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                      Camilla, a Bologna il primo supermercato autogestito d’Italia. Visita instore

                      Camilla è un emporio di comunità, ovvero una cooperativa dove i soci sono allo stesso tempo clienti, proprietari e gestori. Ha aperto al pubblico a gennaio a Bologna ed è il primo supermercato autogestito in Italia. Abbiamo fatto visita a questo speciale negozio, dove solo se sei socio puoi fare la spesa: per esserlo devi versare una quota associativa e prestare tre ore di lavoro al mese. Sugli scaffali di Camilla si trovano solo prodotti biologici e sostenibili, di stagione, a km 0 ed equo solidali: le referenze sono oltre mille. L’ortofrutta fresca proviene per il 90% dal network di produttori di Campi Aperti, anche quella secca e disidratata è di origine italiana. Per lo sfuso ci sono sacchetti di carta e shopper riutilizzabili in cotone. “Il modello funziona, cresciamo di mese in mese”, rivelano i soci. Non c’è competizione con gli altri supermercati della zona: “l’esperienza di acquisto è completamente nuova”

                      di Carlotta Benini

                      Camilla supermercato autogestito

                      Camilla è un emporio di comunità, dove i soci sono anche clienti e gestori (copyright: Fm)

                      Visto da fuori sembra uno negozio di alimentari qualunque, se non fosse per quella scritta colorata sulla facciata, che rimanda a qualcosa di equo solidale. Siamo a Bologna, in via Casciarolo, nel quartiere San Donato: sul lato opposto della stessa strada si affaccia un supermercato Coop mentre nella via parallela, ad appena 300 metri di distanza, c’è un punto vendita NaturaSì. Nel raggio di meno di un chilometro si trovano anche un punto vendita Eurospin e un Lidl. Lo store che siamo andati a visitare a fine luglio, dopo sette mesi dalla sua inaugurazione nel capoluogo emiliano romagnolo, non è un supermercato qualunque: si chiama Camilla ed è un emporio di comunità, ovvero una cooperativa la cui attività è seguita direttamente dai soci, che quindi sono allo stesso tempo clienti, proprietari e gestori. In altre parole è un supermercato autogestito, il primo nel suo genere in Italia, nato sul modello di cooperative simili già presenti in metropoli estere come Bruxelles e New York (il primo esempio di emporio di comunità è Park Slope, a Brooklyn, realtà nata negli anni Settanta che oggi conta 17 mila soci).

                      Il nome “Camilla” nasce dalla fusione tra le parole Campi Aperti, associazione che riunisce aziende agricole principalmente del territorio emiliano romagnolo , e Alchemilla, uno dei gruppi di acquisto solidale (GAS) più noti a Bologna. I soci del supermercato autogestito bolognese ad oggi sono quasi 500. Ognuno di loro ha versato una quota associativa una tantum (che viene restituita in caso di uscita dalla cooperativa), e deve prestare tre ore di lavoro al mese, svolgendo mansioni che permettano il funzionamento del negozio: sistemare gli scaffali, sbrigare pratiche amministrative e svolgere in sostanza quei compiti che spettano ai commessi di un supermercato. Solo chi diventa socio di Camilla può fare la spesa nell’emporio: in sostanza, come sottolineato sopra, i clienti sono anche i titolari del negozio stesso.

                      Camilla supermercato autogestito

                      In assortimento ci sono oltre mille prodotti, bio, equo solidali, sostenibili e a filiera corta (copyright: Fm)

                      Lo spazio del negozio è organizzato in base ai colori. Nella stanza color senape si trovano cereali, pasta, riso, farine, pane, frutta secca e semi, venduti sfusi, prelevabili a peso da erogatori ed espositori. In quella verde invece si trovano i prodotti freschi e freschissimi: frutta e verdura, erbe aromatiche, latticini e una piccola selezione di salumi (per ora la carne non è in assortimento, ma si pensa a un futuro ampliamento dell’offerta dei freschissimi). Nella sala rossa ci sono i prodotti secchi confezionati, le conserve, i trasformati e i succhi; in quella azzurra, per finire, si trovano i prodotti per la pulizia della casa e della persona.

