L’INFORMAZIONE INDIPENDENTE PER PROFESSIONISTI E APPASSIONATI DI ORTOFRUTTA
                      L'INFORMAZIONE PROFESSIONALE PER IL TRADE ORTOFRUTTICOLO
                      L’INFORMAZIONE INDIPENDENTE PER PROFESSIONISTI E APPASSIONATI DI ORTOFRUTTA

                      Agromafie e caporalato, 230 mila lavoratori irregolari nei campi. Il rapporto Flai Cgil

                      Nel 2021 in Italia ci sono circa 230 mila lavoratori irregolari in agricoltura, uno su quattro, e le donne sono una componente crescente (55 mila le lavoratrici irregolari). È quanto emerge dal VI Rapporto agromafie e caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil, secondo cui, nel complesso, su 820 milioni ore lavorate all’anno 300 milioni sono irregolari. L’economia sommersa vale 157,4 miliardi di euro (9,5% del Pil) e si fanno strada – non solo al Sud, anche nel Centro-Nord – nuove forme di caporalato concentrate nelle cooperative spurie e nelle false Srl, gestite da colletti bianchi senza scrupoli

                      Dalla Redazione

                      Nel 2021 sono stati circa 230 mila i lavoratori impiegati irregolarmente in agricoltura, il 34% degli occupati nel settore primario, e di questi 55 mila sono donne. È quanto emerge dal VI Rapporto agromafie e caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil, presentato ieri a Roma, secondo cui su 820 milioni ore lavorate all’anno 300 milioni (quasi i due quinti) sono irregolari.

                      Il lavoro agricolo subordinato non regolare è radicato in Puglia, Sicilia, Campania, Calabria e Lazio con tassi di oltre il 40%, ma anche nel Centro-Nord si trovano diffuse irregolarità, in percentuali che vanno dal 20 al 30 per cento, come riporta Ansa riprendendo i dati dell’Rapporto. “Un fenomeno quello del lavoro irregolare nei campi – ha evidenziato in conferenza stampa Jean Renè Bilongo, presidente dell’Osservatorio Placido Rizzoto – che si mostra in ulteriore crescita rispetto alle 180 mila unità indicate nel rapporto precedente in base a una stima prudenziale”.

                      Nel 2020 l’economia sommersa vale 157,4 miliardi di euro (9,5% del Pil) in calo di 26,5 miliardi rispetto all’anno precedente. Inoltre, mettendo a fuoco, nello specifico, il profilo degli occupati agricoli non regolari, si nota che il peso dei lavoratori migranti quasi raddoppia, in particolare quello dei cittadini comunitari. In oltre il 70% dei casi si tratta di lavoratori dipendenti, tra questi si osserva un maggior peso degli occupati che lavorano in regime di part-time.

                      Un’altra tendenza messa il luce dal rapporto è quella del “lavoro povero”, che in Italia coinvolge circa 8,6 milioni di individui con un reddito familiare annuo al di sotto della media (inferiore a 8.300 euro). Escludendo i lavoratori stranieri non residenti, poco meno di un terzo dell’occupazione agricola pari a oltre 300 mila unità ricade in questa area a bassissimo reddito, senza contare un ulteriore 3,7% di occupati agricoli che vive in famiglie prive di segnali di redditi emersi.

                      Inoltre i fenomeni di sfruttamento si evolvono e si organizzano in forme imprenditoriali illecite: stiamo parlando delle pseudo imprese – spesso cooperative spurie, ma anche false Srl – che gestiscono gli appalti e i subappalti, guidate da “colletti bianchi” senza scrupoli. Il fenomeno è quello che può essere definito “nuovo caporalato” o “caporalato industriale”, come evidenzia Matteo Bellegoni dell’Osservatorio Placido Rizzotto

                      Un’evoluzione – spiega Ansa – diventata un modello d’organizzazione del lavoro per imprese senza scrupoli che, pur di essere più competitive e di aumentare le proprie marginalità, calpestano contratti di lavoro, dignità delle persone e leggi dello Stato. Un “modello” che non interessa solo le imprese dell’agroalimentare, ma che parte dai campi e arriva fino agli ospedali, passando dai macelli. Il sistema degli appalti e dei subappalti, infatti, consente a committenti spregiudicati di avvalersi di manodopera a costi bassissimi, in alcuni casi oltre il 40%, con improprie applicazioni contrattuali (logistica e multiservizi per lavorazioni del processo produttivo dell’industria alimentare), con orari e ritmi di lavoro pesantissimi, ma che genera anche imponenti evasioni da parte delle pseudo imprese appaltatrici che non saldano i propri debiti con lo Stato o con le banche.

                      Copyright: Fruitbook Magazine