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                      Travaglini Spa, c’è Milano nel futuro del vertical farming internazionale

                      Fresh Retailer 2017 si è parlato anche di vertical farming. Per Luca Travaglini, responsabile della divisione FarmTech di Travaglini Spa, azienda leader nel settore dell’impiantistica per il settore agroalimentare – se in futuro troveremo risposte ai problemi di approvvigionamento e di sostenibilità ambientale, sarà proprio grazie alla coltivazione idroponica in Vertical Farm: serre fuori suolo chiuse, su più livelli, climatizzate e automatizzate. Per dare concretezza a questa visione l’azienda sta realizzando uno dei più grandi stabilimenti di vertical farming al mondo proprio nel capoluogo lombardo

                       

                      di Massimiliano Lollis

                       

                      Luca Travaglini di Travaglini Spa a Fresh Retailer: Show&Conference 2017 (copyright: Fm)

                      Cosa intendiamo per vertical farming? Per affrontare il tema, Luca Travaglini, responsabile della divisione FarmTech di Travaglini Spa, azienda leader nel settore dell’impiantistica per il settore agroalimentare, sceglie di partire da una definizione. “Si tratta – spiega Travaglini – di un processo di produzione indoor (in serra, ndr), dove sfruttiamo il sistema idroponico e utilizziamo dei led ad alta efficienza per riprodurre il processo di fotosintesi clorofilliana in un ambiente controllato, ricreando condizioni ottimali per la crescita dei vegetali. In questo modo – afferma – riusciamo a produrre ovunque”, vale a dire in qualsiasi Paese del mondo, poiché il sistema è svincolato dalle condizioni climatiche esterne. Certamente un risultato non da poco considerando le problematiche ambientali sotto gli occhi di tutti. In una sola parola: il futuro.

                       

                      “Il vertical farming può dare risposte a molti di questi problemi” sostiene Travaglini, secondo cui questo tipo di tecnologia riceve oggi un’attenzione mediatica notevole proprio a causa degli scenari futuri planetari, tutt’altro che rosei. “Prima di tutto – spiega – c’è una popolazione che crescerà fino a 10 miliardi nel 2050, e l’urbanizzazione porterà la popolazione a vivere sempre di più nelle città”. Di conseguenza ci sarà sempre una maggior richiesta da parte dei consumatori, non solo di cibo ma anche di sicurezza alimentare. Ricordiamo che ad oggi l’80% dei campi agricoli al mondo sono già utilizzati e il restante non potrà sfamare la popolazione mondiale in crescita”. Punto di forza del sistema verticale è l’ambiente indoor: “Si tratta – spiega – di un ambiente perfettamente climatizzato e controllato, dove possiamo produrre senza pesticidi e diserbanti”. Un altro elemento critico è lo spreco di acqua: “Oggi – osserva – oltre il 70% dell’acqua viene destinata ad allevamento e agricoltura”, mentre il consumo d’acqua per la produzione di vegetali in vertical farm è circa il 95% in meno rispetto alle coltivazioni tradizionali in campo.

                       

                      Analizzando nel dettaglio i benefici di questo sistema, i vantaggi sono molteplici, per tutti: “Per i produttori – osserva Travaglini – questo sistema significa migliore qualità, consistenza e resa dei vegetali. Con questo sistema saranno in grado di produrre ogni giorno determinati prodotti con minori sprechi: il prodotto infatti avrà una catena più corta e una shelf life maggiore perché – spiega – il prodotto può non essere lavato”. Il sistema prevede inoltre un ciclo produttivo perfettamente controllato, dove l’impiego della tecnologia nella gestione sarà centrale: “In futuro, con il sempre maggiore utilizzo dell’intelligenza artificiale – spiega – saremo in grado di elaborare i dati, rendendo il processo sempre più efficiente. Il vertical farming – continua Travaglini – è una coltivazione efficiente e ad alto rendimento perché multilivello”. E sostenibile, perché è un processo che genera solo scarti biologici e biodegradabili e può funzionare utilizzando fonti di energia rinnovabili”.

