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                      “Liberi di coltivare”: un’azienda agricola nel carcere di Cuneo. Il progetto sociale di Joinfruit

                      Presentato nei giorni scorsi il progetto “Liberi di Coltivare, coltivare una rinascita” dell’OP Joinfruit e Open Baladin Cuneo, che prevede l’avvio di un’attività agricola all’interno del carcere cittadino. Un’opportunità di rieducazione e rinascita per i detenuti

                      di Maddalena De Franchis

                      Liberi di Coltivare

                      Al via nel carcere di Cuneo il progetto “Liberi di Coltivare”: nella foto al centro Bruno Sacchi (fonte: LinkedIn Joinfruit)

                      La frutta e la verdura che cresceranno qui avranno un sapore ancora più buono, il sapore della dignità. Già, perché nella serra appena inaugurata all’interno della Casa circondariale di Cuneo – 200 metri quadri, che si aggiungono agli oltre 800 metri quadri in campo aperto, recuperati da terreni abbandonati – sette detenuti saranno formati da un tecnico agronomo e coltiveranno, fra l’altro, pomodori, zucchine, verdure a foglia, fragole, mirtilli e lamponi. Parla di opportunità e di benessere realmente condiviso il progetto di agricoltura sociale “Liberi di coltivare. Coltivare una rinascita”, promosso da Joinfruit, organizzazione di produttori, e da Open Baladin Cuneo, il locale in città del noto birrificio agricolo Baladin. L’obiettivo principale del progetto consiste, infatti, nel promuovere una convivenza fondata su un concetto di sostenibilità sociale, oltre che ambientale: l’iniziativa intende, infatti, mettere al centro la persona, anche detenuta, offrendole tutta la potenzialità rieducativa e inclusiva del lavoro.

                      Il progetto

                      In un territorio fortemente vocato alla produzione agricola, “Liberi di Coltivare” intende costruire un ponte fra le persone che si apprestano ad affrontare un reinserimento socio-lavorativo e il mondo produttivo. Come? Attraverso un percorso formativo dedicato all’attività di coltivazione di ortaggi e frutta in una piccola azienda agricola, creata all’interno del carcere di Cuneo. Il progetto rappresenta, quindi, una concreta opportunità per i detenuti di formarsi e avere la prospettiva di un successivo inserimento lavorativo nelle due aziende promotrici del progetto, che si impegnano anche a collocare e valorizzare le produzioni di questa iniziativa attraverso i propri canali di vendita e ristorazione.

                      Liberi di Coltivare

                      In particolare, l’Op Joinfruit metterà a disposizione le proprie competenze agronomiche: un tecnico agronomo esperto seguirà e formerà i detenuti, insegnando un lavoro professionalizzante che darà loro la possibilità, una volta usciti dal carcere, di trovare un’occupazione, anche nella stessa Joinfruit. Open Baladin Cuneo acquisterà tutti gli ortaggi che saranno prodotti, anche grazie alla pianificazione del raccolto in funzione delle esigenze di approvvigionamento del locale. Un approccio, dunque, anti-spreco e finalizzato ad assicurare la sostenibilità economica del progetto.

                      “Una seconda chance”

                      Proprio sulla sostenibilità economica e sociale mette l’accento Bruno Sacchi, direttore di Joinfruit (Op con sede a Verzuolo, nel Cuneese, che conta 200 soci, 1800 ettari di superfici coltivate e una produzione annuale di oltre 80mila tonnellate di frutta) ed entusiasta promotore dell’iniziativa. “Al giorno d’oggi si parla tanto dei criteri Esg (acronimo che riassume i concetti di sostenibilità ambientale, sociale e di governance, ndr) come requisiti fondamentali per valutare l’impegno di un’impresa nei confronti della sostenibilità. Ecco, io ritengo che finora si sia attribuita grande importanza alla “e” di “environmental” (ambiente) e troppo poca alla “s” di “social”. Si sono tralasciati, cioè, valori ugualmente rilevanti, che guardano alle persone, al benessere condiviso e all’inclusione. Utilizzando l’agricoltura sociale come strumento di formazione e riabilitazione, desideriamo offrire ai detenuti una seconda chance: una possibilità di rinascita a nuova vita, che contribuisca a restituire loro dignità e prospettive per il futuro, favorendo, al tempo stesso, la riduzione della recidiva e migliorando il benessere della comunità, con azioni che favoriscano la sicurezza sociale”.

                      Liberi di Coltivare

                      Un percorso finalizzato all’assunzione

                      “In agricoltura, si sa, il reperimento di manodopera qualificata è un’impresa sempre più ardua – prosegue Sacchi -. Con Liberi di Coltivare investiamo sulla formazione di persone che, una volta scontata la pena carceraria, potranno essere assunte anche dalla nostra organizzazione. Sono fortemente convinto, infatti, che la reputazione vada di pari passo col business: lungi dall’essere delle mere operazioni di marketing, i nostri progetti prevedono sempre, da un lato, la ‘restituzione’ al territorio e alle comunità locali e, dall’altro, il raggiungimento, in sinergia, dei migliori risultati possibili”.

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