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                      Whole Foods: qualità in calo. E molti puntano il dito contro Amazon

                      Dopo l’acquisizione da parte di Amazon, Whole Foods Market non è più la stessa. A pensarlo sono diversi clienti affezionati della catena bio-chic, che nella nuova “gestione” non riconoscono più la freschezza e la qualità del loro negozio preferito. I prezzi nel reparto ortofrutta si sono abbassati, ma diversi clienti lamentano frutta e verdura insipida, ammaccata, perfino marcia. E sugli scaffali sono diverse le new-entries decisamente poco in linea con la fama “bio” del brand. È possibile che l’immagine di Amazon influenzi il giudizio dei clienti meno favorevoli al colosso di Seattle, ma è indubbio che la catena si stia rivolgendo ora ad una platea più ampia di consumatori, rischiando però di snaturare l’esclusività del proprio brand

                       

                      di Massimiliano Lollis

                       

                      Nel reparto ortofrutta c’è frutta e verdura insipida, scolorita, ammaccata, a volte marcia. Sarebbe questa l’amara situazione raccontata da diversi clienti di Whole Foods Market, la catena Usa che da sempre ha fatto della freschezza e del prodotto biologico di qualità (ad alto prezzo) il suo più grande motivo di orgoglio. Solo pochi giorni fa avevamo riportato i trend del mondo alimentare del 2018 secondo Whole Foods (e Waitrose), dove il “sano e il sostenibile”, come da tradizione, fa la parte del leone (leggi qui). Ma è possibile che la realtà nelle corsie sia diversa dai proclami? Molti non hanno dubbi: da quando – la scorsa estate – il colosso dell’e-commerce Amazon ha acquisito la catena di supermercati bio per 13,7 miliardi di dollari, a fronte di qualche timido sconto, la qualità dei prodotti freschi è letteralmente colata a picco.

                       

                      A dedicare un lungo articolo alla questione è Business Insider, che partendo proprio dalle osservazioni di diversi clienti aficionados della catena – alcuni dei quali hanno espresso il proprio disappunto sui social – compongono un quadro davvero poco lusinghiero per la catena salutista. “Ho acquistato mele che sapevano di acqua, un’arancia gialla dall’interno duro e un limone ammaccato” afferma Susie, fino a poco fa habitué del punto vendita di Whole Foods nell’Upper East Side di Manhattan. “Quella è stata l’ultima volta che ci sono andata. Se non mi puoi vendere neanche una mela decente nel pieno della stagione del frutto, perdo ogni fiducia nel tuo negozio”.

                       

                      Stando alle diverse segnalazioni di clienti delusi sui social network e raccolti dal sito di business, il calo qualitativo in Whole Foods parrebbe diffuso, dalla East Coast alla California. Un cliente di Richmond (Virginia), per esempio, era solito acquistare da Whole Foods kale dalla chioma folta: da quando Amazon ha preso il comando – sostiene – l’unico kale reperibile è quello tristemente secco e privo della freschezza di un tempo. Stesso discorso per le fragole, mentre lo stesso cliente lamenta perfino la mancanza di alcune referenze generalmente facili da reperire, come le carote bio sfuse. Dopo alcuni spiacevoli inconvenienti di questo tipo – afferma – ora comprerà altrove frutta e verdura. Secondo una cliente del Connecticut invece, la barbabietola acquistata era secca e gli asparagi gommosi, osservando inoltre un progressivo restringimento dell’offerta di prodotti bio da due mesi a questa parte.

                       

                      Altra costa, stessi problemi: una cliente di Santa Monica (California), lamenta la mancanza di alcune referenze e – soprattutto – il fatto che se il prezzo di alcuni prodotti è effettivamente sceso, a farne le spese è stata soprattutto la loro qualità. A suo dire banane, pomodori e avocado costano meno ma marciscono più in fretta: “Personalmente – osserva – pagherei di più se potessi avere frutta e verdura di qualità eccellente. Questo non sta più succedendo a Whole Foods”. Tra gli altri elementi di peggioramento riscontrati c’è la disorganizzazione nei reparti dei punti vendita, con situazioni poco meritorie: scatoloni in mezzo alle corsie, procedure di “restocking” che avvengono alle dieci del mattino e negli orari di maggiore afflusso, prodotti che cambiano collocazione disorientando i clienti abituali.

                       

                      Ultimo ma non ultimo, Whole Foods starebbe attraversando una tendenza che per diversi osservatori dopo l’acquisizione da parte di Amazon è oramai inevitabile: la cosiddetta “conventionalization”. A discapito della fama salutista, naturale e “bio” del brand Whole Foods, costruito faticosamente nel corso di decenni, iniziano infatti a fare la loro comparsa sugli scaffali della catena, prodotti che con il naturale e il biologico hanno poco a che fare. Largo quindi ad elaborate bevande vitaminiche, ketchup in bottiglia e cracker industriali: ciò che serve per ampliare la base di clienti, rischiando però di perderne altrettanto tra coloro che sceglievano Whole Foods proprio perché priva di quegli elementi convenzionali. 

                       

                      Da parte sua, Whole Foods ha fatto sapere che negli ultimi tempi non vi è stato alcun cambiamento che abbia potuto pregiudicare la qualità o la disponibilità dei suoi prodotti freschi. La catena ha inoltre ribadito il suo impegno nella vendita di prodotti freschissimi e di alta qualità e di voler rendere “accessibile” la qualità e la freschezza. Pare sempre più fondato quindi il sospetto che Amazon tramite Whole Foods voglia rivolgersi ad una platea più ampia di consumatori inseguendo proprio l’accessibilità e rischiando però di snaturare il brand bio costoso per eccellenza nel mondo angolofono. 

                       

                      Un altro commento di una consumatrice – lo riporta sempre Business Insider – offre la cifra esatta di quella che potrebbe diventare ben presto una percezione diffusa: “Whole Foods – afferma – ha costruito la propria brand identity sulla qualità superiore e sui prodotti ricercati. Amazon ha eliminato questi aspetti e l’ha trasformata in una normalissima esperienza di acquisto grocery. Gli sconti sono ben accetti – conclude – ma non a scapito della qualità”. Secondo alcuni la bassa qualità sarebbe dovuta proprio alla politica sui prezzi voluta da Amazon: prezzi relativamente più bassi sui freschi e prezzi più alti sugli altri prodotti. In questo modo, a farne le spese per prima è la freschezza del reparto ortofrutta. 

                       

                      Certo, c’è la possibilità che il giudizio di alcune persone sia influenzato negativamente dall’immagine da multinazionale di Amazon. Effettivamente che il peggioramento generalizzato sia davvero in atto in Whole Foods e che oltretutto questo sia da imputare ad Amazon resta tutto da vedere. Quello che invece appare già chiaro è che al colosso di Seattle non basterà ignorare i clienti delusi per non subire le conseguenze di una svalutazione del brand che appare ogni giorno sempre più vicina.

                       

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