“Un piazzamento deludente per un paese che fa del mangiar bene un tratto forte e distintivo dell’identità nazionale e che ospiterà l’Esposizione Universale di Milano (Expo 2015) proprio sui temi della sicurezza alimentare – spiega Elisa Bacciotti, direttrice Campagne di Oxfam Italia -. L’Italia potrebbe essere al primo posto, ma nel nostro paese sempre più persone fanno fatica a mangiar sano e far quadrare il bilancio: il costo della vita in generale è alto rispetto al reddito medio degli italiani, che in proporzione spendono di più rispetto ad altri paesi e hanno meno possibilità di acquistare cibo buono a buon mercato”.
La classifica
Dai dati calcolati sulla base del Domestic Food Price Level Index, elaborato da FAO e Banca Mondiale, il Regno Unito registra la performance peggiore tra le nazioni dell’Europa occidentale: l’Inghilterra è infatti all’ultimo posto insieme a Cipro. Stati Uniti, Giappone, Nuova Zelanda, Brasile e Canada sono fuori dalla top 20. I paesi in cui la popolazione affronta le maggiori difficoltà per accedere a una quantità di cibo sufficiente con i peggiori indici di malnutrizione e di sottopeso infantile sono Burundi, Yemen, Madagascar e India. Al contrario gli Stati Uniti, il Messico, le isole Fiji, il Kuwait e l’Arabia Saudita ottengono punteggi più bassi a causa dell’alto numero di individui con diabete o affetti da obesità.
La sfida
“La possibilità di avere cibo salutare a sufficienza e a prezzi abbordabili non è così diffusa nel mondo, rileva Winnie Byanyima, Direttrice di Oxfam International. Si soffre la fame là dove i governi non sono in grado di attuare politiche efficaci per ridistribuire le risorse, dove il mercato fallisce e le persone non hanno il denaro e le risorse necessarie per acquistare tutti i beni e servizi di cui hanno bisogno”.
“Crediamo – aggiunge Bacciotti – che la fame non sia un fenomeno inevitabile e per questo lavoriamo in tutto il mondo con progetti di sostegno al reddito dei piccoli agricoltori, e soprattutto delle donne, con campagne mirate a cambiare le politiche di governi e imprese per produrre e consumare cibo in modo più equo e sostenibile, e interveniamo nelle emergenze cercando di assistere le persone colpite da siccità, carestie, conflitti e, allo stesso tempo, di risolvere le cause che hanno creato le emergenze”.
Fonte: Marieclaire