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                      L’imballaggio che crea valore in ortofrutta? Cartone in testa: l’indagine di Bestack e CSO Italy

                      Bestack Fruit Logistica 2019

                      Da sinistra Elisa Macchi (direttore CSO), Paolo Bruni (presidente CSO), Simona Caselli (assessore Agricoltura Emilia Romagna), Claudio Dall’Agata (direttore Bestack)

                      Nell’anno appena trascorso quello del packaging è stato un tema molto discusso. Dal lancio della campagna europea per la riduzione della plastica, che prevede obiettivi ambiziosi di recupero di questo materiale e la progressiva eliminazione di tutti i prodotti plastici monouso, molti attori della grande distribuzione e molte aziende tra i big player mondiali del food&grocery si sono impegnati per aumentare la propria sostenibilità, riducendo o in alcuni casi eliminando del tutto la plastica. Non solo, con l’inizio del 2018 l’Italia ha previsto l’obbligo di esplicitare il costo dei bioshopper per l’ortofrutta e contemporaneamente l’effetto è stato di veder crescere l’incidenza del peso imposto, prodotto confezionato, di 3 punti percentuali in un solo anno passando dal 31% al 33%

                       

                      “Si tratta di dati solo apparentemente discordanti, che invece sono profondamente coerenti se si cambia paradigma”, esordisce Claudio Dall’Agata, direttore del consorzio Bestack, a Fruit Logistica, in occasione della presentazione degli ultimi dati rilevati dall’Osservatorio sulle Confezioni,  uno strumento di monitoraggio messo in piedi nel 2014 insieme al CSO Italy che ha l’obiettivo di rilevare i trend nell’impiego delle diverse tipologie di packaging per ortofrutta lungo la filiera, definendo il valore strategico dell’imballaggio. “Il consumatore – continua Dall’Agata – ha come driver d’acquisto il servizio annesso al prodotto che compra, nella scelta seguono tutti gli altri elementi. In quest’ottica l’imballaggio rimane un costo da minimizzare se non offre servizi, mentre può essere un forte strumento di creazione del valore – che può condizionare anche la scelta del consumatore – se è in grado di rendere distintivo il prodotto e di promuovere il brand”.

                       

                      imballaggio Attivo Bestack

                      L’imballaggio Attivo di Bestack, packaging smart contro lo spreco

                      “Occorre precisare – è la premessa Elisa Macchi, direttore di CSO Italy, durante la presentazione degli ultimi trend dell’osservatorio – che il campione non è rappresentativo dell’intera offerta ortofrutticola italiana, essendo caratterizzato da una maggiore predisposizione verso l’export e i moderni canali rispetto al dato nazionale. In ogni caso consente di dare interessanti informazioni in termini di trend”. “Su tale campione – continua Macchi – nel 2018 gli imballaggi in cartone ondulato rappresentano la prima tipologia impiegata, con il 50% di quota, in flessione rispetto al 2011, mentre le cassette di plastica a sponde abbattibili salgono al 36% del totale”.

                       

                      Scendendo nel dettaglio si nota una forte connessione tra canale commerciale e tipologia di imballaggio. Dai dati evidenziati dal campione nei mercati tradizionali e in export, dove il produttore può sviluppare politiche di marca con più facilità, è prevalente l’uso del cartone, con quote superiori al 60%, mentre nella grande distribuzione si usano imballaggi in plastica riutilizzabili neutri in oltre il 56% dei casi.

                       

                      Dall'Agata Bestack Fruit Logistica 2019

                      Claudio Dall’Agata a Berlino nella conference room personalizzata da Bestack (copyright: Fm)

                      I dati rilevati dal campione intervistato assumono maggiore valenza analizzando tre prodotti rappresentativi, come pesche e nettarine, kiwi e pere, per i quali l’impiego delle diverse tipologie di imballaggio sono profondamente differenti fra di loro, a dimostrazione di come siano le condizioni di mercato ad incidere sulle scelte della produzione, anche in termini di imballaggio. Grado di concentrazione dell’offerta, propensione all’export, competitività internazionale, grado di fungibilità tra diverse aree di produzione, quote di mercato sui canali moderni: questi e altri parametri determinano situazioni di mercato molto diverse. “In ogni caso – aggiunge Claudio Dall’Agata – lo studio mostra una correlazione fra la redditività per la produzione, il peso collo medio di prodotto e l’incidenza dell’imballaggio a marchio del produttore“. 

                       

                      Nel caso delle pesche e nettarine il campione ha fatto registrare un aumento del collo medio ad oltre 10 kg, perdono 15 punti percentuali gli imballaggi a marchio e per contro la redditività per la produzione rimane fortemente deficitaria, superando solo nel 2018 gli 0,50€/kg per il prodotto rinfusa – calibro 17,5 e oltre. Venendo al kiwi invece il peso medio del collo cala, la concentrazione dell’offerta è elevata e la forza delle politiche di marca è costante. Si conferma elevata l’incidenza degli imballaggi a marchio (sono circa il 70%) e la redditività per la produzione è competitiva e in forte crescita (+30% circa nel 2018 rispetto al 2011) arrivando nell’ultima campagna appena conclusa al suo massimo storico, 0,98 euro/kg. Da ultimo il caso delle pere. È ancora alto il peso delle vendite del prodotto sfuso, che salgono dal 2015 al 2017 e diminuiscono solo nel 2018. Le aggregazioni del 2016 hanno favorito lo sviluppo delle politiche di marca, arrestando il calo dell’incidenza degli imballaggi a marchio facendoli rimbalzare ad un +7% nell’arco del biennio successivo.

                       

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