di Maddalena De Franchis
La vista delle fragole italiane sui banconi di vendita della Gdo, già da qualche settimana a questa parte, è sufficiente a evocare i primi sentori della primavera: ma, in un inverno che non è stato inverno – almeno finora – viene spontaneo chiedersi se anche questa campagna, ormai entrata nel vivo, non abbia risentito degli effetti del cambiamento climatico in corso. Di questo – e delle tante sfide che attendono i produttori del delizioso frutto, uno dei più amati da grandi e piccini – abbiamo parlato con Damiano Fortunato (in foto sotto), amministratore delegato e co-titolare di La Fortuna Group. Il gruppo, che ha sede operativa a Eboli e produce – anche attraverso aziende agricole associate – su un’estensione complessiva di 180 ettari, vanta un’esperienza ormai quarantennale nella coltivazione delle fragole su un territorio particolarmente vocato, ovvero il fertile lembo di terra compreso tra la Piana del Sele e i templi di Paestum, nel Salernitano.
“Siamo partiti a metà novembre con le piantine a cima radicata della varietà Marimbella – spiega Fortunato -. La raccolta durerà fino a giugno, alternando, a seconda dei tempi di maturazione, le piante a cima radicata e le varietà a pianta fresca. Siamo in ritardo, però, di circa un mese sulla tabella di marcia consueta: il caldo anomalo dello scorso ottobre ha ritardato i trapianti e le fioriture delle piantine fresche, dunque i primi stacchi, anziché a metà dicembre, si sono verificati a gennaio inoltrato. Ora le piante stanno crescendo bene, la cima radicata è entrata in pieno regime produttivo, ma il ritardo non si recupera facilmente. Il cambiamento climatico impatta notevolmente sulla crescita e sullo sviluppo delle piante: in particolare, l’assenza pressoché totale di escursione termica durante la stagione invernale ha avuto conseguenze pesanti sulla differenziazione delle gemme”.
Al caldo anomalo si aggiunge un altro problema, anch’esso favorito dalle condizioni climatiche: la proliferazione di parassiti, insetti, afidi e altri generi di infestanti, contro cui, peraltro, si dispone sovente di armi spuntate, a causa delle forti limitazioni di legge ai trattamenti consentiti. In particolare in una realtà come La Fortuna Group, che da anni adotta il metodo del “residuo zero” proprio sulla fragola, oltre che su rucola e spinacino. “Abbiamo rilevato una diffusione di afidi e ragnetto rosso innaturale per questo periodo dell’anno – prosegue l’Ad – ma non potrebbe essere diversamente, considerato che in questi giorni, sotto serra, si raggiungono facilmente i 28-30 gradi. Abbiamo già effettuato quattro sfogliature: in passato, a quest’ora, avevamo completato un solo passaggio, al massimo due, se si verificavano annate più calde. I parametri degli ultimi tre anni – per quanto riguarda temperature, grado di umidità e quantità di precipitazioni – sono spaventosi: non so se sarà possibile tornare indietro”.
Cosa aspettarsi, dunque, per il futuro? Fortunato non si sente di formulare previsioni, né per la campagna in corso (“allo stato attuale – dice – non riusciamo ad azzardare stime di produzione o di prezzo”), né per i prossimi anni, ma una certezza ce l’ha: “occorrerà investire sempre di più nella coltivazione fuori suolo”, afferma. “È una soluzione migliore sia per una gestione più oculata della risorsa idrica, sia per l’incremento delle rese. E si andrà incontro anche alle persone addette alla raccolta, che non saranno più costrette a chinarsi, dunque il lavoro risulterà meno faticoso e usurante”. Già, il personale: un’ulteriore sfida che, secondo Fortunato, metterà alla prova l’intero settore. “Abbiamo urgente bisogno di manodopera, ma la fragola richiede padronanza, delicatezza ed esperienza, la sua raccolta non può essere affidata a personale non esperto. Cerchiamo personale qualificato e non riusciamo a reperirlo”.
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