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                      Pomodori: la crisi in Sicilia, tra calo consumi, meteo anomalo e concorrenza sleale

                      Nelle serre del ragusano e del siracusano tonnellate di ortaggi, soprattutto pomodori, rischiano di finire al macero. I consumi sono in calo, la Gdo vende a prezzi elevati ma riconosce alle aziende quotazioni che non sono sufficienti a coprire i costi di produzione; in tutto ciò la carenza di manodopera e l’inverno anomalo, con punte di 22 gradi, stanno causando un surplus di offerta. La denuncia dei produttori siciliani, alle prese anche con la concorrenza sleale dei paesi extraeuropei. “Si parla tanto di sovranità alimentare, è ora di passare ai fatti e di difendere il prodotto locale”, dichiara Giuseppe Cilio, presidente di AASSE (Associazione Agroalimentare Sicilia Sud Est) e Ceo di Italo’s Farmer

                      Dalla Redazione

                      pomodori Tgr Sicilia

                      Nelle serre del ragusano e siracusano tonnellate di pomodori stanno marcendo

                      Pomodorini che marciscono sulla pianta o cadono in terra, senza essere raccolti, “perché oggi il mercato non li vuole”. E se li vuole li paga “non più di 30 centesimi al chilo, quando il costo di produzione per le aziende locali oggi supera l’euro”. È la denuncia dei produttori di ortaggi del ragusano, che di fronte alle telecamere Rai del Tgr Sicilia parlano di una situazione a dir poco drammatica, in cui centinaia di aziende rischiano di fallire. Ad oggi nelle serre del ragusano – ma anche del siracusano – ci sono infatti tonnellate di prodotto che resta sulle piante, invenduto, e il triste destino che si prospetta è quello di finire al macero.

                      Le famiglie spendono meno, spiega il servizio Rai, la grande distribuzione paga prezzi sempre più bassi, talvolta non sufficienti a coprire i costi di produzione, e a tutto ciò si aggiungono i cambiamenti climatici, con temperature sopra la media stagionale che in queste ultime settimane stanno portando gli ortaggi a maturare più velocemente, aumentando a dismisura l’offerta.

                      “Tutto ha origine da un problema di fondo, la carenza di manodopera – ci spiega Giuseppe Cilio, presidente di AASSE (Associazione Agroalimentare Sicilia Sud Est) e Ceo di Italo’s Farmer, brand premium degli ortaggi siciliani -. Durante il periodo estivo molte aziende si sono trovate prive di operai e sono state costrette a posticipare i trapianti. A ciò si aggiunge il clima anomalo di queste ultime settimane, con temperature primaverili, giornate soleggiate e assenza di piogge: condizioni che stanno purtroppo anticipando le raccolte. Insieme questi due fattori stanno causando un surplus di prodotto sul mercato, incapace di assorbire tutta l’offerta”.

                      Spetta alla politica, puntualizza Cilio, occuparsi di queste problematiche: la carenza di manodopera, tema ormai annoso, in primis, ma anche la difesa e la valorizzazione del prodotto made in Italy, specie in momenti di emergenza come questo. Un altro aspetto che concorre alla crisi degli ortaggi siciliani infatti è la concorrenza sleale dei paesi extraeuropei, come il Marocco: secondo i produttori del ragusano e del siracusano servono maggiori controlli anche alle frontiere.

                      Cilio Tgr Sicilia

                      Giuseppe Cilio nel servizio del Tgr Sicilia

                      “Si parla tanto di sovranità alimentare – aggiunge il Ceo di Italo’s Farmer – questo è il momento di mettere in pratica le parole. Noi italiani non siamo mai stati dei bravi patrioti, in questo senso. In situazioni come questa occorrerebbe evitare l’import per dare spazio ai prodotti locali, ma noi produttori non abbiamo voce in capitolo. Solo il Governo può dire ai gruppi della grande distribuzione di regolarizzare le entrate e le uscite, favorendo il dialogo fra Gdo e produzione, in ottica costruttiva. Se la politica ci mette gli uni contro gli altri finiremo per farci male tutti”.

                      Fra le accuse mosse alla Gdo, come riporta il servizio del Tgr Sicilia, c’è anche quella di “proporre il prodotto a un prezzo molto elevato, malgrado i listini decisamente irrisori riconosciuti ai produttori”, che in queste condizioni non riescono a sopravvivere.

                      “Abbiamo tonnellate e tonnellate di pomodori rimasti sulle piante e pochissimi ordini da parte della grande distribuzione – dichiara il presidente del Consorzio di Tutela del Pomodoro di Pachino IGP, Sebastiano Fortunato -. Con questo inverno così atipico, in cui si rilevano temperature di addirittura 22 gradi, il prodotto matura velocemente e deve essere raccolto, ma senza acquirenti andrà in gran parte perduto”.

                      “Facciamo appello al nuovo Governo – continua Fortunato – che tanta sensibilità e attenzione ha mostrato verso le istanze del made in Italy, affinché ci aiuti a superare questa drammatica situazione, al fine di scongiurare la chiusura di centinaia di imprese siciliane che vivono esclusivamente sulla produzione del pomodoro. Ci sono limiti precisi che regolano il prezzo minimo di acquisto del prodotto, ma quasi mai vengono rispettati, ignorando in nome del profitto i sacrifici, la dedizione e la fatica dei tanti produttori locali che fanno ogni giorno sforzi enormi per portare sulle tavole degli italiani un prodotto unico, tra i più conosciuti e amati in tutto il mondo”.

                      “A questo – conclude il presidente del Consorzio Pachino IGP – si aggiungono rincari energetici assolutamente inaccettabili e la concorrenza sleale del pomodoro proveniente dall’estero, dove il costo della manodopera incide sul prodotto solo per un 10% rispetto al 60% dell’Italia“.

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