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                      Covid, la chiusura del porto di Shanghai minaccia la supply chain mondiale

                      La congestione marittima nel porto di Shanghai a causa del rigido lockdown imposto dal governo cinese per contrastare la nuova ondata di Covid, combinata con la guerra in Ucraina, rischia di scatenare un’altra ondata di caos sulle catene di approvvigionamento a livello globale. Secondo le ultime stime, sono quasi 500 le navi container bloccate al porto di Shanghai, e quello di Pechino rischia di subire a breve la stessa sorte. Secondo Giampaolo Botta, direttore generale di Spediporto, gli effetti per l’Europa e per l’Italia si vedranno nelle prossime settimane, quando alcune produzioni dovranno interrompersi, molti cantieri fermare i lavori “e tanti consumatori rinunciare a beni di cui non si troverà più traccia nei supermercati”

                      Dalla Redazione

                       

                      Dopo la Brexit, la pandemia e la guerra in Ucraina, il blocco delle merci al porto di Shanghai, il più grande al mondo per volume di container, sta per scatenare un’altra ondata di caos sulle catene di approvvigionamento a livello globale. Con la politica “zero Covid” adottata dalle autorità cinesi per contenere i contagi di Coronavirus, Shanghai è infatti sottoposta a pesanti restrizioni da circa un mese. Secondo le ultime stime, sono quasi 500 le navi container bloccate al porto di Shanghai a causa della mancanza di personale per il lockdown che sta mettendo ko 26 milioni di abitanti. Le cose non vanno meglio a Pechino, dove c’è la minaccia di una nuova imminente chiusura totale. L’approccio di tolleranza zero del governo cinese in mezzo a un’escalation di epidemia di virus porta quindi la pandemia al punto di partenza, più di due anni dopo che la sua comparsa a Wuhan ha sconvolto l’economia globale.

                      Come spiega Bloomberg, se anche la Cina dovesse riuscire a gestire la diffusione del Coronavirus, la congestione nei suoi porti potrebbe ripercuotersi sulle filiere globali fino alla fine dell’anno. Jacques Vandermeire, amministratore delegato del porto di Anversa, il secondo più trafficato d’Europa per volume di container, dichiara di aspettarsi “uno scompiglio più grande dell’anno scorso” che avrà “un grosso impatto negativo per l’intero 2022”. La Cina oggi rappresenta all’incirca il 12% del commercio globale. Le sue restrizioni anti-Covid nelle ultime settimane hanno interrotto le attività nelle fabbriche e nei magazzini, rallentato le consegne di merci via camion e aggravato gli ingorghi nei terminal per i container.

                      Commentando l’impatto del lockdown sul trasporto di merci a Shanghai, Giampaolo Botta, direttore generale di Spediporto, l’associazione degli spedizionieri di Genova, ha detto al Sole 24 Ore che “se la capacità operativa dei terminal viene dichiarata come garantita, ma al rallentatore, visto le oltre 700 navi mercantili in rada, nei magazzini interni manca il personale a causa della politica di tolleranza zero nei confronti dei movimenti dei cittadini in costanza di lockdown. Peggiore la situazione nel settore del trasporto: manca la manodopera e la poca merce prodotta nelle fabbriche non riesce a raggiungere i porti”.

                      “Insomma”, prosegue Botta, come riporta a sua volta Start Magazine, “la supply chain cinese è all’angolo; ma il colpo del ko è diretto ai mercati di tutto il mondo”. L’onda lunga di questa situazione colpirà l’Europa e l’Italia nelle prossime settimane, quando alcune produzioni dovranno interrompersi, molti cantieri fermare i lavori e tanti consumatori rinunciare a beni di cui non si troverà più traccia nei supermercati. “Inevitabile un rialzo dei noli – conclude Botta -, in parte calmierato, forse, dalla contrazione dei consumi in Europa, più conseguenza della guerra in Ucraina che del Covid, e una caccia ai contenitori vuoti, che torneranno a concentrarsi in Cina per soddisfare la domanda interna”.

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