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                      Spagna, campagna disastrosa per i limoni: 400 mila tonnellate di frutti non raccolti

                      L’ondata di impianti messi a dimora negli ultimi cinque anni dalle grandi aziende agricole ha causato in Spagna un eccesso di offerta di limoni, con un mercato attuale incapace di assorbire il surplus produttivo e 4 milioni di chili di frutti che restano attaccati alla pianta. L’Upa, che lancia l’allarme, si è incontrata con il Ministero dell’Agricoltura e ha proposto un piano shock per salvare i piccoli produttori di limoni, monitorando la situazione anche dal punto di vista della pratiche sleali

                      Dalla Redazione
                      limoni Spagna

                      I produttori di limoni spagnoli stanno affrontando una campagna “rovinosa”. A lanciare l’allarme è l’UPA, l’Unione dei Piccoli Agricoltori e Allevatori, che riferisce che il mercato è saturo e che ci sono 400 mila tonnellate di limoni che sono rimasti sulle piante, non raccolti.

                      Il responsabile del settore limoni dell’UPA, Antonio Moreno, ha spiegato la situazione disastrosa affrontata dai produttori. Secondo lui, negli ultimi cinque anni sono state realizzate nuove piantagioni di limoni, soprattutto da parte dei grandi proprietari terrieri, incoraggiati dalla stabilità dei prezzi e dalle possibilità di questo prodotto sul mercato d’esportazione. Queste piantagioni hanno ormai causato una situazione di saturazione del mercato interno e delle esportazioni, che non mostrano alcuna possibilità di crescita.

                      A inizio aprile l’UPA ha incontrato i funzionari del Ministero dell’Agricoltura, ai quali ha presentato le sue proposte per cercare una soluzione alla crisi dei piccoli coltivatori di limoni. L’organizzazione chiede di attivare una misura “standard” per eliminare il prodotto equamente tra tutti i produttori. “Senza questa misura, quelli che saranno costretti a ritirare il prodotto saranno i piccoli produttori”, dichiara Moreno. L’UPA ha anche proposto una modifica dei regolamenti sulle OP per non incoraggiare nuove piantagioni.

                      L’organizzazione agricola ha inoltre chiesto all’Agenzia di informazione e controllo alimentare (AICA) di rafforzare la sorveglianza per evitare che vengano firmati contratti al di sotto dei costi di produzione, stimati in 0,25 euro/kg (mentre i contratti si chiudono a 0,08 euro/kg).

                      L’UPA denuncia che quest’anno si stanno verificando pratiche irregolari nella marcatura della quota di scarto. Tale negligenza consiste nel fatto che l’intermediario, dopo aver ritirato la merce dell’agricoltore, “segnala” che una certa percentuale è considerata “rifiuto”. “Un processo che deve essere trasparente e concordato da entrambe le parti, e non unilaterale”, precisa l’UPA.

                      L’Unione dei Piccoli Agricoltori ha chiesto infine un maggiore controllo alle frontiere per le importazioni, che provengono principalmente dal Sudafrica e dall’Argentina. I produttori mostrano anche preoccupazione per l’evoluzione delle esportazioni dal Marocco e dall’Egitto, che competono con le produzioni spagnole in termini di periodo dell’anno, e sul cui rigore fitosanitario ci sono “dubbi fondati”.

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