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                      Il carrello degli anziani, frutta e verdura in testa ma la crisi pesa ancora

                      Secondo una ricerca di Auser, Spi Cgil e Fondazione Di Vittorio, in Italia la crisi ha influito notevolmente sulla dieta e sulle abitudini di consumo degli anziani, che spesso a causa del portafoglio devono sacrificare la qualità e la varietà della propria alimentazione. Così alla carne e agli alimenti più costosi si preferiscono frutta fresca, pane e verdure, mentre per fare la spesa si scelgono soprattutto i discount e i mercati rionali, abbandonando i supermercati più tradizionali e costosi. Quasi il 18% degli intervistati ha diminuito quantità e qualità dei pasti: quando non riguarda le classi in condizione di povertà, il risultato è perlomeno un’alimentazione poco equilibrata

                       

                      di Massimiliano Lollis

                       

                      Anziani

                      Sono la frutta fresca e le verdure alcuni tra gli alimenti più consumati dagli anziani italiani: è quanto emerge da una ricerca di Auser, Spi Cgil e Fondazione Di Vittorio riportata recentemente dal quotidiano La Repubblica. L’indagine, che ha analizzato le risposte contenute in 7.241 questionari da parte di persone con un’età media di 70 anni residenti in tutta Italia, con diversi livelli di istruzione e di reddito da pensione, ha messo in luce quanto la crisi economica abbia inciso profondamente sul paniere della spesa degli anziani. Il 17,7% degli intervistati ha infatti diminuito quantità e qualità dei pasti giornalieri a causa della crisi, che ha colpito maggiormente gli over 75, le persone meno istruite, quelle che vivono sole, quelle con le pensioni più basse e quelle che vivono al Sud e nelle Isole.

                       

                      Gli alimenti consumati quotidianamente dalle persone anziane sarebbero quindi in prevalenza frutta fresca e pane (per circa l’85% del campione), seguiti da ortaggi e verdura (consumati quotidianamente da circa il 48% in tutte le classi di reddito). Per il resto, i prodotti a base di cereali sono sulle tavole di oltre la metà delle persone intervistate (52,4%), mentre porzioni quotidiane di legumi sono nel piatto del 7,5% degli anziani. Per la stragrande maggioranza degli intervistati, la frequenza del consumo di alimenti proteici di origine animale come la carne, i formaggi, il pesce e le uova, è invece piuttosto bassa, pur con le differenze regionali del caso.

                       

                      Va poi considerato che il nuovo paniere che risulta dalla ricerca per coloro che dichiarano una diminuzione del cibo consumato non implica necessariamente, se non per le fasce sociali in condizione di povertà, un rischio di insufficiente alimentazione, quanto invece un’alimentazione meno equilibrata. Per questa parte del campione statistico, tra gli alimenti assunti più frequentemente si osservano così i cali maggiori: frutta fresca e ortaggi, che sono indicati come preferiti, rispettivamente, dal 23,7% e dal 33,8% del totale degli intervistati, scendono al 11,1% e 17,8% tra chi ha sofferto la crisi in modo più marcato.

                       

                      Alimenti consumati e loro frequenza giornaliera e settimanale

                      Alimenti consumati e loro frequenza giornaliera e settimanale

                      Lo studio non si è però limitato a comporre il paniere abituale degli anziani ma ha anzi indagato a fondo anche le loro abitudini di acquisto, come la scelta dei canali distributivi: infatti chi soffre maggiormente la crisi fa la spesa soprattutto nei discount (38,7% contro 20,9% di chi non ne ha subito particolarmente le conseguenze), così come nei mercati rionali (31,7% contro 22,6%), abbandona i supermercati tradizionali (49,8%, contro 82,8% del totale degli intervistati), ma utilizza in maniera simile i negozi di quartiere (22,3% contro 25,4%). Infine, per quanto non cambi la frequenza con cui si fa la spesa settimanalmente, coloro che hanno diminuito i pasti tendono ad essere abitudinari, acquistando sempre nello stesso punto vendita (56,5% contro 46,9%).

                       

                      Ciò che emerge dalla ricerca è quindi un mosaico di situazioni socio-economiche diverse tra loro seppure accomunate dalla condizione anagrafica: è anche il ritratto di una generazione in molti casi costretta a dover sacrificare la qualità e la varietà dell’alimentazione a causa della scarsa disponibilità finanziaria.

                       

                       

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