Dalla Redazione
La Camera ha approvato in via definitiva la nuova legge contro il caporalato, fortemente voluta dal ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina e dal ministro della Giustizia Andrea Orlando. Dopo l’approvazione al Senato dello scorso agosto, Montecitorio ha dato l’ok alle norme che prevedono il carcere fino a sei anni per chi sfrutta i lavoratori dell’agricoltura, con 346 voti a favore e nessun contrario. Il provvedimento riscrive la norma precedente indicando innanzitutto un inasprimento delle pene: d’ora in poi saranno sanzionabili, anche con la confisca dei beni, non solo gli intermediari illegali, ma anche i datori di lavoro consapevoli dell’origine dello sfruttamento. Oltre alle multe è prevista la reclusione da uno a sei anni; se poi i fatti sono commessi mediante violenza e minaccia, la pena aumenta da cinque a otto anni ed è previsto l’arresto in flagranza.
Le nuove norme individuano come indice di sfruttamento “la corresponsione ripetuta di retribuzioni difformi dai contratti collettivi e la violazione delle norme sull’orario di lavoro e sui periodi di riposo”, in pratica salari troppo bassi e straordinari non pagati. Altri parametri presi in considerazione per indicare lo sfruttamento sono le violazioni delle regole per la sicurezza nei luoghi di lavoro, la sottoposizione a metodi di sorveglianza e anche le situazioni in cui i lavoratori sfruttati vengono alloggiati.
Tra le novità della normativa c’è anche il potenziamento della Rete del Lavoro Agricolo di Qualità, come strumento di controllo e prevenzione del lavoro nero in agricoltura. Proprio nei campi il fenomeno registra da sempre la sua maggior rilevanza per lo sfruttamento dei lavoratori stranieri impiegati nelle raccolte stagionali.
“Sulla dignità non si tratta” è il commento a caldo del ministro Martina. “ Ora abbiamo più strumenti utili per continuare una battaglia che deve essere quotidiana. – continua – E l’agricoltura si è messa alla testa di questo cambiamento, che serve anche a isolare chi sfrutta e salvaguardare le migliaia di aziende in regola che subiscono una ingiusta concorrenza sleale. È ancora più importante averla approvata oggi che la campagna agrumicola è alle porte”.
Entusiaste anche le reazioni dei sindacati, che parlano di legge “buona e giusta” e di “un vero traguardo di civiltà”. “Ci eravamo presi l’impegno di approvare il disegno di legge sul contrasto al caporalato e allo sfruttamento del lavoro nero in agricoltura, e lo abbiamo mantenuto», commenta soddisfatto il presidente della Commissione agricoltura della Camera Luca Sani, mentre Don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera, parla di “un provvedimento necessario che va a colmare una lacuna dell’attuale legislazione italiana’’. Di “passo determinante per dare dignità al lavoro nei campi” parla anche il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo che aggiunge come il lavoro nei campi “ora vada tutelato anche per i prodotti importati che arrivano in Italia, troppo spesso sottocosto proprio a causa dello sfruttamento, anche minorile”.
Ma non c’è solo entusiasmo per l’approvazione della nuova legge a tutela dei lavoratori nei campi. Alcune associazioni di categoria che rappresentano l’imprenditoria agricola hanno espresso infatti in questi giorni la preoccupazione che, nell’attuazione delle norme legislative, si applichino provvedimenti penali a condizioni lievi e isolate, più che alle vere situazioni di illegalità da debellare.
Confagricoltura, su vari fronti a livello nazionale e locale, si dissocia dall’equazione “imprenditori uguale sfruttatori”. “Qui ci trattano come mafiosi. – esordisce Donato Rossi, presidente Confagricoltura Puglia, nella sua intervista su Tg Tre regionale (guarda qui) a poche ore dall’approvazione definitiva della legge – È un’affermazione forte, ma in questo momento è pertinente a un atteggiamento riottoso da parte di governo centrale, che non vuole accogliere le nostre istanze”. “Noi non siamo assolutamente contro la legge, anzi. – continua Rossi – Apprezziamo i profili e i contenuti, ma questi contenuti devono essere contemplabili in un sistema di impresa che possa recepire questi cambiamenti. La legge sul caporalato ha delle interpretazioni che sono molto ampie e molto discusse, e io invece credo che ci si dovrebbe focalizzare meglio sugli argomenti, essendo sicuri che non venga messo a rischio il futuro dell’impresa, unitamente al posto di lavoro”.
L’inasprimento della legge, secondo Confagricoltura, va letto assieme all’inserimento nel Codice degli indicatori di sfruttamento del lavoro: si tratta di indicatori alternativi tra loro, cioè basta che ne ricorra uno solo per rilevare lo sfruttamento. “Il modo in cui questo meccanismo opera, però, è molto pericoloso, – sottolinea il presidente di Confagricoltura Taranto Luca Lazzàro – perché allarga lo spettro d’intervento a violazioni lievi e meramente formali di normative legali e contrattuali, quali il rispetto dell’orario di lavoro, la retribuzione, l’igiene. Il governo ignora i segnali d’allarme che arrivano da associazioni come la nostra, preoccupata che nella foga di issare una bandiera-simbolo contro l’illegalità, si finisca col travolgere anche la legalità, in cui si muove grandissima parte del settore agricolo”.
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