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                      Pomodori che crescono in grappoli come l’uva, ideali per l’urban farming

                      Pomodori ciliegini che crescono in grappoli e assomigliano a mazzi di fiori, ottimizzando così lo spazio che serve per la loro coltivazione: sono una nuova varietà di pomodori realizzata da un team di scienziati della Cold Spring Harbor Laboratory di New York guidato da Zach Lippman. Il team ha lavorato sui geni che determinano la modalità di crescita e la maturazione: i pomodori possono essere raccolti dopo soli 40 giorni, riducendo i tempi tra una raccolta e l’altra. I geni che regolano la concentrazione di nutrienti invece non sono stati toccati, il che rende questi nuovi pomodori completamente equiparabili a quelli non modificati. E anche se ad oggi in Europa non è ancora possibile coltivarli, in Usa e nei paesi dove è permesso studiare e commerciare piante geneticamente modificate potrebbe presto essere commercializzata una nuova varietà di pomodori giudicati ottimi per l’urban farming e il vertical farming. E la NASA ha già espresso il suo interesse

                      Di Valentina Bonazza

                      pomodori

                      dal sito di Cold Spring Harbor Laboratory di New York

                      I big data da tempo suggeriscono che i metodi di coltivazione attuali devono essere rivisti. Cambiamenti climatici, desertificazione, mal utilizzo delle risorse, spreco d’acqua, sostanze inquinanti nei terreni… Sono tutti elementi che fanno sì che il vertical farming e l’urban farming possano essere visti come il futuro, non troppo lontano, dell’agricoltura, e infatti molti passi sono già stati compiuti in questa direzione. Di recente, anche uno studio apparso su Nature Biotechnology afferma che nel futuro sarà quasi necessario “coltivare più cibo negli ambienti urbani per salvaguardare l’ambiente”. Ma fino ad oggi, i benefici dell’agricoltura urbana sono stati limitati dal numero ridotto di colture che possono prosperare in condizioni “limitate”. Infine, come riporta Wired, è emerso, da uno studio che ha preso in considerazione dati provenienti da tutto il mondo, che l’urban farming potrebbe produrre fino al 10% di molte colture alimentari: una buona notizia per il suo futuro e per l’ambiente.

                      Non tutti gli ortaggi però riescono ad essere coltivati adeguatamente nelle vertical farming o nelle urban farming, dove lo spazio deve essere sfruttato al meglio. I pomodori, ad esempio “non sono particolarmente facili da coltivare, anche perché occupano una discreta quantità di spazio”  scrive Jennifer Leman in Popular Mechanics. Ecco quindi che un team di scienziati ha modificato dei pomodori in modo tale da farli crescere in grappoli, come l’uva. “Assomigliano ad un bouquet le cui rose sono state sostituite da pomodori ciliegini maturi”, si può leggere in una nota stampa apparsa sul sito del Cold Spring Harbor Laboratory nello Stato di New York guidato dal professor Zachary Lippman, laboratorio dove è nata l’idea e il primo mazzo di pomodori geneticamente modificati che crescono in grappoli compatti. Invenzione che potrebbe rivelarsi particolarmente adatta per il vertical farming, perché crescendo in grappoli compatti facilitano la loro coltivazione anche negli spazi più limitati. L’altra loro caratteristica molto utile risiede nel fatto che maturano più velocemente dei normali pomodori di pari dimensioni: in meno di 40 giorni la pianta può produrre pomodori già maturi e pronti da mangiare, moltiplicando quindi il numero di raccolti in un anno.

                      I ricercatori hanno raggiunto questo risultato agendo su due geni che sono alla base della crescita riproduttiva e della dimensione delle piante di pomodori, denominati SELF PRUNING (SP) e SP5G. Modificando questi due geni, i ricercatori sono riusciti a velocizzare la crescita della pianta e la fioritura con i frutti nonché a rimpicciolire le dimensioni degli stessi frutti. Agendo poi su un terzo gene, denominato SIER, sono riusciti a limitare la lunghezza degli steli e a rendere la fioritura estremamente più compatta. È bene ricordare che gli scienziati hanno lavorato su questi tre geni contemporaneamente e le modifiche riguardano solo l’espressione dei geni coinvolti; in altre parole, nessun gene nuovo è stato introdotto, così come nessuno di quelli presenti è stato eliminato: semplicemente, si è intervenuti sulla loro espressione, modulandola in base alle esigenze identificate. Inoltre, non sono stati toccati i geni che regolano la concentrazione di nutrienti, e per questo i pomodori nuovi sono del tutto sovrapponibili a quelli di origine, anche in quanto a gusto.

                      I pomodori, si sa, sono un vegetale versatile (o frutta, botanicamente parlando), e gli scienziati hanno lavorato a lungo per migliorare il loro valore nutrizionale e il loro sapore. “Quando si gioca con la maturazione delle piante, si gioca con l’intero sistema – spiega il professor Zachary Lippman, biologo delle piante presso il Cold Spring Harbor Laboratory – e quel sistema include gli zuccheri e dove vengono prodotti, quali sono le foglie e come vengono distribuiti i frutti”. Anche se ad oggi in Europa non potranno essere coltivati, negli Stati Uniti e nei paesi dove è permesso studiare e, dopo gli opportuni test, commerciare piante geneticamente modificate ottenute tramite la tecnica CRISPR-Cas9, potrebbe presto esserci una nuova varietà di pomodori”.

                      I ricercatori si sono concentrati sui pomodori, ma dicono che strategie simili potrebbero essere usate su altre piante. Forse, in futuro, potremo mangiare anche kiwi e cetrioli che crescono in piccoli mazzi. “Posso dirvi che gli scienziati della NASA hanno espresso un certo interesse per i nostri nuovi pomodori”, conclude il professor Lippman.

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