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                      Apofruit e Coop Sole investono sulla fragola, sui banchi anche a Natale

                      Apofruit e Coop Sole, che insieme sono già leader nazionali della fragola – con 150 mila tonnellate di prodotto commercializzato con i marchi Solarelli e Piraccini e con la marca del distributore – investono ulteriormente su questa coltura introducendo nuove varietà innovative che amplieranno il calendario di commercializzazione, portando già i primi frutti sui banchi a fine dicembre. La sostenibilità di questa produzione, in termini ambientali ma anche economici, è la linea che traccia il nuovo piano di sviluppo

                      di Carlotta Benini

                      Apofruit fragole ©FM

                      Da sinistra Alberto Grassi, Piero Ciardiello, Ernesto Fornari e Mirco Zanelli (copyright: Fm)

                      Non è una campagna delle più brillanti, quella attualmente in corso, per la fragola italiana, compici alcuni fattori sfavorevoli che hanno rallentato le vendite e inciso negativamente sui consumi, delineando una situazione di mercato a livello generale piuttosto piatta. Ma è in questi momenti che si vede la forza dell’aggregazione. “Le vendite di questi giorni ci stanno dimostrando che ci sono ampi margini e opportunità per recuperare quello perso fino ad oggi, quindi siamo fiduciosi di chiudere in modo positivo la stagione”: con queste parole Mirco Zanelli, direttore commerciale di Apofruit, commenta l’andamento della campagna fragole 2022 a margine dell’evento di presentazione dei piani di sviluppo su questo prodotto che il colosso cooperativo ha messo in atto insieme a Coop Sole, azienda partner di Parete (Ce) che tramite Mediterraneo Group, società commerciale di Apofruit, dal 1996 commercializza le proprie fragole prodotte nel casertano.

                      “I bilanci li faremo a fine campagna, abbiamo ancora davanti un mese di commercializzazione – continua Zanelli – Al momento siamo a un 70% circa del raccolto, i numeri definitivi forse non saranno come quelli di anno scorso, annata eccezionale per la nostra fragola, con risultati record, ma comunque si aggireranno intorno ai 65 mila quintali raccolti e commercializzati per il prodotto della Basilicata, 75 mila quintali per il prodotto campano di Coop Sole e 5 mila quintali per il prodotto della Romagna”.

                      Numeri che confermano la leadership di Apofruit e Coop Sole sulla fragola, di cui sono insieme il principale produttore a livello nazionale. Ora le due aziende sono pronte a investire ulteriormente su questa produzione e sulla sua sostenibilità, in senso ambientale ed economico, per rimanere i referenti preferenziali della Grande Distribuzione Organizzata e dei mercati all’ingrosso. Le novità in programma sono state presentate durante la prima giornata di Macfrut.

                      “Oggi – spiega Pietro Ciardiello, direttore di Coop Sole – siamo in grado di produrre 85 mila quintali di fragole all’anno, con una quota di biologico pari a oltre il 20%, grazie alla varietà Melissa che ben si presta a questo tipo di coltivazione. Tramite Mediterraneo Group, siamo fornitori preferenziali della Gdo italiana e abbiamo contatti consolidati anche all’estero, in particolare con catene come Spar in Austria e Migros in Svizzera”.

                      fragole Apofruit

                      Le fragole Solarelli di Apofruit (copyright: Fm)

                      “Per quanto ci riguarda – rileva Ernesto Fornari, direttore generale di Apofruit – il nostro gruppo ha il merito di avere dato un nuovo impulso, negli ultimi 10-12 anni, alla coltura della fragola sul versante jonico. Nella prima decade del Duemila, infatti, la fragolicoltura in Basilicata, dove si concentra la maggior parte della produzione Apofruit grazie al nostro stabilimento di Scanzano Jonico, era pressoché finita. Tutto ciò perché, in quegli anni, gli impianti erano realizzati con piantine frigo conservate, che garantiscono un altissimo rendimento per quattro-cinque settimane, poi più nulla. Grazie ai continui sforzi fatti nella ricerca varietale, abbiamo introdotto la cultivar Sabrosa, commercializzata con il marchio Candonga, che ben si adatta all’utilizzo di piante fresche provenienti sia dalla Spagna che dalla Polonia. Il risultato è che oggi riusciamo a garantire una fornitura costante dai primi giorni di febbraio fino a metà giugno e la fragolicoltura, sul versante jonico, è letteralmente riesplosa”.

