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                      Repubblica Ceca: “prima il cibo nazionale nei negozi”, ma l’UE non ci sta

                      “Prima il cibo locale”: si può riassumere così l’emendamento approvato dal parlamento della Repubblica Ceca con il quale si stabiliscono le quote minime di prodotti alimentari nazionali nei negozi. Di fatto quest’azione imporrebbe circa il 55% di alimenti di provenienza nazionale dal prossimo anno nei punti vendita con una superficie superiore ai 400 mq. Se prima del voto il socialdemocratico Miroslav Toman ha chiesto ai parlamentari di essere “un po’ nazionalisti” quando si tratta di prodotti alimentari cechi, dall’altro si è detto contrario sia il premier ceco Andrej Babiš, sia Bruxelles, che non vede di buon occhio quest’iniziativa che di fatto sarà un freno alla libera circolazione dei beni nel mercato dell’Ue. Se la Repubblica Ceca sta applicando una politica “protezionistica”, dall’altro la Svizzera sta abolendo i dazi doganali sui prodotti industriali per aiutare imprese e consumatori, a discapito, forse, della pressione sui dazi agricoli

                      Dalla Redazione

                      ortofrutta ceca

                       

                      I legislatori della Repubblica Ceca hanno approvato una normativa che impone ai negozi di vendere in prevalenza generi alimentari di produzione nazionale, per favorire i produttori interni. Tale misura potrebbe tuttavia creare un conflitto tra il Paese e la Commissione Europea, con riferimento alle regole dell’UE in tema di mercato unico. Il provvedimento infatti stabilisce che, a partire dal prossimo anno, almeno il 55% dei generi alimentari (quali frutta, ortaggi, latte e carne) venduti nei punti vendita con una superficie superiore ai 400 metri quadrati dovrà essere di produzione locale. Tale percentuale sarebbe destinata ad aumentare gradualmente fino a raggiungere il 73% nel 2028.

                      La notizia – riporta Euractiv – circolava già da qualche mese, quando il partito di destra Libertà e Democrazia Diretta (ID) ha presentato la proposta di legge, sostenuta dai partiti della coalizione di governo, i liberali di Ano, i socialdemocratici e che ha visto anche il sostegno del partito comunista, nonostante la contrarietà del premier Andrej Babiš. L’obiettivo annunciato era quello di puntare a ottenere l’autosufficienza nella produzione alimentare e sostenere gli agricoltori locali. Il ministro dell’agricoltura, il socialdemocratico Miroslav Toman, prima del voto ha chiesto ai parlamentari di essere “un po’ nazionalisti” quando si tratta di prodotti alimentari cechi. La notizia però non ha fatto molto piacere a Bruxelle visto che sarà un freno di fatto alla libera circolazione dei beni nel mercato unico comunitario.

                      La libera circolazione di beni e servizi nel mercato interno è la nostra risorsa più forte nel garantire forniture in tutta l’Ue, ed è anche il nostro miglior strumento per garantire la ripresa per tutti – ha dichiarato un portavoce della Commissione all’Ansa, aggiungendo che – restrizioni locali di qualsiasi tipo sono controproducenti. È della massima importanza che le misure di emergenza nazionali non vadano a discapito dei nostri principi e valori fondamentali stabiliti nei Trattati”. Dello stesso parere il premier ceco Babiš: “Lo considero un gesto politico inutile che viola i principi del mercato interno dell’Ue“.

                      Se da un lato la Repubblica Ceca (che è nell’Ue dal 2004 e non ha adottato l’euro) sta applicando una politica “protezionistica”, dall’altro la Svizzera sta abolendo i dazi doganali sui prodotti industriali con l’intento di migliorare le condizioni quadro economiche delle imprese e favorire i consumatori. Infatti – come riporta La Regione – il Consiglio degli Stati ha approvato a dicembre 2020 (28 voti a 14) l’abolizione dei dazi doganali sui prodotti industriali, anche se il condizionale è d’obbligo in quanto il Consiglio nazionale ha già fatto sapere di non volere una simile riforma.

                      Oggi, in Svizzera (che ricordiamo non è uno Stato membro dell’Unione Europea ma persegue una politica europea basata su accordi settoriali bilaterali) vengono ancora pagati dazi sulle importazioni di vari beni di consumo: automobili, biciclette, prodotti per la cura del corpo, elettrodomestici, capi d’abbigliamento e anche i prodotti agricoli. Con l’abolizione dei dazi industriali la Confederazione dovrà fare così i conti con una diminuzione degli introiti di svariate centinaia di milioni di franchi. Dubbi sono stati espressi anche sulla reale efficacia della misura: negli anni ’90, quando erano stati ridotti i dazi sui prodotti agricoli, i consumatori non ne approfittarono riporta sempre La Regione. Le riduzioni dei dazi industriali, inoltre, rischiano di aumentare notevolmente la pressione sui dazi agricoli.

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