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                      Microplastiche in frutta e verdura? La conferma dello studio italiano

                      Modern consumers visiting grocery store

                      Microplastiche anche in frutta e verdura? Sì, a confermarlo una ricerca di valenza internazionale condotta dal laboratorio di igiene ambientale e degli alimenti dell’Università di Catania. La ricerca italiana ha rilevato – e confermato per la prima volta – la presenza di microplastiche (particelle da 1,51 a 2,52 microns) in frutta e verdura di consumo quotidiano come pere, mele, broccoli, carote, patate e lattuga. Non solo nella buccia ma anche nella parte interna edibile. A causare questa presenza è l’impatto dei rifiuti plastici presenti nei corsi d’acqua. “Stiamo iniziando uno studio sull’uomo – spiega la professoressa Margherita Ferrante ai microfoni di tg3 regione – per capire se e come queste particelle, arrivando nell’uomo, vengano distribuite nei tessuti e se e come possano avere effetti sulla salute”

                      Dalla Redazione

                      Microplastiche

                      (copyright: freepick)

                      È uno studio di valenza internazionale e tra i primi nel suo genere quello condotto dal gruppo del Laboratorio di igiene ambientale e degli alimenti dell’Università di Catania, circa la presenza di microplastiche nella frutta e nella verdura di uso quotidiano. I risultati dello studio – firmato dai ricercatori Gea Oliveri Conti, Margherita Ferrante, Claudia Favara, Ilenia Nicolosi, Antonio Cristaldi, Maria Fiore e Pietro Zuccarello, e Mohamed Banni del Laboratoire de Biochimie et Toxicologie Environnementale di Sousse in Tunisia – sono stati resi noti nell’articolo “Micro and nano-plastics in edible fruit and vegetables. The first diet risks assessment for the general population”, pubblicato sulla rivista di settore Environmental Research (Elsevier).

                      Dallo studio, interamente autofinanziato, è emerso che una contaminazione variabile ma diffusa è presente nella frutta e verdura di largo consumo della popolazione mondiale che ingerisce inconsapevolmente. Non solo sulla buccia, ma anche nella parte interna edibile. “Le particelle sfruttano il sistema linfatico in quanto la loro classe dimensionale ne permette l’assorbimento e la traslocazione. Ovviamente i frutti essendo molto vascolarizzati ne concentrano una maggiore quantità. Le classi dimensionali vanno dai 1,50 ai 2,50 microns e lo scenario non cambia in varie tipologie di prodotti:  bio, Km 0, mercatino rionale e grande distribuzione. Quindi siamo nel range della nanoscala”, ci ha spiegato la ricercatrice Gea Oliveri Conti che abbiamo interpellato per avere delucidazioni.

                      Nello specifico, i ricercatori hanno trovato microplastiche da 1,51 a 2,52 microns e un range quantitativo medio da 223 mila (52.600-307.750) a 97.800 (72.175-130.500) particelle per grammo di vegetale rispettivamente in frutta e verdura, analizzando soprattutto pere, mele, broccoli, carote, patate e lattuga.

                      “Il gruppo di lavoro – hanno sottolineato la professoressa Margherita Ferrante e la ricercatrice Gea Oliveri Conti – sta, inoltre, ampliando gli alimenti investigatiAttualmente è in fase di elaborazione un ulteriore articolo sui dati derivanti dai filetti eduli di pesceL’articolo riporta, inoltre, le Estimated Daily Intakes (Assunzioni giornaliere stimate) per adulti e bambini, divenendo di fatto il primo studio che quantifica l’esposizione a microplastiche inferiori ai 10 microns della popolazione generale mediante l’ingestione di tali alimenti”. Si tratta di un risultato importante in quanto si va a dimostrare quanto sia diffuso l’impatto dei rifiuti plastici presenti nei corsi d’acqua e nei mari.

                      Infatti, sarebbe proprio l’impatto dei rifiuti plastici presenti nei mari e nei corsi d’acqua a determinare questo effetto domino dannoso: le microplastiche in mare sono un problema ormai assodato e che ha ricadute sugli habitat naturali e sulla fauna selvatica, problema ormai presente a livello globale. “Stiamo iniziando uno studio sull’uomo – prosegue la professoressa Margherita Ferrante ai microfoni di tg3 regione – per capire se e come queste particelle, arrivando nell’uomo, vengano distribuite nei tessuti e se e come possano avere effetti sulla salute”.

                      La presenza dell’le microplastiche nel mareinquinamento da microplastiche negli alimenti è una tematica che già nel 2019 era stata oggetto di un’inchiesta (leggi qui) svolta dal giornalista Luca Ciliberti dal titolo ‘Che cosa mangiamo’ con la partecipazione del Laboratorio di Igiene ambientale e degli alimenti dell’Università di Catania e anche di una interrogazione sulla presenza di microplastiche e relative contaminazioni nei vegetali presentata a Bruxelles, Commissione che ora valuta nuove azioni per continuare la ricerca sull’effetto delle microplastiche nell’uomo. Microplastiche che comunque, è bene chiarire, sono presenti praticamente in tutto ciò che mettiamo in bocca, compresa l’acqua minerale e la pastasciutta, tanto che, secondo alcuni studi, ne ingeriamo 5 grammi a settimana.

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