di pere in Germania – ha sottolineato – Il nostro dato è in controtendenza: a inizio novembre la commercializzazione di pere verso i supermercati del gruppo Rewe è al +12%”. L’Ad di Eurogroup ha quindi sottolineato l’importanza, per ottenere certi risultati, di una stretta sinergia tra produzione e grande distribuzione. “La Gdo si deve muovere verso il produttore, per pianificare e programmare il periodo di commercializzazione, i quantitativi, le varietà e anche i calibri, al fine di migliorare la conservabilità dei frutti e avere una pera in grado di soddisfare le aspettative del consumatore”.

                       

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