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                      Mafia: 86 misure cautelari nel messinese. Mani anche sull’ortofrutta

                      Sono 86 le misure cautelari emesse dal gip di Messina su richiesta della procura della città contro il clan di Barcellona Pozzo di Gotto che aveva messo le mani sull’ortofrutta e sulla movida della città. La cosca mafiosa, infatti, teneva in pugno gli imprenditori locali, che dovevano pagare sistematicamente il pizzo, e si era infiltrata in numerose attività imprenditoriali, compresa quella della commercializzazione di prodotti ortofrutticoli. L’ampia indagine, avviata nel 2018, era finalizzata a smantellare la famiglia mafiosa dei ‘Barcellonesi’, radicata nel territorio

                      Dalla Redazione

                      Mafia ortofrutta

                      Sono ben 86 le misure cautelari emesse dal gip di Messina su richiesta della procura. 54 persone sono finite in carcere e 27 ai domiciliari, mentre per altri cinque c’è l’obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria. Nonostante le numerose condanne, i due boss locali erano tornati alle loro attività di sempre ricostituendo di fatto la potente e aggressiva cosca dei `Barcellonesi´ di Barcellona Pozzo di Gotto che era tornata ai “fasti di un tempo” in quanto aveva il pieno controllo di tutto il territorio, che va dalla cittadina in provincia di Messina, Barcellona Pozzo di Gotto, lungo tutto la costa tirrenica, almeno fino a Milazzo e con solidi agganci con i clan di Catania e Palermo.

                      La cosca mafiosa teneva in pugno gli imprenditori locali che dovevano pagare sistematicamente il pizzo, aveva inoltre interlocuzioni con i politici locali e aveva messo gli occhi sui contributi post covid per l’edilizia. A questo si aggiungevano i racket per così dire classici per le cosche: quelli relativi alla droga, alla prostituzione e alle bische clandestine.

                      Un’attività investigativa frutto di una più ampia indagine iniziata nel 2018 e finalizzata a smantellare la famiglia mafiosa dei `Barcellonesi´, radicata nel comune di Barcellona Pozzo di Gotto, capace di esercitare un costante tentativo di infiltrazione in attività imprenditoriali, sia nel settore della commercializzazione di prodotti ortofrutticoli (attraverso l’acquisizione di imprese fittiziamente intestate o imponendo, con metodo mafioso, la fornitura dei prodotti), sia nella conduzione del business dei locali notturni e ricreativi del litorale tirrenico nell’area di Milazzo, dove, oltre a imporre i servizi di sicurezza, la cosca è spesso intervenuta per condizionare i titolari.

                      Un campionario molto ampio di reati contestati, nel quale rientrano: estorsione, associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, detenzione di armi, ma anche scambio elettorale mafioso riscontrato durante le elezioni amministrative di Barcellona Pozzo di Gotto del 4 e 5 ottobre del 2020, in pieno lockdown. In quell’occasione, un uomo di vertice dell’associazione mafiosa e alcuni politici si erano fatti una promessa: quella di fornire posti di lavoro e altre utilità in cambio di un supporto elettorale a un candidato. La cosca era tornata anche a imporre i propri buttafuori ai locali della cosca tirrenica, reinvestendo poi i proventi illeciti in attività economiche lecite, come nel caso del mercato dell’ortofrutta.

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