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                      Rincari ortaggi, chi fa i meme sa cosa c’è dietro a un chilo di zucchine?

                      Ortofrutta, lievitano i prezzi al consumo delle principali referenze, “con un divario medio origine/scaffale del +300%” avverte Cia. I consumatori intanto si indignano, è comprensibile, ma in quanti sanno cosa sta realmente accadendo in campagna? Gira in questi giorni sui social un meme sulle zucchine a 4 euro al chilo: fa riflettere, ed è sconcertante per chi quelle zucchine le produce e da mesi si barcamena fra rincari di ogni tipo, che vanno ben oltre il +20% del prezzo al consumo di questo ortaggio. Ne abbiamo parlato con Laura Damiani, direttrice di produzione della Orsini & Damiani

                       di Carlotta Benini

                      “Le zucchine a 4 euro al chilo perché la Russia ha chiuso il zucchinodotto”. È un meme che sta girando da qualche giorno su Facebook, terra di tuttologi e “grandi pensatori”, a commento degli ultimi rincari subiti dall’ortofrutta, in un contesto in cui i prezzi di tutti i beni alimentari stanno lievitando sull’onda di un’inflazione ai massimi storici. Posto che gli ortofrutticoli non sono nemmeno tra le voci che hanno subito il maggiore aumento di prezzi al consumo (olii di semi, burro, riso, grassi vegetali, pasta, latte conservato e farina svettano più in alto in classifica, vedi indagine dell’Unione Nazionale Consumatori sui dati Istat), fa specie che nell’italiano medio scatti subito l’indignazione quando  compra al supermercato un frutto o un ortaggio che costa più di 99 centesimi al chilo – questo prezzo ormai sdoganato che tanto nuoce al settore, specie in un momento difficile come questo -, mentre i prezzi del pane o della pasta, i primi a essere lievitati in modo spropositato, si accettano più di buon grado. E intanto si pontifica nascosti dietro a una tastiera, magari quella dell’ultimo iPhone.

                      “Qualche volta vedo, anche tra i miei contatti, persone che si indignano per l’aumento dei prezzi dei prodotti ortofrutticoli, come se quel centesimo in più da pagare al kg incidesse sulla loro economia in maniera pesante. Ci rimango male, perché mi piacerebbe tanto capire se ci si rende conto di quanto gli aumenti, a partire dall’energia e dal gasolio, per passare ai rincari di tutte le materie prime, gravino principalmente sulla produzione di alimenti e che probabilmente in tasca di chi produce non rimanga praticamente nulla. Anzi, forse spesso si è in perdita”. Le parole sono quelle di Laura Damiani, direttrice di produzione della Orsini & Damiani, azienda di Monteprandone (Ap) specializzata in ortaggi di prima gamma evoluta e pioniera in Italia degli spaghetti vegetali, che su Facebook dà sfogo alle sue perplessità di fronte al percepito che l’utente medio ha della situazione attuale. Situazione che vede il settore ortofrutticolo profondamente vessato tra rincari di ogni tipo e una deflazione o stagflazione che dir si voglia che sta diventando un fenomeno sempre più preoccupante, con un divario medio origine/scaffale del +300% (leggi qui l’allarme lanciato da Cia)

                      “Forse la colpa è anche nostra – ci racconta Laura Damiani, a cui abbiamo chiesto un commento più approfondito sulla situazione – che fino a oggi non siamo stati capaci di comunicare cosa c’è dietro a quel vassoio di zucchine, che prendi e porti a casa in due minuti. Dobbiamo essere più bravi e far sentire di più la nostra voce, per fare capire alle persone che in fondo siamo tutti sulla stessa barca”.

                      Laura Damiani

                      Laura Damiani, direttrice di produzione della Orsini & Damiani di Monteprandone

                      Incuriositi dal meme sulle zucchine che Damiani ha fatto circolare sulla chat delle Donne dell’Ortofrutta, di cui è socia, siamo risaliti al post originale di Facebook pubblicato da tale tuttologo da tastiera che non stiamo nemmeno a nominare, tanto il suo profilo ci pare basso. Ma ancor più agghiaccianti sono alcuni commenti del post, dove si parla di prezzi elevati “perché le zucchine sono in contro stagione”, o ancor peggio “sono importate”: segno evidente che il consumatore medio è piuttosto ignorante in materia.  Certo, nessuno – o solo in pochi lo fanno – pensa che queste famigerate zucchine a 4 euro al chilo costano così perché sono state seminate quando in Italia c’erano 40 gradi all’ombra, l’acqua scarseggiava e per contro le prime bollette estive erano già esondate. Per non parlare di tutti gli altri rincari di filiera, dal packaging ai concimi, dai semi alle piantine: “Da inizio anno i listini degli imballaggi sono cambiati già tre volte e siamo a un buon 15% di media di aumento – rivela la direttrice di produzione della Orsini & Damiani -. Il trasporto ha subito aumenti del 23%, i concimi sono cresciuti dal 50% al 70% in base alla tipologia, le bobine tubetti per l’irrigazione del 70%, le piantine e i semi del 10% in media. E poi ci sono i più noti rincari che riguardano il gasolio, cresciuto del 42%, e l’energia elettrica, aumentata del 150%”.

                      Che fare, quindi? “Come ho detto, le mie parole sono anche un mea culpa – continua Laura Damiani -. Sul lavoro sono abituata a mettermi sempre in discussione e in questo caso mi rendo conto che il problema a volte siamo anche noi, che per anni, quando le cose andavano bene e c’era molta produzione, ci siamo nascosti dietro a quello 0,99 euro al chilo che nella mentalità comune è diventato lo standard dell’ortofrutta e che in questo momento di crisi rischia di fare saltare tutto. Le aziende oggi fanno fatica a programmare il futuro, perfino a pensarlo. Oggi non ce n’è più tanto di prodotto. Alcune aziende la scorsa estate hanno piantato di meno, perché non avevano la forza economica per farlo. Perché oggi si vive sulla difensiva”.

                      “Guadagnare? In questo momento è un sogno, l’obiettivo sarebbe riuscire a coprire i costi di produzione e sopravvivere – conclude Laura Damiani -. Le zucchine? Non sono nemmeno un principale prodotto che trattiamo, ma le comprano tutti. Per questo sono indicative della situazione e del gap che c’è fra quello che avviene in campagna e il percepito del consumatore”.

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