Dalla Redazione
Sono giunte a una svolta decisiva le indagini sul caso di Paola Clemente, 49enne di San Giorgio Jonico stroncata da un malore mentre lavorava all’acinellatura dell’uva sotto un tendone nelle campagne di Andria, il 13 luglio del 2015. Fu un infarto a ucciderla, ma a seguito della sua scomparsa il marito, con il supporto della Cgil, denunciò l’accaduto, aprendo un’inchiesta che oggi si è conclusa con sei arresti.
L’operazione è stata condotta ad Andria dalla Polizia di Stato, in collaborazione con la Guardia di Finanza di Trani. Truffa ai danni dello Stato, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro: la nuova legge contro il caporalato non ha fatto sconti, come sottolinea un articolo su Repubblica. Tuttavia, se la stessa legge fosse entrata in vigore prima, probabilmente il numero delle persone in manette oggi sarebbe stato più alto. E con tutta probabilità anche ai responsabili dell’azienda presso cui la donna lavorava toccherebbe almeno una sanzione.
L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa nei confronti di Ciro Grassi, titolare dell’azienda di trasporti tarantina che conduceva in pullman le braccianti fino ad Andria; il direttore dell’agenzia Inforgroup di Noicattaro, Pietro Bello, per la quale la signora lavorava; il ragioniere Giampietro Marinaro e il collega Oronzo Catacchio. Stessa sorte anche per Maria Lucia Marinaro e la sorella Giovanna (quest’ultima ai domiciliari). La prima è la moglie di Ciro Grassi, indagata per aver fatto risultare giornate fasulle di lavoro nei campi con lo scopo di intascare poi le indennità previdenziali, e la seconda avrebbe lavorato nei campi come capo-squadra.
Nel corso delle indagini sono emerse differenze importanti tra le indicazioni delle buste paga dell’agenzia interinale che forniva manodopera e le giornate di lavoro effettivamente effettuate dalle braccianti. Queste – secondo la Procura di Trani – percepivano ogni giorno 30 euro per essere al servizio dei caporali per 12 ore: dalle 3.30 del mattino fino alle 15.30.
Paola Clemente, è emerso, era stata assunta da un’agenzia interinale ma non era stata sottoposta, o quanto meno non risulta, a una visita medica. Dopo un’inchiesta aperta proprio dalla Repubblica e l’intervista al marito della donna, la Procura di Trani decise di riesumare la salma. L’autopsia accertò che si era trattato di una “sindrome coronarica acuta”. La donna, stabilirono gli esami eseguiti dal medico legale Alessandro Dell’Erba con il tossicologo Roberto Gagliano Candela, era affetta da ipertensione (che stava curando) e da cardiopatia.
“La tragedia di Paola Clemente è ancora viva in tutti noi. – è il commento del ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina all’agenzia Ansa sui sei arresti – La legge contro il caporalato proposta dal nostro governo con le parti sociali e con il sostegno quasi unanime del parlamento ha segnato un punto di svolta. La nostra battaglia per la legalità e la dignità del lavoro continua”.
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