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                      Avocado: impronta idrica insostenibile o è solo un’altra moda?

                      Avocado
                      Arriva la risposta della World Avocado Organization (WAO) alla recente iniziativa di alcuni chef londinesi di togliere dal loro menù le ricette a base di avocado a causa della sua presunta impronta idrica molto elevata. Al posto del classico guacamole, ad esempio, alcuni chef propongono delle salse alternative a base di fave e altri ingredienti. Se però si guardano le tabelle del consumo idrico per la produzione degli alimenti, l’avocado in realtà dimostra una richiesta d’acqua relativamente bassa, meno ancora di quanta ne richiedono le banane, ad esempio

                      Dalla Redazione

                      Avocado

                      Tutto è nato dalla scelta di una manciata di chef inglesi di togliere l’avocado dai loro menù: niente più toast all’avocado o guacamole, per esempio. Al posto di uno dei frutti più alla moda del momento, gli chef hanno optato per ingredienti sostitutivi, come ad esempio le fave, per la realizzazione di una salsa simil-guacamole. Alla base l’idea che l’avocado abbia un’impronta idrica molto elevata, quindi poco sostenibile, altro tema molto alla moda.

                      Prontamente è arrivata la risposta della World Avocado Organization (WAO) che ha fatto sapere come in realtà si tratta di una scelta “a dir poco paradossale”: non è più sostenibile scegliere di utilizzare le fave, ad esempio, al posto dell’avocado per realizzare la salsa guacamole, in quanto le fave richiedono più di 5.000 litri d’acqua per produrre un kg di fave, quasi 10 volte l’acqua necessaria a produrre un chilo di avocado. “È difficile capire – sottolinea Xavier Equihua, amministratore delegato della WAO – come possano parlare negativamente di un prodotto con un’impronta idrica così piccola quando i loro menu sono pieni di prodotti che richiedono migliaia e migliaia di litri d’acqua per produrre un solo chilo”. Per esempio, sottolinea l’associazione, per produrre un chilo di carne, in media, servono fino a 14.000 litri d’acqua e gli allevamenti di bestiame sono la principale fonte agricola di gas serra nel mondo.

                      La WAO sottolinea inoltre come tutti gli avocado venduti in Europa e nel Regno Unito sono certificati GlobalGAP, che stabilisce degli standard per una produzione agricola sicura per l’uomo e responsabile per l’ambiente e la società. L’associazione conclude specificando come negli anni l’industria globale dell’avocado è riuscita a produrre avocado con sempre meno acqua: la quantità di acqua necessaria per produrre un chilo di questo “superfood” varia da 600 a 700 litri, anche se grazie all’utilizzo di sistemi di irrigazione all’avanguardia e al controllo della crescita delle piante, nell’ultimo decennio sono sufficienti  300-400 litri per produrre un kg di avocado. Forse possono sembrare cifre alte rispetto al pomodoro, ad esempio, che richiede quasi 200 litri per produrne un kg, ma comunque nelle media se non inferiore a tanti altri frutti e ortaggi: le banane richiedono 790 litri per un kg, mentre le mele richiedono 822 litri per un kg. Lasciata l’ortofrutta, l’impatto idrico sale sempre di più: il riso ad esempio richiede 2.500 litri per ogni chilo prodotto mentre per alimenti d’uso comune in quasi tutto il mondo, come il maiale o il pollo, questa quantità sale rispettivamente a 4.300 e 6.000 litri, secondo studi come quelli dell’IME (Institution of Mechanical Engineers) e del Water Footprint Network.

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