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                      Crac pilotati dei supermercati: arrestata la “banda del buco”

                      Trentadue persone accusate di associazione a delinquere e bancarotta e 15 arresti nell’ambito delle indagini della Guardia di Finanza di Bologna sulle operazioni illecite della cosiddetta “banda del buco”, sgominata i giorni scorsi. Si tratta di un gruppo di bancarottieri italiani ritenuti “seriali” che, con l’aiuto di compiacenti cittadini cinesi, rilevava supermercati e negozi dalla grande distribuzione per poi avviarli al fallimento, eludendo così il pagamento all’erario di 3,3 milioni di euro di tributi

                      Dalla Redazione

                      Acquistavano supermercati e negozi di cosmetici, rilevati da noti marchi della grande distribuzione, per poi portarli al fallimento e depredarli: così un gruppo di bancarottieri italiani ritenuti “seriali” ha messo in piedi un business da milioni di euro, che ora è stato smantellato dalle Fiamme Gialle. La Guardia di Finanza di Bologna ha infatti sgominato i giorni scorsi la cosiddetta “Banda del buco”, un’organizzazione che fa capo a 32 persone – di cui 15 tratte in arresto e 10 destinatarie di altre misure cautelari – tutte accusate di vari reati fallimentari e tributari e di riciclaggio di proventi illeciti, anche con l’aiuto di compiacenti cittadini cinesi. L’indagine, coordinata dalla Dda, ha portato anche al sequestro preventivo di beni per oltre 32 milioni, come riporta Il Resto del Carlino.

                      Come operava la “banda del buco”? Secondo le indagini l’organizzazione sarebbe subentrata alla guida, nel corso del 2020, di un gruppo societario dell’hinterland bolognese composto da una holding e altre tre società a responsabilità limitate. Il gruppo operava nei settori della dermo-cosmesi e della Gdo (con ben 32 supermercati dislocati tra Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Lombardia e Friuli Venezia Giulia).Una volta ottenuto il controllo delle aziende l’organizzazione avrebbe così effettuato delle vere e proprie operazioni di “sciacallaggio” ai danni delle stesse, procurandone dolosamente il dissesto.

                      Tra le principali operazioni contestate, figurano la distrazione di 25 punti vendita, trasferiti, nell’imminenza del fallimento, a new-co riconducibili alla presunta associazione pregiudicando, peraltro, la riscossione coattiva da parte dell’Erario per 3,3 milioni di euro di tributi.

                      “La conduzione illecita della catena di supermercati – sostengono gli investigatori – ha permesso agli indagati di lucrare sulla gestione del personale, assunto e somministrato attraverso società di ‘comodo’ che hanno compensato i relativi contributi previdenziali e assistenziali, nonché le ritenute sul lavoro dipendente, con crediti d’imposta fittizi per oltre 2 milioni di euro”.

                      I proventi, ingenti, che sarebbero stati così accumulati illecitamente sarebbero stati poi stati reinvestiti in nuove iniziative imprenditoriali, tra cui l’acquisto di un noto prosciuttificio del parmense, o trasferiti – per la loro successiva “ripulitura” – a società italiane ed estere compiacenti sulla base di fatture false emesse ad hoc per giustificare i flussi finanziari. Tra queste spiccano tre “cartiere”, formalmente a Milano, amministrate da soggetti di etnia cinese irreperibili che, in meno di un anno, avrebbero emesso fatture false nei confronti di centinaia di imprese italiane realmente esistenti per 7 milioni di euro, nonché ricevuto bonifici sui propri conti aziendali per 11 milioni di euro.

                      Il legame tra i membri della banda del buco e i citati soggetti asiatici sono risultati essere due coniugi (l’una cinese, l’altro italiano) residenti nell’aretino e implicati anche in un florido “giro” di prostituzione di giovani connazionali della donna.

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