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                      Impennata del discount. Nielsen: “Nel 2018 la quota di mercato raggiunge il 18,5%”

                      Siamo nell’era della “discount disruption”, secondo il retailer director di Nielsen Italy Romolo De Camillis, che in un incontro a Milano ha commentato le performance eclatanti di un canale che, oggi, raggiunge una quota di mercato del 18,5%, con un fatturato che supera i 17 miliardi di euro. Mantenendo saldi i propri valori costitutivi, in primis il prezzo, il discount si è evoluto moltissimo negli ultimi anni, con format accattivanti e con un’offerta che oggi è in grado di competere in modo sempre più diretto con i supermercati. E ha intercettato nuove fasce di consumatori: secondo i dati Nielsen, sette famiglie italiane su 10 nel 2018 hanno varcato la soglia di un discount. E se la quota in valore detenuta dal discount è del 18,5%, quella in volumi sale addirittura al 25,7%: vale a dire che una confezione su quattro venduta in Italia proviene dal canale discount

                       

                      Dalla Redazione

                       

                      Eurospin discount Fm

                      Il nuovo layout di Eurospin a Legnago, in provincia di Verona (copyright: Fm)

                      Crescono molto più della media del settore e nel 2018 toccano una quota di mercato che per la prima volta raggiunge il 18,5% del largo consumo confezionato, con una crescita del 5% rispetto al 2017. Stiamo parlando dei discount, il fenomeno che, insieme all’e-commerce, mette sempre più in discussione il sistema della grande distribuzione organizzata, che al contrario registra trend stagnanti se non negativi. Supermercati e superstore nel 2018 si attestano su quote di mercato pari a quelle del 2015 (50,6%), mentre ipermercati e liberi servizi perdono quote (rispettivamente, nel 2018, scendono al 12,6% e 11,4%). Sono i dati emersi il 5 marzo a Milano a un incontro organizzato da Nielsen sul futuro del retail, durante il quale, come riporta Repubblica, si è parlato di un processo in atto che potremmo definire “supermarketizzazione dei discount”.

                       

                      Se dieci anni fa la proposta del canale discount era strutturata per soddisfare la domanda di un consumatore attento soprattutto al risparmio, più che alla qualità, oggi questo canale si è profondamente evoluto. Puntando su format accattivanti, con layout moderni e dinamici e con i banchi del servito, su assortimenti profondi e di qualità, sullo sviluppo di linee premium e sulla valorizzazione del made in Italy, il discount è andato così a intercettare anche nuove fasce di consumatori. La qualità? È un requisito fondamentale, per un canale che negli ultimi tempi ha investito molto sui prodotti freschi e freschissimi: sono proprio questi a trainare le vendite del discount, oggi. Vendite che nel 2018 si attestano, complessivamente, a 17,7 miliardi di euro (considerando lcc, non food e fresco a peso variabile).

                       

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                      Il reparto ortofrutta di un punto vendita Lidl a Milano, con nuova cartellonistica

                      “Siamo nell’epoca della discount disruption. – spiega Romolo De Camillis, retailer director di Nielsen Italy – In Italia quello dei discount è un canale ancora giovane, ma che costituisce la più profonda frattura del modello distributivo”. Se la quota in valore detenuta dal discount oggi arriva al 18,5%, la quota in volumi è del 25,7%: “Ciò significa – continua De Camillis, nell’articolo di Repubblica – che una confezione su quattro venduta in Italia proviene dal canale discount”. I numeri e gli indicatori sono positivi e le possibilità di conquistare e guadagnare altre fette di mercato sono consistenti. Un ruolo primario, come già sottolineato sopra, l’hanno giocato i freschi, che contribuiscono da soli al 52% della crescita dei discount. “Il loro peso nei discount, infatti, è del 35%, allineato a quello dei supermercati che è del 36%”, continua il retailer director di Nielsen Italy.

                       

                      E poi i discount sono caratterizzati da un fermento di aperture notevole: a inaugurare nuovi punti vendita non sono solo le insegne già note ma anche nuovi nomi, come Aldi che lo scorso anno è arrivato in Italia con circa 50 negozi.È proprio a partire da Aldi che Nielsen ha studiato come siano cambiati i risultati dei competitor sulla piazza, dopo che il colosso tedesco della Gdo a marzo 2018 ha aperto i primi punti. Si scopre che ad aver sofferto di più le nuove presenze sono stati gli ipermercati della zona che nel periodo settembre-dicembre 2018 hanno registrato una flessione del -3%, seguiti dagli altri discount limitrofi (-1,8%) e a stretto giro proprio dai supermercati (-1,4%).

                       

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                      Il reparto panetteria del punto vendita Aldi di Castellanza (copyright: Fm)

                      Le armi vincenti del discount? La promozionalità, “che a differenza di quanto accade per i supermercati, porta davvero a risultati di crescita”, spiega De Camillis. Le percentuale di vendite promozionate nei discount è del 14,4, con l’8,4% di referenze vendute in promozione. E poi c’è la private label, che è sempre più forte: “con i discount la marca del distributore raggiunge livelli elevati sul totale del largo consumo confezionato”. Senza i discount la quota della private label è del 19,1% per 10,3 miliardi di euro. Compresi i discount si arriva al 27,9% per 18,4 miliardi di euro.

                       

                      Tutti i fattori sopra descritti hanno portato, secondo i dati Nielsen, sette famiglie italiane su 10 a varcare la soglia di un discount nel 2018, per un totale di 18,4 milioni di famiglie. Circa 9 milioni sono lo zoccolo duro, clienti affezionati e abituali che fanno la spesa circa 59 volte all’anno (contro una media di 55 volte dei supermercati). Sono per lo più famiglie con figli sotto i 18 anni, con un reddito sotto la media (57%) e provenienti dal centro-sud (57%). Ma interessante è anche notare il profilo degli occasionali: sono per il 29% single e coppie giovani con figli, hanno un reddito sopra la media nel 53% dei casi e vivono al nord (49%).

                       

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