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                      Maxi frode fiscale nella Gdo: a processo 7 aziende e 22 manager

                      La procura di Milano ha chiuso la maxi inchiesta per evasione fiscale nei confronti di Gs (ora Carrefour), Auchan Italia (ora diventata Margherita distribuzione), Miti e altre quattro società e 22 manager. L’indagine ha portato a galla una frode “carosello” con fatture false per 1,8 miliardi di euro e una evasione di Iva per oltre 260 milioni di euro

                      Dalla Redazione

                      frode Gdo

                      Si chiude il primo capitolo della maxi inchiesta per evasione fiscale nel settore della grande distribuzione, che dallo scorso autunno vede coinvolte le imprese Gs (ora Carrefour), Auchan Italia (che nel frattempo è diventata Margherita distribuzione, parte del gruppo Conad), Miti, che opera nel campo del personal care, e altre quattro società, accusate di associazione a delinquere e frode fiscale. In totale sono 22 i manager imputati coinvolti. Dalle indagini della Guardia di Finanza è emersa l’emissione di fatture false per 1,8 miliardi di euro e un’evasione Iva per oltre 260 milioni nel settore della grande distribuzione. L’indagine è volta al termine con un rinvio a giudizio da parte della Procura di Milano, oltre al sequestro di immobili e denaro contante.

                      La prima udienza è stata fissata per il 26 settembre al tribunale di Milano. Sette dei 22 imputati hanno chiesto il procedimento con rito abbreviato. Per il momento, spiega Milano Today sono stati recuperati circa 123 milioni di euro, ma sono scattati i sigilli anche per beni immobili e mobili per un totale di circa 1,3 milioni di euro. La ex Auchan ha pagato 64 milioni di euro mentre Carrefour ha pagato quasi 54 milioni di euro sui 70 messi in cantiere preventivamente. La cifra effettivamente pagata è stata più bassa grazie alla legge finanziaria per il 2023 votata dal governo Meloni che ha stabilito un forte sconto delle sanzioni a partire da quest’anno per chi regolarizza i propri debiti.

                      Si è parlato, nel corso delle indagini, di “truffa carosello”. In pratica, spiega sempre Milano Today, si trattava di uno schema operativo utilizzato per frodare l’Iva attraverso finte esportazioni di merce, che in realtà sarebbe stata venduta in Italia. A esportarla erano spesso le due stesse grandi catene, sui cui scaffali tornava la merce dopo essere passata per varie società interne ed estere. Ma in realtà si trattava solo di grandi giri documentali, spesso pari o superiori ai 10 passaggi di mano tra queste “cartiere”. Addirittura, come è emerso per l’ex Auchan, gran parte della merce destinata ai clienti esteri risultava essere stata recapitata in un magazzino in Slovenia, a poca distanza dal confine italiano a prescindere dall’effettiva destinazione. Tanto questi prodotti sarebbero dovuti tornare comunque in Italia negli stessi magazzini da cui erano partiti.

                      Cosa ci guadagnavano Auchan e Gs (Carrefour) a essere il polmone di questa montagna di carta commerciale che ha prodotto fatture per 1,8 miliardi di euro durante questa girandola di compravendite? “Innanzitutto, questa merce ceduta all’estero avveniva ‘senza nessun rischio commerciale’ – conclude Milano Today -, a fronte di un margine garantito compreso in un intervallo tra il 5 e il 7%, ‘di per sé sproporzionato’ in relazione al contesto del settore della distribuzione e al ruolo della società. E poi la partecipazione a questa attività fraudolenta avrebbe consentito, secondo la guardia di finanza, di accrescere il fatturato delle catene. E infine, quando la merce sarebbe rientrata in loro possesso, avrebbe anche contribuito ad abbattere l’Iva a debito. Questo l’avrebbe potuta rendere, in teoria, anche più concorrenziale verso i consumatori”.

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