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                      Lollobrigida, ecco le prime sfide per difendere la Sovranità Alimentare

                      Un piano di coltivazione strategico da un milione di ettari che va oltre i limiti imposti dall’Ue sui terreni incolti. La lotta decisa al Nutriscore, all’”Italian Sounding” e a tutti quegli strumenti che possano mettere in discussione l’eccellenza del food made in Italy, compresa “l’aberrazione della carne sintetica”. Non da ultimi, contratti di filiera chiari che garantiscano al produttore un prezzo di vendita equo e competitivo, riducendo il gap che si sta generando sempre di più dall’origine allo scaffale. Ecco i principali obiettivi annunciati a Roma dal neoministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida

                      Dalla Redazione

                      Foto: pagina Facebook ministro Lollobrigida

                      Sfruttare i fondi del Pnrr per garantire la sovranità alimentare e per dare impulso a contratti di filiera che garantiscano ai produttori un prezzo di vendita equo, riducendo al contempo la forbice tra costo di produzione e prezzo al consumo; difendere il made in Italy dalle contraffazioni e anche dal capestro del Nutriscore; sottrarre il nostro piano coltivazioni dal limite europeo dei terreni incolti. Questi in sintesi i primi obiettivi strategici annunciati ieri a Roma dal neoministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida, che a poche ore dal suo giuramento deve già difendersi dalle prime critiche di chi non vede di buon grado quel nome “dagli echi nostalgici” affibbiato al nuovo dicastero.

                      “Ma quale autarchia? Anche Slow Food ha avuto parole di apprezzamento per la Sovranità Alimentare”, esordisce il neoministro mentre si appresta a varcare il portone di via XX Settembre su cui campeggia la scritta “ministero dell’Agricoltura e Foreste”, come riporta Il Corriere della Sera. Sovranità Alimentare non è un “concetto fascista”, precisa Lollobrigida, bensì la trasposizione in italiano della dicitura del ministero dell’Agricoltura francese, che il nuovo governo Meloni ha copiato proprio nell’intento di seguire l’esempio della Francia, “che ha la capacità di difendere i propri interessi nazionali e i propri prodotti di eccellenza”.

                      Venendo al programma ministeriale, sulla scrivania c’è la bozza di un piano startegico di coltivazione da un milione di ettari, che dunque prevede di superare il limite imposto oggi dall’Europa sui terreni incolti (200 mila ettari a riposo). All’Italia infatti, dice Lollobrigida, servono più terreni da coltivare, non solo per contrastare la crisi, ma anche durante i momenti fertili. “È necessaria una riforma della Pac che si liberi dall’ ideologia intrinseca del Farm to Fork, perché la sensibilità ambientale è sentita anche in Italia, che può dire di avere una delle agricolture da sempre più sostenibili”, puntualizza Lollobrigida in un colloquio con l’Ansa sulle nuove azioni da mettere in campo.

                      Un piano nazionale di coltivazione che non può prescindere da contratti di filiera chiari (finanziati nel Pnrr) che garantiscano al produttore un prezzo di vendita equo e competitivo. “Basti pensare -ricorda Lollobrigida all’Ansa -, che già prima della crisi un litro di latte, che al produttore costa circa 48 centesimi, veniva pagato al produttore 38 centesimi, mentre alla vendita al dettaglio sta tra 1,30 e 2 euro”. Squilibrio esistente anche per la carne. Altro obiettivo, quindi, è quello di “difendere i produttori agricoli da squilibri di questo tipo che pongono il settore in forte difficoltà”.

                      L’agroalimentare italiano è un settore che vale oltre 500 miliardi di euro e che nel 2021 ha fatto registrare 50 miliardi di export: tuttavia, dice il neoministro, poggia su un sistema “estremamente debole” ed era già in crisi prima della pandemia, della guerra e dei rincari. Oggi chiaramente i numeri sono ancora più negativi: il reddito netto delle aziende è drammaticamente sceso del 60%, ricorda Lollobrigida, con picchi in settori come la cerealicoltura, granivori e suinicoli che supera l’80% e “saranno in media generale oltre il 30% le aziende che chiuderanno con un reddito negativo, mentre prima della crisi del 2022 le aziende con difficoltà di questo tipo erano il 7%”.

                      A gravare di recente sulla situazione economica delle aziende agricole è stata anche la siccità, contro la quale il neoministro parla di “efficientamento delle risorse idriche attraverso un piano invasi, la riqualificazione e il potenziamento delle reti idriche. Ma anche la realizzazione di nuovi e più potenti dissalatori per produrre acqua a scopo agricolo”.

                      Al centro del  programma del nuovo ministro c’è anche la difesa della sovranità alimentare da qualsiasi strumento di classificazione che possa mettere in discussione l’eccellenza del food made in Italy. Continua dunque la battaglia contro il Nutriscor che, secondo Federalimentare, penalizza la dieta mediterranea con un’incidenza fino al 50% sull’export. Il nostro paese continuerà a sostenere il Nutrinform battery, che valuta non i singoli prodotti ma la loro incidenza nella dieta.

                      Lotta decisa quindi all’etichetta a semaforo, ma anche a nuove “degenerazioni di cui nessuno parla” come la carne coltivata in laboratorio. “Trovarsi nel piatto un prodotto così fa schifo – sono le parole testuali del neoministro riportate dal Corriere della Sera -. Noi di FdI avevamo firmato una petizione promossa da Coldiretti per contrastare questa aberrazione”. La dieta mediterranea è lo stile alimentare da sostenere e promuovere, bando ai cibi sintetici, in difesa della qualità e anche dei consumatori più deboli. E poi chiaramente lotta su tutta la linea al falso parmigiano o alla falsa mozzarella e a tutti quei prodotti del cosiddetto “Italian Sounding” che sottraggono miliardi di euro ai produttori italiani.

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