Dalla Redazione
Le 5 porzioni al giorno di frutta e verdura raccomandate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sono un mantra ormai assodato, ma pochi sanno che è consigliato consumare 3 porzioni di frutta e 2 di verdura. Dalla ricerca condotta dall’Osservatorio Melinda è emerso che solo il 12% dei genitori intervistati riesce a far mangiare ai figli 3 porzioni di frutta al giorno, il 46% si avvicina al traguardo con 2 porzioni al giorno mentre il restante del campione afferma che i figli la consumano una sola volta al giorno o non quotidianamente. Il 74,6% dei genitori afferma inoltre che i propri figli preferiscano la frutta fresca a quella trasformata, consumata soprattutto a merenda, e tra la frutta più apprezzata vince la banana (85,8%), seguita subito dopo dalla mela (79,6%), fragola (49,2%) e pera (44,2%). Il quadro è comunque positivo, ma si può sempre migliorare. L’Osservatorio Melinda propone quindi alcune strategie per far mangiare più frutta e verdura ai propri figli, ricordando che una regola base è dare il buon esempio.
Il 98% dei genitori intervistati sa quanto è importante mangiare la frutta, ma non sa bene come inserirla nell’alimentazione dei propri figli. La parola d’ordine è “equilibrio”, come afferma Dario Benedini, medico, nutrizionista e presidente della commissione medica del Cai Brescia: “I primi 1000 giorni di vita (dal concepimento al 2° anno del bambino) sono il periodo di maggiore plasticità del corpo, quindi fondamentali per promuovere la salute futura di un individuo, soprattutto attraverso un’alimentazione adeguata. La frutta e la verdura contengono sostanze bioattive capaci di modulare il metabolismo dell’organismo contribuendo alla costruzione e al mantenimento del benessere psico-fisico. Le sostanze svolgono attività antiossidante, antiinfiammatoria, detossificante, antibatterica, antivirale, inoltre stimolano il sistema immunitario, modulano il metabolismo degli ormoni e hanno un ruolo antitumorale, sia singolarmente che sinergicamente. Gli effetti esercitati dalle sostanze bioattive sull’organismo dipendono sia dall’azione diretta sia dalla favorevole modulazione esercitata sulla composizione quantitativa e qualitativa dei batteri intestinali (microbiota) e conseguentemente sulla loro funzione (microbioma).”
Quindi come incoraggiare al consumo di frutta anche il più difficile dei bambini? Daniela Quaresmini, psicologa e curatrice, svela i propri assi nella manica insieme a Dario Benedini del progetto formativo “Cibo giusto con gusto”.
“Se si associa il mangiare la frutta a un bel momento, divertente e piacevole – afferma Daniela Quaresmini -, il bambino desidererà rivivere quella sensazione. Le fiabe inventate con i bambini possono sviluppare il desiderio di mangiare in compagnia del personaggio creato. Un esempio? Il Mago che prepara una merenda con un pizzico di fragole, un pizzico di mela e un pizzico di banana crea un piatto con super poteri”.
Anche i genitori sono d’accordo. Per il 55% la macedonia è infatti lo stratagemma più efficace per far mangiare la frutta ai loro bimbi. Ma non finisce qui. La dottoressa ricorda a tutti che “È bene mangiare in un’atmosfera tranquilla, a orari definiti e mai davanti alla televisione perché i bimbi, distratti dalle immagini, finiscono per mangiare più del dovuto. Buona norma è poi introdurre la frutta all’interno di piatti che il bimbo già conosce e apprezza”.
“Il processo di familiarizzazione e accettazione di un alimento non è immediato. Ci vogliono tempo, costanza e assaggi ripetuti, fino a 15-20 volte nell’arco di 2-3 settimane, sperimentando diverse modalità di preparazione – continua la psicologa -. Il giorno successivo, si ritenterà di nuovo, magari con un frutto diverso, continuando a dare il giusto esempio e senza arrendersi di fronte ai rifiuti, senza però utilizzare il cibo come ricompensa o strumento di ricatto.”
E poi diciamocelo, dobbiamo essere i primi a dare il buon esempio. “L’accettazione di nuovi alimenti è più facile quando i bambini osservano gli adulti incoraggiarne il consumo con commenti entusiastici ed espressioni facciali di piacere. Non ci si può aspettare che un bambino mangi la frutta se noi siamo i primi a non toccarla!” conclude l’esperta.
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