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                      Conip: “Le casse per ortofrutta 100% riciclate sono più sostenibili di quelle riutilizzabili”

                      CO.N.I.P (Consorzio Nazionale Imballaggi Plastica) ha condotto uno studio di LCA per conoscere in dettaglio l’impatto medio delle casse “Usa e Recupera” prodotte dai consorziati. Lo studio, riferendosi a sua volta a una ricerca condotta dal Politecnico di Milano per conto di CONAI, rivela che le cassette per ortofrutta 100% riciclate del sistema consortile Conip sono più sostenibili delle casse in plastica a sponde abbattibili riutilizzabili. Dallo studio emerge inoltre che il ciclo chiuso di riciclo gestito da Conip per le casse Usa e Recupera – utilizzate nei mercati generali, nel normal trade e nei piccoli supermercati, nonché per l’export di ortofrutta – è meno impattante da un punto di vista ambientale rispetto a qualsiasi ipotesi di loro riuso

                      Dalla Redazione

                      Conip cassa ortofrutta

                      Conip è un sistema virtuoso che movimenta ogni anno 78 mila tonnellate di casse in plastica

                      Il contesto e orientamento normativo europeo sugli imballaggi, oltre al proliferare di studi e campagne informative dai contenuti spesso incompleti o fuorvianti sulla sostenibilità di una soluzione di packaging rispetto ad altre, ha portato CO.N.I.P – il Consorzio Nazionale Imballaggi in Plastica, primo sistema collettivo in Europa a produrre casse in materiale poliolefinico riciclabile e riciclato al 100% e primo anche a realizzare una propria rete di raccolta a livello nazionale – a interrogarsi e ritenere necessaria una quantificazione degli impatti ambientali del packaging prodotto dai propri consorziati, per poi operare una valutazione della sostenibilità degli impatti del loro ciclo di riciclo rispetto alle ipotesi di rigenerazione e riuso.

                      A tal fine il Consorzio ha commissionato uno studio alla società Valore Sostenibile ESG Consulting per quantificare e valutare gli impatti ambientali relativi alla fase d’uso e di rigenerazione di una cassetta riutilizzabile rispetto all’impatto dell’intero ciclo di vita delle casse 100% riciclate a marchio Conip. Tutto parte da uno studio di LCA avente come oggetto le casse in plastica a marchio Conip, che ha visto a ottobre 2023 la pubblicazione della relativa EPD (Environmental Product Declaration) di settore S-P-09896 Cassette in polipropilene (PP) riciclato “Usa e Recupera” 360g. Tali studi hanno consentito al Consorzio di conoscere in dettaglio l’impatto medio delle casse Usa e Recupera” (UER) prodotte dai consorziati.

                      Casse Conip più sostenibili fino al +140%

                      Nello studio citato sono stati messi a confronto gli impatti del ciclo di vita delle casse UER, così come identificati nella EPD di Settore Conip, con gli impatti delle fasi d’uso e rigenerazione di casse in polipropilene a pareti abbattibili. Per determinare tali impatti si è fatto riferimento allo studio “Mappatura delle pratiche di riutilizzo degli imballaggi in Italia: valutazione LCA della pratica di riutilizzo delle cassette a sponde abbattibili per il settore ortofrutticolo”, realizzato dal Gruppo di ricerca AWARE del Politecnico di Milano – Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale – per conto di CONAI e relativo alle pratiche di riutilizzo degli imballaggi in Italia.
                      Il confronto con gli impatti della fase di uso e rigenerazione è particolarmente significativo in quanto essi si riproducono a ogni ciclo di riuso e sono indipendenti dal numero stimato di riutilizzi.

                      Conip riciclo

                      Oggi il 73% delle casse Conip viene recuperato e avviato al riciclo

                      “Lo studio comparativo ha dimostrato come l’impatto GWP (climate change) della sola fase d’uso e rigenerazione delle casse riutilizzabili risulta maggiore del 32,9% rispetto all’intero ciclo di vita delle casse a marchio CONIP (0,401kg CO2e) per lo Scenario 1 (dati dello Studio Aware integrati in maniera conservativa per le fasi del ciclo di vita non considerate dallo Studio del Politecnico) e del 139,9% per lo Scenario 2 (dati studio Aware integrati con dati primari di azienda utilizzatrice delle casse che opera la rigenerazione). “I risultati di impatto mostrano come questi dipendano principalmente dai trasporti, dai consumi energetici e dal reintegro delle casse disperse – spiega il presidente di Conip Domenico D’Aniello -. Secondo tali risultati, il ciclo chiuso di riciclo gestito dal Consorzio per le casse Usa e Recupera risulta essere meno impattante da un punto di vista ambientale rispetto a qualsiasi ipotesi di loro riuso”.

