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                      Caporalato: cinque arresti nel Foggiano, braccianti sfruttati per 4 euro l’ora

                      Cinque arresti e sequestro di beni per un valore di 3 milioni di euro disposto dal Gip di Foggia. Le accuse? Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e truffa. Di fatto un altro caso di caporalato, questa volta nei campi del foggiano, dove un “caporale” senegalese, regolarmente assunto in una delle aziende coinvolte nell’inchiesta, reclutava  i braccianti, che percepivano spesso una retribuzione oraria di circa 4 euro per undici ore di lavoro

                      Dalla Redazione

                      caporalato

                      I carabinieri di San Severo (Foggia) hanno arrestato 5 persone (2 in carcere, una ai domiciliari e 2 sottoposte all’obbligo di dimora) con l’accusa di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e truffa. Nel corso dell’operazione, denominata ‘Job&Pay’, e cui hanno preso parte anche carabinieri dell’11esimo reggimento Puglia, sono state sequestrate sedi operative e beni per un valore di 3 milioni di euro di quattro aziende agricole riconducibili agli indagati, come disposto dal Gip di Foggia che ha firmato le misure cautelari e sono state quindi sottoposte a controllo giudiziario.

                      L’avvio delle indagini – come riporta anche l’Ansarisale all’ottobre del 2020, a seguito di un incidente stradale che aveva coinvolto un furgone con a bordo 5 migranti sfruttati come operai agricoli africani. L’indagine ha interessato i territori tra San Paolo Civitate, Lesina, Chieuti, Serracapriola, San Severo e Poggio Imperiale, nel Foggiano.

                      I militari hanno accertato che i datori di lavoro indagati si avvalevano, per il reclutamento di manodopera, di un “caporale” senegalese. Il reclutamento degli operai avveniva tra le baracche del Ghetto di Rignano, a San Severo (Foggia). Il caporale, normalmente assunto in una delle aziende coinvolte nell’inchiesta, oltre a percepire un regolare stipendio, riusciva a sottrarre ai braccianti la somma di 50 centesimi per ogni cassone raccolto e la somma di euro 5 per il trasporto sul luogo di lavoro. Ogni bracciante, invece, percepiva una paga fra i 3,70 e i 4 euro per ogni cassone di pomodori raccolto, oppure una retribuzione oraria di circa 4 euro. Gli orari arrivavano anche a 11 ore di lavoro al giorno, senza riposi settimanali. Le aziende mettevano a disposizione dei lavoratori capannoni adibiti a dormitori con servizi igienici totalmente inadeguati, con scarichi ed allacci (idrici ed elettrici) abusivi e in assenza delle condizioni minime di abitabilità.

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