L’INFORMAZIONE INDIPENDENTE PER PROFESSIONISTI E APPASSIONATI DI ORTOFRUTTA
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                      Chiusura T18, le reazioni e le riflessioni di alcuni stakeholder del settore ortofrutticolo

                      di Anna Parello, consulente di marketing e comunicazione per l’ortofrutta

                      Il Gruppo T18, che chiude i battenti oggi 10 dicembre (leggi qui), era una società leader all’interno del Caat, a sua volta uno dei mercati ortofrutticoli all’ingrosso di riferimento nel panorama nazionale. Una chiusura, quindi, che non può passare inosservata e che sta suscitando tante reazioni. Ne ho raccolte due, particolarmente interessanti e autorevoli, poiché provengono l’una dal rappresentante dei grossisti, l’altra da quello dell’intera filiera dell’ortofrutta, dalla produzione al commercio, alla distribuzione tanto tradizionale, quanto moderna.

                      Di Pisa Fedagromercati

                      Valentino Di Pisa, presidente di Fedagromercati, federazione nazionale degli operatori grossisti ortofrutticoli all’interno dei centri agroalimentari, che rappresenta circa 500 imprese della filiera agroalimentare. “Sono stato colto di sorpresa dalla notizia della chiusura di Edoardo Ramondo, notizia che ho appreso con grande dispiacere per la perdita di una delle aziende storiche non solo del mercato di Torino, ma della Federazione che rappresento. Una scelta personale, che mi stupisce proprio perché viene da un imprenditore giovane e innovativo. Capisco che si possa dire che il mercato tradizionale non ha più futuro, ma la sua è sicuramente una affermazione forte e soprattutto poco rispettosa verso tutti i colleghi che si impegnano e si prodigano nel mantenere o nello sviluppare la loro operatività. È indubbio che il mondo è cambiato e sta cambiando, ma è proprio in simili contesti che sta all’imprenditore avere la capacità di reagire al nuovo modus operandi”.

                      “Da un imprenditore come Ramondo – continua – mi sarei aspettato una decisione diversa, magari la cessione, più che la chiusura dell’attività. Il momento è sicuramente difficile per tutti, ma bisogna essere capaci di ritararsi e riprogrammarsi. Come Federazione cerchiamo di creare nuove opportunità per i nostri soci, di stimolare servizi integrativi aggiuntivi, perché non si può più pensare che i clienti vengano ogni giorno sui nostri marciapiedi a scegliere la merce. Un tassello fondamentale per innovare la mentalità imprenditoriale è la modifica degli orari dei mercati. Lavorare dalle 2 di notte non ti permette di ragionare in maniera lucida e di dialogare con le altre parti della filiera, che operano di giorno. Ma il cambiamento incontra sempre ostilità e di fatti sono anni che va avanti la discussione sugli orari migliori. Di certo l’orario di apertura notturno oggi non sta più pagando, prova né è il CAR, unico mercato in controtendenza per volumi esitati, che guarda caso è anche l’unico ad aprire alle 9 del mattino. Il virus dell’abitudine è difficile da scalzare. Serve un’operazione congiunta tra enti gestori dei Centri Agroalimentari e enti dei grossisti, ma soprattutto ci vuole convinzione e una spinta dalla base. Certo, al nostro settore servono anche e-commerce, digitalizzazione, piattaforme logistiche, ma il nodo degli orari è quello centrale, perché rende difficile reperire personale giovane e qualificato e consentire agli imprenditori di dedicarsi alla strategia aziendale e ad altri ragionamenti durante la giornata”.

