Il 15 settembre è ripartita anche in Italia la campagna love paper: una campagna a livello globale che vuole promuove le qualità sostenibili della carta, della stampa e dell’imballaggio. Gestita da un’organizzazione no profit, Two Sides, la campagna cerca di informare e divertire i consumatori con informazioni utili sulle qualità, anche ambientali, della carta, della stampa e degli imballaggi in carta e cartone. Un argomento importante e che solo di recente vede i consumatori più consapevoli dell’impatto ambientale degli acquisti che fanno e degli imballi che scelgono. Qui la riflessione di Claudio Dall’Agata, direttore del Consorzio Bestack, che già a Macfrut 2009 spiegavano e dimostravano che non era l’industria della carta a depredare l’Amazzonia e a impattare negativamente sull’ambiente

di Claudio Dall’Agata (direttore Consorzio Bestack – consorzio non profit imballaggi in cartone ondulato)

A sx la locandina di Bestack a Macfrut 2009, a dx la campagna love paper

Le regole della comunicazione sono chiare: per ottenere buoni risultati occorre avere un messaggio semplice e forte, identificare con chiarezza il proprio target di riferimento, utilizzare gli strumenti di comunicazione correlati al target e garantire visibilità adeguata al messaggio nel momento giusto. Regole chiare in termini teorici, ma quando si declinano nella realtà il tutto si complica per vari motivi. Ad esempio, molto spesso non si dispone delle risorse economiche sufficienti, ma anche perché il grado di efficacia dipende dal contesto, dal momento, dell’interesse sul tema di chi fa tendenza, e ancora dall’opinione pubblica, dagli influencer, dai trend setter o dai market driver.

Questa mia riflessione nasce dall’impatto che ha avuto la campagna love paper, partita il 15 settembre di quest’anno. Anzi sarebbe meglio dire “ripartita”, in quanto è l’edizione 2020 di Two Side, campagna promossa da Cepi, organizzazione dei produttori di carta europei, e ripresa poi in Italia da Assocarta. La campagna vede un sito dedicato che contiene informazioni semplici, tra miti da sfatare e studi da condividere, e soprattutto vede in appoggio una campagna media generalista sui principali quotidiani.

Certamente i mezzi fanno la differenza e una pagina su La Repubblica ha un peso diverso rispetto al mare magnum della rete ma, parafrasando Oscar Wilde, l’interesse è anche negli occhi di chi guarda. Sì, perché oggi il tema dei materiali di imballaggio è di opinione pubblica: è emersa l’isola di plastica negli oceani, l’Unione Europea ha promulgato – a gennaio 2019 – direttive specifiche sulla plastica monouso, la plastic tax è stata definita anche se posticipata, solo per fare degli esempi. Quindi, indipendentemente dall’essere professionisti o meno, sul tema ora siamo attenti e informati.

È quindi un doppio orgoglio che il settore di produzione carta e cartone oggi riesca a comunicare certamente con una maggiore efficacia di un tempo, e soprattutto con un messaggio che avevamo anticipato ben undici anni fa. Lo avevamo inserito nel nostro stand di Macfrut 2009, a questo link potete vedere le “prove”. Insomma, undici anni fa eravamo intenti a dimostrare che le nostre produzioni piantavano alberi e non era l’industria della carta a depredare l’Amazzonia. Nel 2020 possiamo dire che ci avevamo visto giusto ma eravamo solo un po’ in anticipo e che, oltre a Macfrut 2009, ci sono mancate “solo” le risorse per investire già da allora anche su altri canali più generalisti come love paper. Meglio tardi che mai?

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