Una straordinaria occasione di visibilità per il Made in Italy insomma rischia di rivelarsi invece la porta d’accesso per l’invasione di migliaia di tonnellate di prodotti e generi alimentari che, attraverso sofisticati meccanismi di alterazione, sofisticazione e contraffazione, sono commercializzati senza esserlo come prodotti tipici italiani o come eccellenze italiane per un valore che potrebbe superare i 60 miliardi. Un pericolo che, fa sapere in rapporto, va affrontato con stringenti misure di rafforzamento dell’attività di controllo sui flussi commerciali e con una maggiore trasparenza sulle informazioni in etichetta sulla reale origine degli alimenti.
Centinaia le inchieste condotte l’anno passato da carabinieri e magistratura che hanno evidenziato casi eclatanti di truffe alimentari: i limoni sudamericani commercializzati come limoni della penisola sorrentina; agrumi nordafricani spacciati per agrumi siciliani e calabresi e grano canadese che entra attraverso i porti pugliesi facendolo diventare puro grano della Murgia, con il quale si produce il pane di Altamura.
Situazione ancora più preoccupante quella di olio e pomodoro. Tonnellate e tonnellate di olio provenienti da Tunisia, Marocco, Grecia e Spagna annualmente entrano in Italia per produrre un olio comunitario che viene miscelato con lo straordinario olio extravergine d’oliva italiano al fine di poter raddoppiare illegalmente i profitti e collocare sul mercato milioni di bottiglie di apparente olio italiano.
Ma la criminalità non si ferma ai soli produttori e investe tutta la filiera: dall’acquisto di terreni, alla gestione della manodopera agricola, fino ad occuparsi di produzione, trasporto e stoccaggio della merce. Ma anche supermercati e ristoranti non sono esenti e anzi, rappresentano uno dei settori maggiormente a rischio. Si parla addirittura di circa 5mila locali nelle mani della criminalità organizzata, dai bar alle trattorie, ai ristoranti di lusso fino agli aperibar alla moda.