Dalla Redazione
In linea con quello che sta succedendo negli altri Paesi europei e negli Usa, anche in Italia nel mese di giugno l’inflazione ha segnato una brusca frenata, calando al 6,4%rispetto al 7,6% di maggio. Lo comunica l’Istat sottolineando che si tratta di “una netta decelerazione”, che continua a essere fortemente influenzata dai prezzi dei beni energetici, in particolare della componente non regolamentata, “in apprezzabile calo rispetto a maggio”. A giugno l’inflazione mostra dunque “una netta decelerazione – sottolinea L’Istat -, in un quadro di stabilità dei prezzi sul piano congiunturale (l’ultima variazione nulla su base mensile si era registrata a maggio 2021)”.
Segna una frenata anche il cosiddetto carrello della spesa: i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona rallentano in termini tendenziali, passando da +11,2% di maggio a +10,5% di giugno, così come anche quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +7,1% a +5,7%).
Ma il tema degli alimentari continua a inquietare consumatori e non solo. Sebbene i prezzi del comparto segnino una leggera frenata, essi infatti continuano comunque a mostrare un andamento particolarmente “caldo”. Nel complesso, a livello tendenziale, come detto, le quotazioni dei beni alimentari sono scese dal +11,2% di maggio al +10,5%, questo essenzialmente per effetto del rallentamento dei prezzi dei prodotti lavorati, che passano da +13,2% a +11,5. Tuttavia per contro accelerano i prezzi degli alimentari non lavorati – quindi i freschi – che passano da +8,8% di maggio a +9,4% di giugno.
La frenata dell’inflazione è indubbiamente un bene, ma è evidente che qualcosa non torna sul fronte di alimentari e del carrello della spesa: lo afferma Assoutenti commentando i dati diffusi ieri dall’Istat. I listini dei prodotti alimentari lavorati sono in leggera frenata ma si attestano comunque a un +11,5% su base tendenziale. “Quelli degli alimentari non lavorati aumentano addirittura del +0,8% rispetto a maggio, quando in realtà ci si attendeva una diminuzione – chiosa il presidente di Assoutenti Furio Truzzi -. Una famiglia con due figli, a parità di consumi, si ritrova così a spendere +846 euro annui solo per l’acquisto di cibi e bevande, +620 euro la famiglia ‘tipo’.
Aggravi di spesa che, secondo Assoutenti, dimostrano come la carta Dedicata a te varata dal Governo per aiutare le famiglie meno abbienti nella spesa quotidiana “non possa bastare”. Inoltre il rischio concreto – sottolinea il presidente Truzzi – è che nel comparto degli alimentari possano celarsi speculazioni tese a mantenere elevati i listini al dettaglio, a tutto danno dei consumatori”.
Mentre il tasso nazionale di inflazione scende al 6,4% a giugno, i listini al dettaglio di cibi e bevande schizzano alle stelle in numerose città italiane, con ben 14 province italiane che registrano per gli alimentari un tasso di inflazione superiore al 12%.
In vetta alla classifica del caro-cibo si piazza Cosenza, dove i prezzi crescono del +14,3% su base annua equivalente ad un maggior esborso, considerata la spesa per consumi di una famiglia residente, pari a +924 euro annui solo per cibo e bevande. Al secondo posto Macerata con +14,1%, pari ad un aggravio di spesa di +767 euro annui per famiglia residente. Al terzo posto a pari merito Rovigo, Ravenna e Grosseto con +12,8%, al quarto Benevento col +12,7%, seguita da Livorno (+12,6%).
La provincia dove i prezzi degli alimentari crescono meno nell’ultimo mese è Catanzaro (+7,9%), seguita da Bergamo (+8,1%) e Brescia (+8,6%). Al quarto posto frale città con il tasso di inflazione più basso troviamo Reggio Emilia (+9,1%) e al quinto posto Aosta (+9,2%).
“Nonostante l’inflazione media sia in frenata nel nostro paese, i prezzi degli alimentari registrano ancora aumenti sostanziosi in molte città italiane – spiega il presidente del Codacons Carlo Rienzi -. Il Governo farebbe bene a intervenire adottando misure tese a calmierare i listini e combattere le speculazioni che si registrano nel comparto, e che contribuiscono a mantenere elevati i listini al dettaglio”.
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