                      Del Core Ortofrutta Italia

                      Massimiliano Del Core, neo eletto presidente di Ortofrutta Italia, organizzazione interprofessionale di settore, costituita dalle rappresentanze nazionali delle attività economiche che compongono la filiera (produzione, commercio e distribuzione), luogo istituzionale di confronto per il settore dell’ortofrutta fresca italiana. “La scelta di Ramondo è sicuramente coraggiosa e tutti dobbiamo fare una riflessione, non solo il canale all’ingrosso, per innescare nuove sinergie ed energie. Le mie riflessioni personali nascono dal fatto che mi è piaciuto che Ramondo abbia detto chiaramente che la decisione della chiusura non è frutto di una crisi (nessuna difficoltà economico-finanziaria), ma di una visione del settore ortofrutticolo. Una scelta coraggiosa la sua, come detto, ed è sicuramente dal coraggio che nascono le scelte che portano a cambiamenti, a riposizionamenti, oggi sempre più assolutamente necessari in tutti i segmenti della filiera. Ritengo che sia necessario riposizionarsi dal punto di vista produttivo, per esempio andando a valutare le nuove stagionalità del prodotto ortofrutticolo, in particolare made in Italy (nuove perché devono fare i conti con cambiamenti climatici ormai strutturali), l’elemento dell’innovazione (in questo momento è forse il fattore più ottenibile, alla nostra portata) e quello della competitività (qualità del prodotto, origine, sicurezza, tracciabilità e costi di produzione). Se non si raggiunge un equilibrio tra tali elementi, se non si apportano cambiamenti, ma si continua a remare contro la corrente attuale, il sistema produttivo, per di più non aggregato, rischia di deflagrare”.

                      “La sfida delle sfide all’interno della produzione è proprio l’aggregazione – prosegue -, scelta alla quale purtroppo allo stato attuale si arriva solo quando si è quasi obbligati, qui serve un cambio importante di cultura, di mentalità imprenditoriale. Bisogna continuare a lavorare sul modello OP, elemento aggregativo operativo commerciale, e poi rafforzare l’interprofessione, che è un elemento aggregativo di secondo livello, istituzionale e strategico. Come OI dobbiamo interrogarci, perché anche la parte finale della filiera è in profonda trasformazione. Oltre all’ascesa dell’e-commerce, cresce il peso del servizio rispetto al prodotto ed è proprio sulla capacità di adeguare la qualità offerta e il proprio servizio al consumatore che il made in Italy può e deve vincere. Dopodiché il canale con cui si arriva al consumatore può essere il più vario possibile, nella consapevolezza che tutti, dall’Horeca alla distribuzione tradizionale alla grande distribuzione alle vendite online, spesso incrociano il proprio business, ma non sono concorrenti, non si cannibalizzano, perché ognuno di questi può e deve colpire target differenti in momenti/occasioni differenti.”

                      “Le sinergie interne alla filiera non sono più auspicabili, sono addirittura indispensabili per l’esistenza dell’ortofrutta, settore vitale, di cui non si può fare a meno, perché prima fonte alimentare per sfamare in maniera sana la popolazione – conclude Del Core -. La vera sfida oggi è creare sinergie orizzontali all’interno dei reparti e verticali tra distribuzione e produzione con un intento unico: contribuire a far acquisire al consumatore la consapevolezza del valore dell’ortofrutta italiana attraverso un elevato standard qualitativo e una corretta comunicazione, che è poi la mission di Ortofrutta Italia. La logica del prezzo non solo non porta risultati in termini di marginalità per nessuno, ma penalizza la dignità e il posizionamento dell’ortofrutta, ovvero proprio del reparto con funzione da ‘biglietto da visita’ agli occhi del consumatore finale. Attenzione quindi a non svilire la dignità dei prodotti, perché così perdiamo tutti la sfida. Innalzare la competitività del sistema ortofrutticolo italiano sia sul mercato interno che su quello internazionale non è una condizione difficile da realizzare, basta che ci siano gli uomini giusti con gli strumenti giusti, ed io credo che i tempi attualmente siano maturi”.

                      Parole chiave comuni alle due interviste: cambiamento, coraggio, sinergie, sfide, aggregazione.
                      Buon lavoro!

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