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                      Coop, Mazzini: “La rivoluzione della MDD riguarda anche l’ortofrutta. Ma ci vuole qualità”

                      Mazzini-Claudio-Coop-Italia

                      Claudio Mazzini di Coop Italia (copyright: Fm)

                      Raddoppiare il fatturato della private label introducendo sugli scaffali 5 mila nuovi prodotti, che nell’arco di due anni innoveranno del 50% l’offerta a marchio proprio, nell’ottica di soddisfare i nuovi bisogni dei consumatori. Una sfida rivoluzionaria quella lanciata da Coop, che riguarderà anche il reparto ortofrutta, “dove ci sono importanti margini di sviluppo per la MDD”, rivela il responsabile commerciale settore freschissimi Claudio Mazzini. A una condizione però: che ci sia qualità. E a detta sua c’è ancora del lavoro da fare in questo senso…

                      di Carlotta Benini

                      Mazzini-Claudio-Coop-Italia

                      Claudio Mazzini (copyright: Fm)

                      Ci siamo, la rivoluzione della private label di Coop ha inizio. Nell’arco di due anni a partire da questo mese, come ha annunciato il gruppo in un evento ufficiale il 13 maggio scorso (leggi qui), arriveranno a scaffale 5 mila nuovi prodotti – tra riformulazioni, cambi di packaging così da esaltarne i contenuti e proposte fino ad oggi inedite – con l’ambizione di innovare l’offerta del 50% andando a coprire segmenti un tempo non presidiati dalla marca del supermercato. E con un obiettivo: raddoppiare il fatturato del prodotto a marchio, passando dagli attuali 3 a 6 miliardi nell’arco dei prossimi quattro anni. Questa rivoluzione riguarderà anche il reparto ortofrutta, oggi presidiato dai marchi Coop Fior Fiore per il prodotto premium, Origine per quello da filiera tracciata di qualità, Vivi Verde per il biologico e Solidal per i prodotti del mercato equosolidale. Ne abbiamo parlato con Claudio Mazzini, responsabile commerciale settore freschissimi di Coop Italia.

                      Come nasce e a cosa porterà questo restyling della private label?
                      Mi rifaccio alle parole del presidente Pedroni, è un progetto che parte ora ma con alle spalle un lavoro imponente avviato già da parecchio tempo e che ha l’obiettivo di ridisegnare i nostri assortimenti dando alla marca privata una centralità maggiore. Ciò non significa trasformare gli assortimenti di Coop in quelli di catene più semplificate (tradotto i discount, ndr). La marca industriale continuerà a esistere, ma troveranno spazio sui nostri scaffali solo quei prodotti che portano un valore aggiunto al consumatore. Il marchio Coop invece avrà un ruolo e una presenza centrale, con un’articolazione e una segmentazione maggiore.

                      Questo riguarderà anche i freschissimi, nella fattispecie l’ortofrutta?
                      Sì, con i tempi utili e necessari, si arriverà ad avere lo stesso tipo di articolazione anche nel reparto ortofrutta, dove ci sarà una maggiore presenza di prodotto a marchio Coop e una maggiore e diversa articolazione dello stesso. Con tutta l’elasticità che il mondo dei freschissimi richiede rispetto all’industria, va sottolineato che l’ortofrutta – essendo presidiata da poche marche – offre spazi interessanti per la private label. Questo con anche la premessa che fare un prodotto a marchio, in ortofrutta, non significa per noi andare in giro con un esecutivo da rilasciare a chi ci offre le condizioni migliori. Vuol dire dare seguito a quel lavoro di qualifica e di selezione che da anni portiamo avanti con i nostri fornitori, secondo criteri molto stringenti”.

