Dalla Redazione
Federica Angeli, cronista di Repubblica che da anni vive sotto scorta dopo i suoi servizi su Mafia Capitale a Ostia, ha scritto un lungo servizio uscito lunedì 17 ottobre dove si denunciano i piccoli esercizi di ortofrutta gestiti da extracomunitari a Roma. La segnalazione da cui parte l’articolo (leggi qui) arriva da Confcommercio: dietro questi esercizi c’è la camorra, assicura l’associazione di commercianti, che spiega come “gli emissari dei grossisti” anticipino i soldi per far partire i piccoli esercizi e curino perfino le beghe burocratiche.
Nella capitale, secondo i dati raccolti da Upvad-Confcommercio, sono oltre 6 mila le imprese di frutta e verdura in mano agli egiziani; nei primi 8 mesi del 2016, solo nella Capitale, sono aumentati del 30 per cento. Gli stand improvvisati per le vie del centro storico sono 300. “C’è una vera e propria rete, un po’ come per i cinesi: – scrive la giornalista romana – si pagano cash le mura, si acquistano prodotti non proprio freschissimi (merce, in gergo, “stanca”) e si lavora anche 18 ore al giorno. Come Hamed, che con il suo sorriso e la battuta facile, attira clienti e poi fa sconti a tutti, ‘così torneranno di sicuro’. Anche se le cassette di frutta stanno in mezzo al traffico, esposte per l’intera giornata ai fumi di scarico delle macchine che ingorgano via Gallia o viale delle Milizie. La convenienza è che costano davvero poco: la metà esatta di un qualunque altro esercizio”.
L’ambulante intervistato dalla cronista di Repubblica acquista la sua merce al mercato di Fondi, dove “i fornitori sono tutti simpatici e parlano tutti napoletano”. I prodotti arrivano infatti dalla Campania, il cui traffico nel settore ortofrutticolo “è notoriamente in mano alla camorra”. Questo è “una sorta di monopolio – continua l’articolo – da cui è obbligatorio servirsi nel business di frutta e verdura, e che riesce a spazzare via con la forza dei prezzi piccole e medie imprese. (…) È poi ai napoletani che si rivolge la manovalanza africana per poter aprire un negozietto ed espandersi a Roma. E da quel momento i venditori si legano a doppio filo agli emissari della camorra. Il gancio è un prestito iniziale che i fornitori elargiscono e che se da un lato consente all’esercente l’avvio dell’attività, dall’altra lo lega alla rete dei fornitori in odore di racket”.
Inoltre Angeli sottolinea che molti di questi fruttivendoli extracomunitari sono sottopagati e lavorano in nero, non hanno permesso di soggiorno, sono arrivati dopo viaggi di fortuna, vivono e dormono nel negozio. “Non sempre e non tutti, è ovvio”. Ma fatto sta che lavorano 18 ore al giorno in un negozio.
“Ora tocca a voi scegliere dove andare a comprare frutta e verdura”, è il commento della giornalista sul suo profilo Facebook. “Un attimo, però. – si interroga Il Foglio in un altro articolo – È la stessa Confcommercio a citare i ‘grossisti’ come intermediari, al minimo, nel rapporto fra camorra e esercizi degli immigrati. Sono per caso gli stessi grossisti che forniscono anche i supermercati e i negozi più cari? Più o meno, sì. I mercati generali che riforniscono Roma da sud hanno dato da fare ai pm, per cose serie. La camorra del giuglianese gestisce da decenni l’agroalimentare. Sul tema Francesco Rosi fece il suo primo film, in bianco e nero. La ‘colpa’ dei maghrebini forse sta nei prezzi bassi e negli orari d’apertura”.
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