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                      Recompose: il progetto made in Usa per trasformare i defunti in compost

                      Compost umano per la salvaguardia del pianeta: in poche parole si parla di trasformare i defunti in “concime”. Il progetto si chiama “Recompose” e i primi risultati sono stati presentati all’American Association for the Advancement of Science. Nello Stato di Washington la legge che legalizza il progetto sarà attiva dal primo maggio 2020 e la pratica prevede il posizionamento della salma in una cassa riempita di trucioli, paglia ed erba medica. Per favorire la decomposizione, l’ambiente viene riscaldato a più di 65 gradi, in modo tale da permettere ai microbi di smaltire i corpi in poche settimane. Infatti, dopo circa 30 giorni i resti umani possono essere sparsi in un campo, tra le piante, su un albero e in modo del tutto naturale visto che, stando alle analisi effettuate, il terriccio prodotto dal compost umano soddisfa gli standard di sicurezza stabiliti dalla US Environmental Protection Agency per la presenza di metalli pesanti. C’è chi sostiene che porterà numerosi benefici in termini di impatto ambientale e chi dice che “dà un significato a ciò che accade ai nostri corpi dopo la morte”. In Italia per ora questo sistema è vietato da un regio decreto. Esiste però un progetto leggermente diverso e più legato alla spiritualità che al mero bisogno ambientale: Capsula Mundi

                      Dalla Redazione

                      Recompose

                      Rendering futuristico di come potrebbe apparire “Recompose”

                      Negli Stati Uniti, e in generale nei paesi di cultura anglosassone-protestante, i “cimiteri verdi”, ovvero i boschi nati dalla trasformazione biologica e naturale del corpo umano, sono diffusi da tempo. Ma è lo Stato di Washington il primo negli Usa ad approvare il compost umano: la legge, come riporta il Messaggero, è stata approvata dal governatore democratico Jay Inslee nel 2019 ed entrerà in vigore da maggio 2020.

                      In cosa consiste?  Si tratta di un’alternativa, dopo la morte, alla tradizionale sepoltura o cremazione. Il processo, conosciuto come “recomposition“, consiste nel collocare il corpo del defunto all’interno di un contenitore per farlo decomporre in un terreno ricco di nutrienti e restituirlo eventualmente alle famiglie o spargerlo in un campo. In poche parole, il defunto viene trasformato in concime.

                      Recompose, l’azienda che a Seattle ha avviato il primo impianto di compostaggio umano dove i defunti saranno trasformati in terriccio, ha presentato i risultati dei suoi esperimenti al meeting dell’American Association for the Advancement of Science, riporta La Repubblica.

                      Recompose

                      Katrina Spade, fondatrice e Ad di Recompose

                      Le preoccupazioni sui cambiamenti climatici sono state un fattore determinante e il motivo per cui tantissime persone hanno già espresso interesse per il servizio – spiega alla BBC News Katrina Spade, fondatrice e Ad di Recompose -. Abbiamo già oltre 15 mila persone iscritte alla nostra newsletter. Il progetto è andato avanti molto rapidamente a causa dell’urgenza dei cambiamenti climatici e della consapevolezza che dobbiamo intervenire”, aggiunge Spade, spiegando di aver avuto l’idea di una riduzione organica naturale circa 13 anni fa, quando a soli 30 anni ha iniziato a riflettere sul proprio lascito.

                      La scienziata del suolo Lynne Carpenter-Boggs della Washington State University di Pullman, dopo aver portato a termine una serie di sperimentazioni, ha dimostrato che attraverso questa nuova tecnica i microbi riescono a smaltire i corpi in poche settimane. Dopo 30 giorni i resti umani possono essere sparsi in un campo, tra le piante, su un albero. In modo del tutto naturale, visto che stando alle analisi effettuate, il terriccio prodotto dal compost umano soddisfa gli standard di sicurezza stabiliti dalla US Environmental Protection Agency per la presenza di metalli pesanti. Come riporta l’Agi “Sebbene il processo sia in realtà piuttosto semplice, ci sono voluti quattro anni di ricerca scientifica per perfezionare la tecnica – spiega Lynne Carpenter Boggs, che si è occupata dello studio -. Il compostaggio del bestiame è una pratica consolidata nello stato di Washington, dovevamo solo capire – prosegue la ricercatrice – come adattare la tecnica ai tessuti umani e garantire che i resti”.

                      Secondo i promotori, il procedimento ha quindi un buon impatto positivo a livello ambientale perché i resti umani non lasciano tracce negative nei terreni: non percolano sostanze chimiche nel suolo, come accade invece nel caso della tradizionale sepoltura, né rilasciano anidride carbonica in aria, come nel caso della cremazione. “Dà un significato a ciò che accade ai nostri corpi dopo la morte” ha detto Nora Menkin, direttore esecutivo di People’s Memorial Association, ente che aiuta a programmare i funerali. La “recomposition” porterà però anche vantaggi economici perché costa meno di un funerale. La spesa media sarebbe di 5mila e 500 dollari contro gli almeno settemila per una tradizionale sepoltura (dati per il 2017 della National Funeral Directors Association) come riporta il Messaggero.

                      Il compost è dunque l’ultimo trovato della scienza per smaltire i cari estinti con riguardo alla salvaguardia del pianeta. La pratica prevede il posizionamento del corpo in una cassa riempita poi con trucioli, paglia ed erba medica. Per favorire la decomposizione l’ambiente viene riscaldato a più di 65 gradi.

                      Recompose

                      i designer Anna Citelli e Raoul Bretzel, creatori del progetto

                      E in Italia? Per ora un regio decreto del 1934 impedisce la creazione di boschi della memoria in Italia ma in realtà già parecchie imprese funebri offrono il funerale green con l’interramento delle ceneri in un terreno dedicato.

                      Sono però presenti dei progetti simili in fase di start up. Nel nostro Paese, infatti, accanto all’inumazione in bare, è prevista solo la cremazione e la dispersione per le ceneri. È però attivo il progetto Capsula Mundi: un contenitore dalla forma arcaica che richiama quella dell’uovo, realizzato con un materiale biodegradabile, nel quale viene posto il corpo del defunto in posizione fetale o le ceneri. Da lì nascerà un  albero “simbolo di unione tra cielo e terra, segnerà il luogo della memoria della persona scomparsa – raccontano i creatori del progetto, i designer Anna Citelli e Raoul Bretzel -. Albero dopo albero, il cimitero diventerà un bosco, un luogo libero da segni e da architetture commemorative. Un posto in cui andare a passeggiare o portare i bambini a riconoscere le diverse essenze. Un bosco custodito e protetto dalla collettività: un bosco sacro”.

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