di Massimiliano Lollis
Cosa succede oggi nel mercato del grocery e nel retail nel Regno Unito? A rispondere – nel corso dell’evento Supermarket2025 di Retail institute Italy, tenutosi a Bologna lo scorso 23 marzo – è il relatore Marc De Speville, esperto di Strategic Food Retail.
Tutto parte da un’immagine bizzarra, che De Speville non manca di commentare in perfetto british humour, calamitando l’attenzione del pubblico: si tratta di un grosso elefante in una sala riunioni. “Chi è l’elefante? È la vendita del grocery online, e viene verso di voi!”, dice De Speville riferendosi alle vendite online, primo grande fattore di sconvolgimento del retail britannico. “Nessuno parla di questo elefante – dice De Speville – ma per i retailer è un animale che costa molto e che si conosce poco. Oggi il prezzo di una consegna per il cliente è in media di circa 2 sterline: inizialmente era molto più alto, ma con l’arrivo di Amazon Prime la concorrenza ha fatto scendere le tariffe ai minimi storici. Negli ultimi cinque anni – continua – i profitti dei quattro maggiori retailer in Regno Unito sono crollati del 50%. Nel caso di Tesco, tradizionalmente molto forte dal punto di vista logistico, la perdita è stata anche maggiore, e non si prevede migliorerà in futuro”.
Secondo De Speville, l’affollamento di servizi di grocery e-commerce ha esposto ancor più le catene di supermercati tradizionali all’arrivo dei discount tedeschi (leggi Lidl e Aldi). “Dopo la recessione del 2008 – continua – i grandi facevano a gara per andare online, ma si ritrovarono ben presto “dalla padella alla brace”. Il risultato poteva essere uno solo: avevano perso talmente tanti soldi con i servizi online che non si potevano permettere di tagliare i prezzi nei punti vendita”.
A questo punto, la strada era spianata per i discount. “All’inizio – spiega De Speville – erano molto convenienti e utilizzavano grandi cartelli per far capire ai consumatori quanto lo fossero. Poi hanno cominciato ad adattarsi al contesto, sono diventati sempre più belli, le indicazioni sulla convenienza sono sparite, perché oramai già tutti lo sapevano. Al momento attuale, l’impressione che si ha all’interno di uno di questi discount è quella di essere in un supermercato a tutti gli effetti”. Si va quindi sempre più verso un sistema fatto di discount – Aldi e Lidl arriveranno al 20% – e vendite online, un processo che secondo De Speville sta avvenendo anche in Usa.
Ma come hanno reagito le catene tradizionali nel Regno Unito? L’umorismo del relatore riaffiora quando mostra la foto di un uomo con la testa infilata sottoterra, a mo’ di struzzo: “Proprio così – spiega – è stata questa la reazione di Tesco, che non sta facendo molto su questo fronte per difendersi dai discount”. La foto successiva – quella di un cervo in mezzo alla strada, abbagliato dai fari di un’auto in arrivo – spiega in modo eloquente anche la posizione degli altri retailer tradizionali. Così, dopo la grande “abbuffata” delle consegne online, lo scenario vede oggi due “pure player”: Amazon e Ocado. “Rappresentano 2 miliardi di vendite nel grocery con consegne dirette – spiega, – garantiscono prezzi non più alti di Tesco, hanno un marketing molto forte, la metà del costo è rappresentato dalla consegna. E utilizzano tecnologie di picking robotico, per le quali queste aziende dispongono di strutture dedicate”.
“Certamente – continua lo speaker – l’online presenta diversi vantaggi: prima di tutto non c’è la barriera casse, la consegna a domicilio è comodissima, ma anche la fisicità ha i suoi vantaggi, e sono molti i clienti che amano esplorare il punto vendita e toccare i prodotti”. Per rispondere a queste esigenze, si sta facendo strada un modello che potrebbe facilmente diventare il “supermercato del futuro”, un concept store che De Speville chiama NOVA: “Come potete vedere – continua De Speville, commentando la simulazione grafica del progetto -, si tratta di un punto vendita senza casse, dove gli unici prodotti esposti sono quelli freschi”. Il cliente sceglie personalmente il prodotto fresco, il cui prezzo viene aggiunto al suo conto online grazie a scanner e a bilance elettroniche. Il “supermercato del futuro” – la cui vocazione principale è appunto il fresco – offre anche prodotti confezionati, che però vengono gestiti in back-office da dispositivi robotizzati, che consegnano al cliente il prodotto richiesto.
Niente casse e niente personale addetto allo scatolame. È la fine del lavoro umano? “Al contrario – afferma De Speville -, il food è uno dei pochi settori in cui il consumatore ne sa di più dello staff di vendita”. Ne consegue che nel supermercato del futuro sarà necessario investire sul personale, che non deve essere un costo da ridurre ma un asset fondamentale per relazionarsi con il cliente. “Il personale nell’area di vendita – afferma – dovrà essere competente e formato per consigliare il cliente e informarlo, non solo riguardo i prodotti, ma anche fornendo informazioni per una corretta alimentazione. La tecnologia – conclude – deve ridurre la noia: si dovrà investire di più nel personale in store rendendolo partecipe, perché se le persone sono costrette a lavorare come degli automi, le macchine saranno certamente più brave a farlo”.
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