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                      Epatite A nelle fragole marocchine? “Siamo vittime di una campagna diffamatoria”

                      Ha fatto eco in tutta Europa l’allarme lanciato nei giorni scorsi dalle autorità spagnole su una partita di fragole importate dal Marocco. Ondata di panico e proteste in Spagna, controlli a tappeto in Marocco, “con risultati ovunque negativi”, assicurano i produttori marocchini. Che ora accusano la Spagna di aver orchestrato una campagna diffamatoria

                      di Maddalena De Franchis

                      epatite fragole

                      L’allarme è stato lanciato il 4 marzo e ha immediatamente attivato il Rasff (Rapid alert system feed and food), il sistema comunitario di allerta rapida per mangimi e alimenti: le autorità spagnole hanno segnalato il rilevamento del virus dell’epatite A nelle fragole importate dal Marocco. Il livello di allerta è stato definito come “molto grave” per il superamento della “soglia massima consentita (25 g) della sostanza contaminante”: nella nota si ipotizza, inoltre, che tale contaminazione sia stata causata “dall’irrigazione delle aziende agricole con acqua fecale”. Oltre ad aver fatto scattare controlli a tappeto sui coltivatori marocchini di fragole, la diffusione della notizia ha sollevato un polverone sia in Marocco che in Spagna, fino alla pubblicazione di una piccata replica da parte di Amine Bennani, presidente dell’Associazione marocchina dei produttori di frutti rossi. Bennani ha addirittura parlato di “notizia strumentalizzata per orchestrare una campagna diffamatoria contro i produttori marocchini”.

                      Il ritrovamento del virus e la segnalazione a livello europeo

                      Ma facciamo un passo indietro e torniamo al momento in cui è stato segnalata la presenza del virus, “rinvenuto in un punto d’ingresso al Paese iberico”, ha fatto sapere l’associazione spagnola di produttori agricoli Ava Asaja, che ha sede a Valencia. La stessa associazione ha poi chiesto “misure urgenti” al governo centrale, poiché “la quantità di inoculo ritrovata nei frutti supera il livello massimo consentito e rappresenta un rilevante pericolo per la salute pubblica”. Il presidente dell’associazione, Cristóbal Aguado, ha inviato dunque una lettera al ministro dell’Agricoltura spagnolo Luis Planas per “chiedere urgentemente spiegazioni al governo del Marocco e specificare quali misure saranno intraprese per evitare il ripetersi di queste situazioni”. Non è finita: l’associazione si è mossa anche a livello europeo, tramite Asaja Bruxelles, invitando a effettuare controlli più accurati sulle fragole marocchine e, più in generale, su prodotti a rischio contaminazione in arrivo da Paesi terzi.

                      Le fragole contaminate non sarebbero state consumate

                      Stando al resoconto della Junta de Andalucía, il virus epatite A è stato individuato in una partita di 1.500 chili di fragole marocchine, entrata ad Algeciras. Secondo la versione fornita alla Junta dall’importatore, le fragole erano state vendute, ma l’acquirente non le ha prese e sono andate a male, quindi non sono state distribuite ai consumatori. Sebbene l’importatore avesse assicurato di non averle immesse sul mercato, “l’amministrazione regionale – ha spiegato ancora la Junta – sta effettuando tutti i controlli necessari per confermare che non sono state distribuite e, soprattutto, che non sono state consumate”. Intanto, da Bruxelles la Commissione europea ha sottolineato che le fragole marocchine affette da epatite A “non hanno raggiunto i consumatori”, quindi non è necessaria “un’azione rapida” contro questi prodotti nel resto dell’Unione europea, al di fuori dei confini spagnoli. I sindacati spagnoli, però, hanno invocato il blocco immediato di tutti i prodotti freschi provenienti dal Marocco e, nella città di Siviglia, l’Unione dei piccoli agricoltori ha distribuito ai passanti fragole di Huelva, con lo slogan “Io mangio le fragole di Huelva”.

                      Controlli serrati in Marocco

                      Dal canto suo, l’Onssa (Autorità nazionale per la sicurezza alimentare dei prodotti alimentari del Marocco) ha immediatamente identificato il coltivatore coinvolto, nonché l’impianto di imballaggio, grazie al proprio sistema di tracciabilità. “Il coltivatore e l’impianto – ha chiarito l’autorità – sono stati sottoposti a un ampio campionamento, che ha coperto tutte le fasi della trasformazione della frutta, dalle piantine all’irrigazione, fino alla stazione di imballaggio. Tutti i campioni sono risultati negativi e non sono stati rilevati né epatite A né Norovirus”. L’Onssa ha inoltre disposto uno screening su tutta la produzione marocchina, per individuare eventuali tracce di questi virus. Sono stati prelevati campioni da tutte le aziende agricole e dagli impianti di imballaggio: i risultati sono stati ovunque negativi.

                      La difesa dei produttori marocchini

                      “Non mettiamo in discussione la veridicità della notifica delle autorità spagnole”, precisa Amine Bennani, rappresentante dei produttori marocchini. “Ma potrebbe trattarsi di un caso fortuito e isolato, probabilmente una contaminazione da parte di un lavoratore malato durante il trasporto. Sicuramente non siamo davanti a una contaminazione diffusa, neanche a livello di singola azienda agricola o impianto di imballaggio”. Ciò che ha indignato i produttori marocchini, conclude Bennani, è stata la rapidità con cui la notizia dell’allerta emanata dal Rasff è stata “strumentalizzata” da produttori e media spagnoli per orchestrare una vera e propria campagna diffamatoria contro l’industria marocchina delle fragole. Malgrado questo “incidente”, l’intera filiera, ribadisce Bennani, gode di immutata fiducia sia in Europa che nei Paesi del Golfo. Il Marocco, è bene ricordarlo, sta sperimentando da qualche anno una notevole espansione nella produzione ortofrutticola, sia a livello di qualità che di volumi prodotti.

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