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                      Pomì: polemica per la nuova pubblicità “Made in Padania”

                      L’azienda di passate ha da poco lanciato la campagna pubblicitaria “Solo da qui, solo Pomì” che mira a sottolineare le origini padane dei suoi pomodori e ad allontanarne di conseguenza l’immagine dai roghi e dai rifiuti tossici della cosiddetta Terra dei Fuochi. Ed è subito scoppiata la polemica sul Web: proteste, insulti e annunci di boicottaggio da parte dei coltivatori campani su Facebook

                      pomì scandalo

                      di Irene Pasquetto

                      La campagna di Pomì a difese delle origini padane è stata pubblicata su diversi quotidiani e sul sito internet della stessa azienda. Nelle note della pubblicità si legge: “Pomì utilizza solo pomodori freschi coltivati nel cuore della Pianura Padana, a una distanza media inferiore ai 50 km dagli stabilimenti di confezionamento”. Di tutta risposta, si sono inferociti i coltivatori campani. C’è addirittura chi parla di “razzismo industriale”, e, soprattutto sul Web, si sono scatenati ferocissimi attacchi contro il brand Pomì. Alcuni utenti stanno infatti chiedendo di boicottare il marchio. “Da meridionale – scrive ad esempio Camillo – vi ringrazio per avermi chiarito le idee sulla prossima azienda da boicottare”. Barbara aggiunge: “Speculare su un disastro ambientale di cui quel medesimo nord è altamente responsabile, unitamente alle forze camorristiche, alle istituzioni ed alle amministrazioni locali, è da disonesti”.

                      Ormai il Web è diventato un terreno di guerriglia marketing sempre più spietato, dove basta una frase ritenuta sbagliata o una dichiarazione apparentemente superficiale a compromettere, anche pesantemente, il buon nome di un’azienda. Ieri era Barilla, oggi Pomì, domani chissà.

                      In realtà, la pratica di sottolineare nelle campagne pubblicitarie la provenienza di un prodotto non è niente di eccezionale, ed è sempre stata ritenuta più che dovuta. Si pensi al Parmigiano Reggiano, o alle mozzarelle di bufale di provenienza rigorosamente campana. Avrà d’altro canto ragione Barbara a dire che anche il nord è responsabile dei disastri ambientali del meridione, e Pomì ha forse mancato di sensibilità utilizzando il nome proprio “Padania”. Un semplice: “Solo pomodori da Lombadia, Piemonte, Veneto ed Emilia” sarebbe probabilmente bastato a far passare il concetto senza che nessuno si ritenesse offeso.

                      Pomì ha nel mentre rilasciato su Facebook un dichiarazione ufficiale: “I recenti scandali di carattere etico/ambientale che coinvolgono produttori ed operatori nel mondo dell’industria conserviera stanno muovendo l’opinione pubblica, generando disorientamento nei consumatori verso questa categoria merceologica. Il Consorzio Casalasco del Pomodoro e il brand Pomì sono da sempre contrari e totalmente estranei a pratiche simili, privilegiando una comunicazione chiara e diretta con il consumatore. Per questo motivo l’azienda comunicherà sui principali quotidiani nazionali e locali, ribadendo i suoi valori e la sua posizione in questa vicenda. Si tratta di un atto dovuto non soltanto nei confronti dei consumatori, ma anche nel rispetto delle aziende agricole socie, del personale dipendente e di tuti gli stakeholders che da sempre collaborano per ottenere la massima qualità nel rispetto delle persone e dell’ambiente”.

                      Aggiornamento:

                      La De Girolamo è intervenuta sul tema e ha dichiarato:

                      Prima qualcuno ha tentato di chiedersi se il pomodoro sia di destra o di sinistra. Adesso c’è addirittura la distinzione ‘etnica’ fra pomodori: mi sembra che il buon senso sia messo in secondo piano rispetto alla gravità dei problemi del Paese.

                      Sconcerta che una primaria azienda abbia sentito la necessità di specificare non solo che il suo pomodoro è italiano ma che proviene da determinate regioni, quelle settentrionali. Il made in Italy è unico e indivisibile e se qualcuno pensa di andare sui mercati internazionali con un’identità di provincia appartiene a un mondo che non esiste più.

                      I prodotti italiani tutti sono sicuramente i più controllati, è di oggi la notizia, diffusa da Unioncamere e dalla Fondazione Symbola che le produzioni agricole del nostro Paese hanno residui chimici 5 volte inferiori alla media europea. L’emergenza della Terra dei fuochi per la quale tutto il governo e le amministrazioni locali si sono finalmente mobilitate non può essere in alcun modo strumentalizzata. Dopo anni di indifferenza lo Stato si sta occupando con rigore della questione

                      Forse quell’azienda non s’è resa conto del gravissimo danno arrecato a migliaia di produttori onesti che tra mille difficoltà lottano ogni giorno per garantire un prodotto sano e d’eccellenza. Scusarsi con i lavoratori prima e con i consumatori dopo non solo sarebbe consigliabile, ma anche doveroso. (ANSA)

                      Per leggere l’articolo di Repubblica sul tema