di Massimiliano Lollis
Che la situazione del retail in Francia sia delicata, è risaputo. Il modello prevalente degli ultimi decenni – quello degli ipermercati – viene oggi messo in discussione dai cambiamenti epocali che il mondo distributivo sta vivendo, primo tra tutti lo sviluppo dell’e-commerce e le preferenze dei clienti, in costante evoluzione. Si tratta di un fenomeno che però riguarda anche il nostro Paese, dove gli ipermercati soffrono, con vendite in calo del -3,5% a gennaio 2018 sull’anno precedente (dati ISTAT). In questo difficile contesto non mancano però delle vie di uscita: ad offrire una visione articolata della situazione è Frédériç Pérodeau, esperto di marketing ed ex general manager di IFM, Institut Français du Merchandising (oggi Institut du Commerce), presente in qualità di relatore all’evento bolognese Supermarket2025 del Retail Institute Italy, lo scorso 23 marzo.
“La situazione del retail francese – osserva Pérodeau – è statica, con volumi che complessivamente calano da 3 anni. Per fortuna, però, c’è una luce alla fine del tunnel, ed è rappresentata dai minimarket (o convenience store). Tutti i retailer francesi stanno lavorando su questi format di prossimità, o urbani: sono gli unici a crescere assieme all’e-commerce, mentre gli ipermercati calano, pur continuando a rivestire una parte importante del fatturato a livello europeo”.
Il formato del convenience store è sempre più apprezzato dai consumatori, ma quali sono le ragioni del suo successo? Ci sono tre elementi da considerare in questo momento: “Prima di tutto – spiega Pérodeau – si tratta di punti vendita con orari di apertura molto ampi, che generalmente coprono tutta la giornata, dalla mattina alla sera tardi (dalle 7 alle 23). Poi c’è l’elemento estetico, perché in genere questi negozi sono sempre più belli e funzionali, pensati per garantire una piacevole shopping experience.
Il terzo elemento alla base del loro successo – continua – è garantito dalla cosiddetta “Distriration”, neologismo francese che esprime l’insieme tra la distribuzione e la ristorazione. Nei punti vendita Carrefour City, per esempio, è possibile mangiare ciò che si acquista, immediatamente”. Per facilitare questo approccio, nel punto vendita vengono vendute vaschette di piatti pronti (come il classico pollo arrosto con patate) da consumare in loco, ma non mancano le macchine con le quali il consumatore può spremere le arance appena acquistate per farsi una buona spremuta.
A questo punto, esiste una ricetta per salvare gli ipermercati? Si, secondo Pérodeau, secondo il quale la prima cosa da fare è cercare di ripristinare la fiducia da parte dei consumatori. Principalmente agendo sui prezzi, troppo spezzo “impazziti”: “La chiave in questo caso – spiega – è essere onesti, lavorare con prezzi reali, poiché i consumatori di oggi cercano il prezzo giusto ed onesto, non è possibile continuare con promozioni irreali”.
È poi fondamentale adattare l’assortimento alle preferenze dei consumatori differenziandosi dai competitor: “Sviluppare la differenziazione è molto importante: lo si può fare tramite la creazione di una forte private label, ma sappiamo quanto possa essere costoso. L’alternativa è quindi sviluppare dei corner all’interno del punto vendita, dove ci sia una forte offerta di prodotti freschi”.
“Infine – conclude Pérodeau – gli ipermercati si potranno salvare solo se sapranno gestire la transizione “phygital”, ovvero l’integrazione di successo tra canale fisico e digitale. Se da un lato è vero che oggi Amazon pare essere ovunque, è anche vero che i consumatori continuano ad andare in supermercati o ipermercati. Perché? Per trovare ciò che non è possibile trovare su Amazon”. Trovatelo, e salverete gli ipermercati.
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