Di Eugenio Felice (da Fm, gennaio 2013)
Berlino, febbraio 2012, Galeria Kaufhof: mele Gala origine Italia vendute a 2,99 euro al chilo. Perpignan, aprile 2012, Carrefour: mele Golden origine Francia vendute a 2,50 euro al chilo. Madrid, ottobre 2012, Hipercor: mele Golden origine Italia vendute a 2,60 euro al chilo, Gala e Fuji origine Spagna rispettivamente a 2,75 e 3,15 euro al chilo. Tutte sfuse, categoria prima, calibro 80/85. Tre grandi nazioni, tre grandi città, tre grandi retailer: prezzi sempre superiori alla soglia dei 2 euro al chilo.
Cosa succede in Italia? Le stesse mele nella grande distribuzione vengono vendute sempre a prezzi inferiori a quella soglia, anche di un 30/40 per cento, e sono sempre più sovente oggetto di promozione. Le motivazioni? Semplici. Da una parte il noto potere, anzi strapotere contrattuale della grande distribuzione, la quale, a ben guardare lo scenario europeo, soffre anche lei di nanismo e arretratezza. Dall’altra la stessa volontà della distribuzione moderna di non favorire lo sviluppo e la crescita del sistema ortofrutticolo nazionale, riconoscendo prezzi franco magazzino da fame che azzerano qualsiasi investimento. Pochissime le catene che escono da questa logica, e una di queste – sì, ci sbilanciamo – è Coop Italia.
Le conseguenze? Le grandi organizzazioni di produzione del Trentino Alto Adige, grazie a economie di scala, marchi riconosciuti e sovvenzioni pubbliche, non si possono lamentare; gli altri gruppi sono obbligati invece a guardare oltre confine – vedi i piemontesi – o a livellare la qualità, dei prodotti e del servizio, verso il basso. A rimetterci, alla fine della fiera, non è solo il sistema produttivo, ma anche il consumatore finale, che per trovare un po’ di qualità deve ricorrere al negozio specializzato o all’ambulante. Un invito quindi alla grande distribuzione: basta essere ossessionati dal prezzo, iniziate a competere sulla qualità, siate aperti alle novità, promuovete di più il consumo di ortofrutta. Ne trarrà beneficio tutto il sistema.