                       

                      Un momento dell’intervento di Luca Travaglini a Fresh Retailer: Show&Conference (copyright: Fm)

                      Tra gli altri vantaggi, minori costi di trasporto – si tratta praticamente di km zero – e una produzione annuale, dove la stagionalità non conta più. Ed è la città il vero contesto dove il vertical farming può rivelarsi più utile: “Questo sistema – spiega – viene considerato la risposta al fenomeno dell’urbanizzazione: si potrà produrre sui tetti dei grattacieli e perfino nei tunnel delle metropolitane. Si potrà essere indipendenti dal fattore meteo, che oggi impatta molto sulle nostre produzioni agricole”.

                       

                      Benefici importanti anche per i consumatori: “Si tratta qui – spiega Travaglini – di un prodotto della migliore qualità, perfettamente sano, privo di pesticidi, reperibile sempre e a km zero. Il consumatore può finalmente avere una garanzia di un prodotto di qualità e disponibile tutto l’anno”. 

                       

                      Ma i vantaggi sono notevoli anche per i retailer: “Proprio per queste caratteristiche, il prodotto del vertical farm si posiziona sulla fascia premium, sono prodotti fondamentali per differenziarsi dai concorrenti. Senza dimenticare la reperibilità del prodotto tutto l’anno – il che rende possibile anche programmare la richiesta in base alla domanda della Gdo – e la produzione chiusa, in ambienti controllati, evita rischi di reclamo dati da corpi estranei e patologie. Tutto ciò – conclude – rappresenta innovazione che porta alla riconoscibilità della catena”.

                       

                      Il vertical farming risponde soprattutto a una necessità fondamentale nei consumatori di oggi: sapere da dove proviene il cibo che consumano. “Sapere cosa mangiamo con certezza – afferma Travaglini – è un diritto”. E questo diritto la Travaglini Spa lo vuole difendere con una produzione industriale ad hoc, nonostante il contesto europeo non sempre favorevole: “Il nostro obiettivo è rendere il vertical farming sostenibile e competitivo in Europa, dove i costi energetici e di manodopera sono molto alti”. Ma com’è iniziato tutto? “La nostra azienda – spiega Travaglini – che è sul mercato da oltre 70 anni e che l’industria alimentare la conosce bene, è partita dall’osservazione del settore. Analizzando il mercato del vertical farming, ci siamo resi conto che finora era stato approcciato soprattutto dagli agricoltori tradizionali, che concepiscono il vertical farming come semplici serre su più livelli, e che quindi spesso sminuiscono l’apporto tecnologico di questo sistema”. Anche perché, spiega Travaglini: “Non parliamo qui di agricoltura tradizionale, bensì di un processo industriale che permette di avere netti vantaggi sul processo stesso. Travaglini Spa ha un importante know-how sulla parte di climatizzazione e automazione: per raggiungere il nostro obiettivo abbiamo quindi stretto accordi con aziende leader nel mercato come Philips, che dal 2010 investe con successo nel settore, in un centro specializzato a Eindhoven per fare ricerca. Tra i nostri partner ci sono anche Netafim, leader mondiale dei sistemi di irrigazione, e la portoghese Cool Farm”.

                       

                      Travaglini-in:store

                      L’unità modulare progettata da Travaglini Spa con CoolFarm

                      Le soluzioni offerte sono ampie e adatte ad ogni tipo di esigenza: “Da quelle piccole, di tipo stand-alone, a quelle industrializzate”. Il futuro di Travaglini Spa è però molto ambizioso: l’azienda sta infatti lavorando con i suoi partner alla realizzazione di un enorme stabilimento di vertical farming a Milano. Una volta ultimato – per la metà del 2018, si pensa – l’impianto farà di Milano una delle capitali del vertical farming mondiale: “Nel capoluogo lombardo – conclude Travaglini – stiamo costruendo una delle più grandi vertical farm al mondo. Abbiamo deciso di dare fiducia a questa idea, e lo facciamo perché vogliamo che questo fenomeno possa trovare spazio anche nel contesto italiano”. Perché in futuro, il km zero potrebbe diventare una reale necessità per tutti.

                       

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