                      Coop Bologna ©FM

                      Il reparto ortofrutta della Coop San Ruffillo a Bologna (copyright: Fruitbook Magazine)

                      In altre parole?
                      In altre parole, il mantra che ripeto da anni resta sempre lo stesso: senza qualità non si può lavorare. Vogliamo crescere con la private label anche in ortofrutta, ma solo se i prodotti da valorizzare nelle nostre linee a marchio possiedono i giusti requisiti merceologici e qualitativi e il giusto rapporto fra qualità e prezzo. In tutta franchezza la stabilità della qualità merceologica, in ortofrutta, è un elemento ancora da conquistare.

                      Che incidenza ha oggi la private label in ortofrutta?
                      “Attualmente la marca Coop nel reparto F&V ha una quota che supera il 31%. Abbiamo migliaia di referenze MDD in ortofrutta e siamo presenti in tutte le categorie più importanti. Più nella frutta che nella verdura al momento”.

                      Obiettivo innovare l’offerta del 50% anche in questo reparto?
                      Vedremo cosa si riuscirà a fare. Come ho detto, per essere a marchio Coop ci sono una serie di requisiti qualitativi e di sicurezza alimentare molto stringenti che il prodotto – e il fornitore – deve possedere. L’ambizione sarebbe quella di arrivare al 50% di innovazione dell’MDD anche in ortofrutta, ma tutta questa merce idonea al marchio Coop sinceramente ancora non la vedo. È emblematico, in questo senso, il caso Fior Fiore.

                      Cosa intende?
                      Il posizionamento premium è quello che negli ultimi periodi mostra di avere i maggiori margini di sviluppo, ma paradossalmente l’unico limite alla crescita del nostro brand più prestigioso, in ortofrutta, è la mancanza di prodotto idoneo.

                      Angurie-Coop-Fabiani-Gavina

                      Angurie Gavina nella linea Origine di Coop Italia

                      Come performano invece le altre marche private?
                      Origine, che identifica il prodotto da filiera tracciata e di qualità spesso anche locale  locale, ormai ha un trend positivo consolidato. Coop è un’azienda fatta di territori e con i territori ha una relazione assolutamente privilegiata. Per noi e per tutte le cooperative associate valorizzare il prodotto locale è una priorità, e questo rappresenta un’opportunità anche per i produttori stessi. Sul biologico, siamo stati i primi a investire in modo importante sei anni fa. Oggi il marchio Vivi Verde ha una quota del 6% all’interno della private label, ma il dato è in leggera flessione”.

                      Come mai?
                      Il biologico cresce perché cresce il numero dei punti vendita che lo commercializzano, ma non ha più delle performance così eclatanti come nel recente passato. La spinta propulsiva forse si è esaurita, ora siamo giunti a una maturità in cui occorre capire che scelte fare per dare nuova vitalità al comparto.

                      Con la rivoluzione della private label potranno nascere nuove linee MDD in ortofrutta?
                      Stiamo lavorando anche su questo, per capire se l’offerta attuale è sufficiente o se va ripensata in coerenza con il progetto complessivo.

                      E i fornitori, amplierete il loro numero?
                      Aumentando la segmentazione e le quote va da sé che si aprono nuove opportunità per i fornitori: quelli storici, con cui abbiamo un rapporto consolidato da anni, e quelli nuovi. L’approccio però resta sempre quello di privilegiare “i fidanzamenti lunghi e i matrimoni duraturi”, per così dire.

                      Qualità al giusto prezzo, per il consumatore ma anche per il produttore: questa la promessa di Coop. Come conciliare questi aspetti nel prodotto a marchio?
                      È una sfida e una responsabilità. Fare la marca ha da sé il grande vantaggio di renderti riconoscibile, ma allo stesso tempo è anche un grande rischio: ti rende memorabile. Se compro un prodotto che non mi piace e che non ha una marca, me lo dimentico. Se invece resto deluso da un marchio, non lo acquisterò più. L’impegno quindi nell’offrire qualità al giusto prezzo è ancora superiore, ma affrontiamo questa sfida senza timore.

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