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                      Nuova TARI: conto per fruttivendoli aumenta del 650%!

                      Analisi di Confcommercio sugli effetti per le imprese nel 2014 derivanti dal nuovo tributo TARI introdotto dalla Legge di Stabilità. Per un bar l’aumento sarà di oltre il 300%, maggiorazione di circa sei volte per un ristorante (+480%) e di quasi otto volte per un negozio di ortofrutta (+650%) o una discoteca (+680%). L’appello dei pubblici esercizi milanesi: “Fateci pagare la Tares a rate e sanza mora”

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                      Con il passaggio dalla TARSU alla TARI, la nuova tariffa sui rifiuti, nel 2014 l’incremento medio dei costi per il servizio urbano dei rifiuti sarà pari al 290% e, per alcune tipologie di impresa, sarà ancora più salato: per un bar, infatti, l’aumento sarà di oltre il 300%, fino ad arrivare ad una maggiorazione di circa sei volte per un ristorante (+480%) e, addirittura, di quasi otto volte per un negozio di ortofrutta (+650%) o una discoteca (+680%); incrementi molto rilevanti e ingiustificati che derivano essenzialmente dall’adozione di criteri presuntivi e potenziali e non dalla reale quantità di rifiuti prodotta; una pesante penalizzazione per il sistema delle imprese della distribuzione e dei servizi di mercato che impone la necessità di rivedere al più presto la struttura dell’attuale sistema di prelievo sulla base del principio “chi inquina paga” e ridefinire con maggiore puntualità coefficienti e voci di costo distinguendo, in particolare, tra utenze domestiche e non domestiche e tenendo conto anche degli aspetti riguardanti la stagionalità delle attività economiche. Questi, in sintesi, i principali risultati che emergono da un’analisi di Confcommercio sugli effetti per le imprese nel 2014 derivanti dal nuovo tributo TARI introdotto dalla Legge di Stabilità.

                      Il nuovo tributo TARI sui rifiuti

                      La legge di stabilità, agli articoli 19 e seguenti, istituisce un nuovo tributo sui servizi comunali, denominato TRISE. Esso si articola in due componenti: la prima, denominata TARI, a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani; la seconda, denominata TASI, a fronte della copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni. La struttura della TARI riflette quasi pedissequamente la precedente formulazione della TARES e, quindi, della vecchia TIA, in quanto ripropone tariffe determinate sulla base di coefficienti di produzione potenziali e non sui reali quantitativi di rifiuti prodotti. Quello che manca, ancora una volta, è la volontà di instaurare un legame diretto tra produzione di rifiuto e spesa, secondo il principio comunitario del “chi inquina paga”. In pratica, il mantenimento dei vecchi criteri di produzione “presuntiva” non solo rischiano di tradursi in condizioni di costo estremamente diversificate sul territorio a parità di attività economica, ma ripresentano tutte le criticità e i limiti che i precedenti regimi di prelievo hanno mostrato e che più volte Confcommercio ha denunciato. Infatti, nei Comuni dove è stato operato il passaggio dalla TARSU alla TIA, si è assistito ad aumenti tariffari medi del 200%, generati non tanto da un incremento della quantità dei rifiuti prodotti ma, più semplicemente, da una non adeguata determinazione dei coefficienti potenziali di produzione.

                      Gli effetti per le imprese del commercio, del turismo e dei servizi

                      Considerando che la maggior parte dei comuni italiani, ben l’82%, applica ancora la TARSU, mentre solo il 16% utilizza la TIA e pochissimi (2%) sono passati a TARES, l’applicazione della TARI comporterà, secondo un’elaborazione di Confcommercio, un incremento medio dei costi per il servizio urbano dei rifiuti del 290% e per alcune tipologie di attività incrementi medi di quasi il 500%, come per la ristorazione, o addirittura superiori al 600%, come per l’ortofrutta e le discoteche. Dall’analisi su alcune tipologie di attività economica illustrata nelle tabelle seguenti, risulta in maniera evidente il pesante aumento di fiscalità che il passaggio al nuovo tributo dal 1° gennaio 2014 comporta. Una situazione che, anche in considerazione dell’attuale crisi economica, sarebbe davvero insostenibile per le imprese e graverebbe, in generale, sull’intero sistema Paese con conseguenti effetti in termini di riduzione dei consumi.

                      Le proposte

                      Per superare queste criticità, secondo Confcommercio occorre rivedere completamente la struttura dell’attuale sistema di prelievo affinché, in conformità con il principio comunitario del “chi inquina paga”, lo stesso rifletta in modo puntuale la reale produzione dei rifiuti da parte delle utenze domestiche e non domestiche. Bisogna, poi, ridisegnare gli indici e le voci di costo che determinano i coefficienti in termini di ripartizione tra quota fissa e variabile e tra componente domestica e non domestica. E allo stesso modo è importante formalizzare specifiche linee guida tecnico-operative per individuare un range di costi a totale copertura del servizio, affinché anche questa voce possa venire imputata, da parte dei comuni, in maniera uniforme sul territorio. In particolare, occorre individuare e definire in maniera puntuale:

                      • costi del servizio: introdurre il riferimento ai costi standard o a un preciso range dal quale i comuni non possano discostarsi;
                      • utenze domestiche e non domestiche: prevedere criteri oggetti per la ripartizione del peso del nuovo tributo;
                      • coefficienti: superare la logica presuntiva e introdurre coefficienti di produttività determinati sulla base di campagne di pesatura che rispecchino la reale produzione di rifiuti;
                      • agevolazioni/riduzioni: introdurre criteri premiali per la raccolta differenziata e riconoscere le differenze di qualità del rifiuto prodotto (alleggerendo il carico sulle attività economiche a elevata produzione di rifiuto differenziato) e di quantità (considerando la stagionalità di alcune attività).

                      L’appello dei pubblici esercizi milanesi: “Fateci pagare la Tares a rate e sanza mora”

                      Un bar di 100 metri quadrati, che lo scorso anno pagava 2.500 euro di tassa sui rifiuti, quest’anno dovrà sborsarne 4.500 per effetto degli incrementi decisi dal governo Monti. Il Comune sta spedendo i bollettini della Tares e i commercianti protestano per “una stangata inaccettabile”. Alfredo Zini, vicepresidente di Epam-Confcommercio, l’associazione dei pubblici esercizi milanesi, ha chiesto a Palazzo Marino “la possibilità di saldare a rate senza pagare mora” e sconti sulla Cosap, l’imposta di occupazione del suolo pubblico.