                      Il reparto ortofrutta conta attualmente circa 20 referenze di frutta e ortaggi freschi di stagione, oltre alle patate, che sono sempre presenti sui banchi. “I prodotti ortofrutticoli provengono per il 90% dalla rete di Campi Aperti, che riunisce produttori dell’Appennino emiliano, del bolognese, del modenese, del ferrarese, fino a d arrivare al forlivese-cesenate”, ci spiega Andrea, socio dipendente di Camilla. “L’ortofrutta è tutta biologica, sostenibile, a chilometro zero – continua -. La certificazione bio in alcuni casi non è quella ufficiale, ma la coltivazione in assenza di fitofarmaci o altre sostanze chimiche è garantita comunque da un sistema di autocertificazione di Campi Aperti”.

                      La qualità, la sostenibilità e l’eticità dei prodotti è certificata da una sorta di disciplinare a cui tutti i fornitori aderiscono, compilando dei questionari e fornendo informazioni sul prodotto e sulla filiera di origine, sulla tipologia di azienda e sul rapporto con i lavoratori. In sostanza, c’è una “garanzia partecipata” sui prodotti in vendita, ci spiegano da Camilla. Localismo, stagionalità, attenzione all’ambiente, lotta allo sfruttamento sono i valori presenti nei prodotti in assortimento sugli scaffali.

                      Camilla supermercato autogestito

                      Sui banchi di Camilla a luglio si trovano circa 20 referenze di frutta e ortaggi di stagione, bio e a km zero (copyright: Fm)

                      Ogni settimana i fornitori di Camilla consegnano all’emporio i prodotti in autonomia, le due giornate principali di consegna della merce sono il martedì e il giovedì. “Chiediamo ai nostri produttori di allinearsi a un listino comune per ogni singola referenza ortofrutticola – continua Andrea – in modo da garantire dei prezzi omogenei”. “Il numero delle referenze sta crescendo costantemente – aggiunge -. Siamo partiti a febbraio con l’attività, lo scorso inverno avevamo ancora pochi prodotti sui banchi, allo stesso tempo però i clienti potevano trovare referenze particolari come erbe selvatiche, senape, cavolaccio e sprouting broccoli”. E anche mango, avocado, banane e agrumi: l’esotico è fornito da Altromercato, gli agrumi da una cooperativa di Rosarno (Reggio Calabria). Sui banchi di Camilla, a luglio, si trovano principalmente pesche e nettarine, pesche saturnie, albicocche, cocomeri, melone, frutti di bosco e ortaggi di stagione.

                      L’ortofrutta è venduta sfusa, a peso: per l’acquisto sono disponibili dei sacchetti di carta e anche delle shopper riutilizzabili in cotone, ma ognuno può anche portarsi da casa la propria busta o contenitore. La frutta secca e disidratata e i semi sono di origine italiana. Quello dello sfuso, da erogatori, è un reparto particolarmente apprezzato dai soci-consumatori di Camilla.

                      Camilla supermercato autogestito

                      Nel reparto ortofrutta si trovano anche prodotti difettati ma ancora buoni da mangiare, in omaggio (copyright: Fm)

                      L’idea di fondare a Bologna il primo emporio di comunità italiano è arrivata nel 2016, poi è stato necessario portarla avanti e darle “le gambe per camminare”. Il locale e il quartiere sono stati scelti dopo una fase di ascolto, durante la quale era emerso come San Donato fosse la zona più interessata ad avere un’esperienza di questo tipo, sul proprio territorio. “È un quartiere strategico – rivela Luisa, socia fondatrice di Camilla -. Non siamo in concorrenza con gli altri supermercati della zona, la nostra è un’esperienza di acquisto completamente diversa. Il successo di        questo modello è confermato dai numeri, che crescono costantemente: i soci attualmente sono 488, a breve arriveremo a quota 500. Le referenze in assortimento sono più di mille, ormai è possibile fare una spesa completa nel nostro emporio”.

                      Più aumenteranno i soci, più aumenteranno i prodotti sugli scaffali, e più diminuiranno i prezzi, che attualmente risultano già un più bassi rispetto alla media bolognese, specie guardando ai fruttivendoli e ai negozi “healthy” ed equo solidali.

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