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                      Sos caldo, per l’Inps scatta la cassa integrazione. E nei campi?

                      Il caldo africano portato dall’anticiclone Caronte sta “bruciando la frutta e la verdura nei campi”, dice Coldiretti, causando allarme anche sul fronte del lavoro. Se le temperature superano i 35 gradi, infatti, per chi svolge una mansione faticosa e all’aperto, “in luoghi non proteggibili dal sole”, è possibile richiedere la cassa integrazione ordinaria. Lo prevede l’Inps già dal 2017. Vale anche per chi lavora in campagna?

                      dalla Redazione

                      Cassa integrazione ordinaria per il troppo caldo? È possibile farne ricorso quando le temperature superano i 35 gradi, se si lavora in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l’utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore. Lo prevede l’Inps dal 2017, secondo quanto riportato in un decalogo dell’Inail sul lavoro in caso di alte temperature, come riporta Il Sole 24 Ore. Le alte temperature possono essere anche solo percepite: “Si chiarisce – spiega infatti l’Inps – che possono costituire evento che dà titolo al trattamento di integrazione salariale temperature percepite superiori a 35 gradi, ricavabili anch’esse dai bollettini meteo, seppur la temperatura reale è inferiore al predetto valore”.

                      L’Inps ha avvertito che i fenomeni climatici estremi sono stati posti in relazione con un aumento del rischio di infortunio sul lavoro e nel 2022 ha dato indicazioni su quali sono i settori per i quali si può chiedere la cassa integrazione ordinaria in caso di temperature superiori ai 35 gradi. “Ne sono esempio – si legge nella specifica – i lavori di stesura del manto stradale, i lavori di rifacimento di facciate e tetti di costruzioni, le lavorazioni all’aperto che richiedono indumenti di protezione, ma anche tutte le fasi lavorative che, in generale, avvengono in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l’utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore”.

                      Dunque anche i lavoratori nei campi rientrano in queste casistiche? Verrebbe da pensare di sì.

                      Proprio in questi giorni Coldiretti lancia l’allarme sull’anticiclone Caronte, con il caldo torrido che sta “bruciando” la frutta e verdura nei campi, con ustioni che provocano perdite, dall’uva ai meloni, dalle angurie alle albicocche, dai pomodori alle melanzane, secondo il primo monitoraggio effettuato dall’associazione. “La morsa del caldo – sottolinea la Coldiretti – sta facendo danni a macchia di leopardo lungo la Penisola, con gli agricoltori che cercano di correre ai ripari ombreggiando i prodotti, anche attraverso erba e foglie come barriere naturali”. “Le scottature da caldo – prosegue Coldiretti – danneggiano in maniera irreversibile frutta e verdura, fino a renderle invendibili. Si cerca di anticipare il raccolto quando possibile, si provvede al diradamento dei frutti sugli alberi, eliminando quelli non in grado di giungere a maturazione, per cercare di salvare almeno parte della produzione. Ma il caldo torrido ostacola pure le operazioni agronomiche e di raccolta che devono essere sospese nelle ore più bollenti per tutelare la salute dei lavoratori mentre diventa impossibile lavorare nelle serre”.

                      Tornando alla possibilità di richiedere la cassa integrazione ordinaria per il caldo torrido, Inps e Inail fanno però presente che, indipendentemente dalle temperature rilevate nei bollettini, questa viene riconosciuta solo se il responsabile della sicurezza dell’azienda dispone la sospensione delle lavorazioni in quanto ritiene sussistano rischi o pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori, “ivi compresi i casi in cui le sospensioni siano dovute a temperature eccessive”.

                      Nuove problematiche che si aggiungono dunque alla già annosa questione della carenza di manodopera, che diventa un’emergenza nelle grandi stagioni di raccolta? Speriamo di no. Vero è – ci permettiamo di aggiungere – che oggi tutto quello che riguarda il meteo fa notizia. Eppure 35, anche 40 e passa gradi a luglio inoltrato non sembrano una condizione poi così fuori dall’ordinario. Anche nel nostro Paese, anche in tempi di sconvolgimenti climatici come questo.

                      Intanto nel veronese le associazioni datoriali e sindacali Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Cgil, Cisl e Uil hanno condiviso un protocollo per affrontare queste settimane da bollino rosso, come riporta Rai News. Turni di lavoro anticipati a prima delle sei del mattino o spostati di notte dopo le 22 e un kit per i braccianti agricoli con cappello di paglia a tesa larga e borraccia sono le principali misure consigliate dall’ente bilaterale Agribi, che sta spiegando ad aziende e braccianti cosa fare per limitare i rischi. Lo Spisal ha stilato un vademecum che prevede anche di garantire zone ombreggiate, aree di ristoro, pause, e l’assunzione costante di acqua fresca.

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