                      Sistema Conip, primo esempio di closed loop in economia circolare

                      Riconosciuto come Consorzio fin dal 1999 dal Ministero dell’Ambiente, oggi il Conip è una realtà che movimenta oltre 78 mila tonnellate di casse in plastica, il 73% delle quali vengono recuperate e avviate al riciclo, per un totale di 57 mila tonnellate di imballaggi gestiti in modo sostenibile.

                      Tornando allo studio comparativo sull’impatto delle due diverse tipologie di cassa, occorre sottolineare che, nel calcolo della sostenibilità complessiva di un packaging rispetto a un altro, vanno tenuti in considerazione molti altri fattori che portano un utilizzatore a scegliere un determinato tipo di imballaggio. Infatti la valutazione di impatto ambientale del ciclo di vita di una particolare tipologia di packaging, mentre da un lato restituisce un quadro fedele degli impatti diretti associati al prodotto, dall’altro non considera le motivazioni che hanno indotto l’utilizzatore a preferirlo, quali, ad esempio, la necessità di conservare nella giusta modalità un alimento ed evitare spreco alimentare e rischi per la salute pubblica, oppure il dover servire un mercato polverizzato dove non è possibile recuperare in maniera efficiente i contenitori per un eventuale rigenerazione e riuso.

                      “Nel nostro caso, ad esempio, da tempo i produttori e gli utilizzatori di casse per ortofrutta già differenziano, a ragione, il tipo di casse utilizzate in funzione dei mercati serviti – precisa il presidente di Conip -. Mentre le casse a pareti abbattibili vengono impiegate per servire clienti grandi e centralizzati (packer, GDO) le casse Usa e Recupera hanno un mercato completamente diverso fatto di distributori e mercati generali che, a loro volta, distribuiscono il prodotto a dettaglianti, piccoli supermercati e a tutto il mondo horeca, senza considerare tutta l’ortofrutta che viene esportata in tali casse. Sarebbe pertanto difficile sostituire le casse usa e recupera con quelle riutilizzabili, in un mercato così capillare dove si sovrappongono diverse figure e dove il loro ritiro per la rigenerazione diventerebbe alquanto improbabile, con il rischio che vadano in gran parte disperse”.

                      Conip riciclo

                      Un impianto di riciclo delle casse Conip

                      Il mercato delle casse a pareti abbattibili è contraddistinto da bassi tassi di dispersione (circa 2% dell’immesso al consumo) e da percorrenze elevate per raggiungere i clienti. Il primo fattore (bassi tassi di dispersione del prodotto) è dovuto al fatto che il rapporto con il cliente è one to one ed è agevole mantenere una corretta logistica e gestione delle casse inviate e delle casse stoccate per la restituzione finalizzata alla rigenerazione. Riguardo invece le percorrenze elevate delle casse riutilizzabili, in tale mercato esse sono dovute al fatto che i clienti (soprattutto packer) sono lontani dalle aree di produzione ortofrutticola e spesso all’estero.

                      “Perfettamente speculari sono invece le caratteristiche del mercato delle casse Usa e Recupera, contraddistinto da elevati tassi di dispersione (circa 25% dell’immesso al consumo) e basse percorrenze – racconta Fabiola Mosca, direttrice del Conip -. Pertanto in uno scenario così delineato, dove, a causa della tipologia di clienti serviti, un alto tasso di dispersione della casse è praticamente fisiologico, immaginare l’ipotesi del loro riuso, anche al di là dei risultati di impatto ambientale definiti dallo studio citato, sarebbe alquanto avventato”.

                      “Ad ogni ciclo di rigenerazione almeno il 25% delle casse immesse al consumo dovrebbe essere prodotto di nuovo per ricostituire lo stock iniziale – conclude la direttrice del Consorzio – e, trattandosi di casse destinate al riuso, non sarebbero realizzate come le attuali Usa e Recupera ma sarebbero molto più pesanti e impiegherebbero plastiche vergini, con un  conseguente aumento dell’impatto ambientale complessivo sicuramente insostenibile rispetto al ciclo attuale di riciclo gestito da Conip”.

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