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                      Annata terribile per la fragola veronese. La peggiore degli ultimi 30 anni

                      A causa delle concorrenza spagnola, ma non solo, è stato un anno terribile per la fragola veronese. Alcuni parlano addirittura della campagna peggiore di sempre, a coronamento di un triennio difficile

                       

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                      Sicuramente si è trattato di un duro colpo per un territorio che esprime un raccolto annuale di circa 130 mila quintali complessivi, per un valore di circa 14 milioni di euro. Per tentare di reagire, si sono tenute due iniziative a tema questa settimana.

                      Martedì i fragolicoltori veronesi hanno incontrato ad Oppeano il presidente della Regione Veneto Luca Zaia cui hanno sottoposto la situazione. E mercoledì sera, a Zevio, si è svolto un incontro promosso da Agrinsieme cui hanno preso parte le maggiori organizzazioni di prodotto del territorio: Apo Scaligera, Coz, Op del Garda, Consorzio Piccoli Frutti e Bruno Srl.

                       

                      Sono cinquecento le aziende di riferimento per la fagolicoltura veronese concentrate tra Oppeano, Bonavigo, Zevio, Buttapietra, San Giovanni Lupatoto e Isola della Scala. Nell’incontro di martedì il Governatore Zaia, si legge in un comunicato stampa Agrinsieme, ha manifestato disponibilità a valutare le proposte dei fragolicoltori. Giambattista Polo, coordinatore provinciale di Agrinsieme: “Quest’anno la stagione delle fragole, che si concentra in venti giorni nel periodo tra il 10-15 aprile e il 15-20 maggio, è andata molto male, con diminuzioni di prezzo del 30-40% sul 2013, tanto che si teme una crisi strutturale: cooperative che hanno impostato sulla fragola la loro attività rischiano di saltare. Il prezzo medio stimato è di circa 1,20 euro al chilo. Dobbiamo riappropriarci del mercato interno, ove la quota della fragola veronese è precipitata dal 20% al 10% in pochi anni”.

                       

                      Selezione varietale, rapporto con la Gdo, comunicazione, Consorzio di filiera
                      Quattro i punti sottoposti all’attenzione del Governatore e della platea del summit di mercoledì: selezione varietale, in collaborazione con la ricerca, per ridurre le cultivar e garantire la massima qualità e uniformità; sensibilizzazione della Gdo affinché punti meno sul prezzo e più alle esigenze del consumatore; campagne di comunicazione per esaltare i plus del prodotto in chiave salutistico e con l’impegno a far parte di progetti sostenuti da fondi comunitari come Frutta nelle Scuole; istituzione di un Consorzio di filiera per gestire al meglio il prodotto la cui raccolta è concentrata in una ventina di giorni.

                       

                      Sovrapposizione con il prodotto spagnolo e problemi d’immagine
                      Ma quali sono i “mali” della fragola veronese? Stando a quanto emerso dall’incontro: i cambiamenti del clima che portano la produzione veronese ad anticipare la stagione e quindi a finire su mercati importanti, come quello tedesco, nello stesso momento di Spagna e Marocco; l’assenza di una chiara immagine commerciale che qualifichi un prodotto veronese che avrebbe, per la limitazione e definizione del territorio e per l’esperienza quarantennale nella produzione, tutte le caratteristiche per ambire, ad una sua denominazione, con la costituzione di un Consorzio che valorizzi il prodotto sul mercato; la frantumazione e divisione tra produttori che impedisce la costruzione di un vero progetto commerciale, soprattutto sui mercati esteri.

                       

                      Paolo Noro, produttore di Mazzantica di Oppeano: “Oggi lavoriamo sottocosto con la concorrenza della Spagna su mercati per noi fondamentali come la Germania. Tanto che molte aziende non sanno se la prossima stagione continueranno a produrre fragole. Per fare un impianto di un ettaro, ogni anno, servono 45 mila euro tra risistemazione delle serre e coltivazione. Con quanto riceveranno quest’anno, con prezzi scesi del 30-40% rispetto allo scorso anno, molte imprese agricole non avranno i soldi per ripartire”.

                       

                      Michele Pedrini, presidente provinciale della Confederazione italiana agricoltori avverte: “Dobbiamo puntare su un prodotto di altissima qualità non solo per i nuovi mercati, dalla Scandinavia alla Russia, ma anche per il mercato interno sulla base di una strategia condivisa con la grande distribuzione. Non possiamo certo metterci in concorrenza con gli spagnoli o il Marocco. Ma per aggredire nuovi mercati serve un’organizzazione diversa dell’offerta, con un progetto almeno pluriannuale di promozione su questi mercati. E qui si potrebbero attingere risorse dall’Ue, attraverso l’Ocm, l’organizzazione comune di mercato sulla frutta per esempio. E poi bisogna puntare sulla ricerca varietale”.