                      I 100 ettari della prima decade del Duemila, sono oggi diventati 1.200 ettari di fragole in Basilicata, tutti convenzionali, ovvero appunto circa 60 mila quintali all’anno di prodotto. A questi si aggiungono la produzione nel cesenate (qui anche biologica) e quella di Coop Sole, che permettono alla cooperativa di presentarsi sul mercato con oltre 150 mila quintali di fragole, confezionate in oltre dieci tipologie di formati. Le fragole sono commercializzate con i marchi Solarelli e Piraccini. “Poi c’è la private label – sottolinea Zanelli – a cui oggi è destinato il 60% della produzione”.

                      Alla leadership di mercato, ora, si aggiungono altre grandi novità, a partire dall’innovazione colturale. “Abbiamo già avviato – spiega Andrea Grassi, direttore della innovazione e sviluppo di Apofruit – una sperimentazione che è già in fase molto avanzata, per introdurre la coltivazione di piante ottenute da cima radicata per anticipare la produzione a partire da dicembre. Si tratta cioè di mettere a dimora piantine di fragole ottenuta da stoloni freschi e fatti radicare in vaso programmando il loro trapianto affinché si inizi la raccolta molto precocemente. Nello specifico, abbiamo individuato nella varietà Marimbella una cultivar precoce che ci permette di piantare già a ottobre e di iniziare il raccolto nei primi giorni di dicembre. I test sono stati condotti finora su 300 mila piantine e sono stati eccellenti, tanto che dal prossimo autunno l’obiettivo è arrivare a 1 milione di piantine”. Sabrosa e Rossetta sono le principali varietà coltivate in Basilicata. Melissa, la già citata Marimbella e Brilla (quest’ultima in Romagna) le altre principali varietà degli altri territori. Poi ci sono appunto le varietà a cima radicata che rappresentano la novità per ampliare calendario produttivo e permettere di avere le fragole sui banchi a Natale. Ma la ricerca varietale non si ferma qui. “Quest’anno testeremo anche la varietà del CREA Elodie”, rivela Grassi.

                      “Con l’introduzione delle varietà a cima radicata – riprende Fornari – i vantaggi saranno molteplici. Non solo, infatti, allungheremo la stagione delle fragole di oltre 3 mesi, ma permetteremo di risolvere anche i problemi legati alla manodopera. Maggio, infatti, attualmente si presenta come il mese più complesso per la raccolta delle fragole, perché in questo periodo si concentrano i maggiori quantitativi e, di conseguenza, si registra la maggiore domanda di manodopera, che si trova sempre più difficilmente. L’aggiunta di impianti a cima radicata, invece, permette ai produttori di spalmare la produzione su una finestra molto più ampia e, al contempo, risolve il problema della cronica mancanza di manodopera”.

                      Si apre quindi con queste ultime innovazioni colturali un’ulteriore opportunità per la fragolicoltura, che rimane una delle colture più complesse a livello di gestione, dal momento che gran parte delle fasi di lavorazione devono avvenire direttamente in campo. Ma non solo: a rendere delicato l’intero sistema, sono anche i costi di gestione, specialmente se parametrati ad altre produzioni agricole. Se infatti 1 ettaro di frutteto completamente attrezzato richiede oggi un investimento iniziale di circa 60.000 euro e garantisce mediamente una longevità di 15-20 anni, 1 ettaro di fragole richiede invece una spesa media di 70.000 euro, per un solo anno di vita dell’impianto.

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