L’INFORMAZIONE INDIPENDENTE PER PROFESSIONISTI E APPASSIONATI DI ORTOFRUTTA
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                      Caporalato e cooperative del lavoro, quali rischi per le imprese ortofrutticole?

                      Quello di Spreafico non è il primo caso, nel settore ortofrutticolo, in cui un’azienda viene coinvolta in indagini per sfruttamento dei lavoratori rispondendo di fatto alle mancanze e/o ai reati commessi da enti terzi, ovvero le cooperative che gestiscono in appalto alcune fasi del processo produttivo. Abbiamo chiesto all’avvocato Gualtiero Roveda, esperto in diritto di impresa e del lavoro, quali sono i rischi in cui possono incappare le imprese ortofrutticole e che consigli dare alle aziende per evitare di essere coinvolte in vicende di sfruttamento/caporalato

                      Dalla Redazione

                      caporalato lavoro campi

                       

                      Occhio alle cosiddette “cooperative spurie”. Occorre sempre verificare che i soggetti appaltatori dei vari servizi che ruotano attorno all’impresa ortofrutticola siano seri e di comprovato livello di specializzazione e conoscenza del settore, per non incappare in spiacevoli vicende come quella che ha visto di recente coinvolta la Spreafico (leggi qui). È questa la raccomandazione dell’avvocato Gualtiero Roveda, esperto in diritto di impresa e del lavoro e da anni consulente legale di Fruitimprese, che abbiamo contattato per chiedere alcuni chiarimenti sul tema del caporalato in agricoltura e un consiglio per le imprese del settore che si affidano per la gestione di alcuni servizi come la logistica e il reclutamento del personale a cooperative esterne.

                      Avvocato, a quali rischi va incontro un’azienda del settore ortofrutticolo che si affida a una cooperativa di lavoro in luogo di dipendenti assunti direttamente?
                      La questione è complessa e i profili di rischio sono molteplici. Nell’ipotesi di appalto legittimo il committente, in solido con l’appaltatore, è tenuto a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto. Il legislatore, in pratica, impone all’imprenditore che impiega lavoratori dipendenti da terzi un preciso onere di controllo, pena il rischio economico di dover rispondere in prima persona delle eventuali omissioni dell’appaltatore. La responsabilità solidale si estende anche in materia di igiene e sicurezza sul lavoro.

                      Come possono verificarsi situazioni perseguibili dalla legge?
                      Purtroppo, accanto a ipotesi di appalti leciti è diffuso il fenomeno di quelli affidati alle cosiddette “cooperative spurie”, ossia società cooperative che sono di fatto create per aggirare le norme giuslavoristiche e gestire manodopera a costi più bassi. In pratica, l’imprenditore, per mezzo di modelli organizzativi e contrattuali predisposti ad hoc, riesce con costi e responsabilità minori a disporre di manodopera, che formalmente dipende da terzi. Dal punto di vista sanzionatorio, se l’appalto manca dei requisiti necessari per essere considerato lecito, l’imprenditore è punito con la sanzione amministrativa di € 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione. Ai lavoratori è riconosciuta la possibilità di chiedere, mediante un ricorso giudiziale, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del committente, nei cui confronti gli Enti previdenziali, a prescindere dalla scelta del lavoratore, potranno effettuare comunque il recupero contributivo. Nel caso poi venga accertato che vi è stato altresì sfruttamento lavorativo e approfittamento dello stato di bisogno del lavoratore, può integrarsi la fattispecie del reato di cosiddetto “caporalato” previsto dall’art. 603 bis c.p. e punito molto severamente.

                      C’è una corresponsabilità dell’azienda committente qualora ci siano situazioni di sfruttamento/caporalato tra i lavoratori della cooperativa?
                      L’articolo 603 bis c.p. punisce chi, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori: recluta manodopera per destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento; utilizza, assume o impiega manodopera sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento anche, ma non necessariamente, avvalendosi di attività di intermediazione. Il committente, che consapevolmente utilizza personale alle condizioni previste dalla norma, incorre nel reato in esame. Il datore di lavoro potrebbe anche rispondere a titolo di concorso nel reato di reclutamento, nelle ipotesi in cui sia stato consapevole dell’attività del reclutatore e dello sfruttamento dei lavoratori.

                      caporalato avvocato Roveda

                      L’avvocato Gualtiero Roveda, esperto in diritto di impresa e del lavoro

                      Quando si può ritenere che un lavoratore sia sfruttato?
                      È la stessa legge a indicare gli indici di sfruttamento, e specificatamente: la reiterata corresponsione di retribuzioni palesemente difformi dalle previsioni dei contratti collettivi di lavoro o comunque sproporzionate rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; la reiterata violazione della normativa in materia di orario di lavoro, periodi di riposo, riposo settimanale, aspettativa obbligatoria e ferie; la violazione delle norme in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro; la sottoposizione del lavoratore a degradanti condizioni di lavoro, alloggiative o di sorveglianza.

                      Sono previste pene accessorie?
                      La condanna per il reato di cui all’art. 603 bis comporta una serie di pene accessorie quali l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche o delle imprese, il divieto di concludere alcuni contratti, l’esclusione per un periodo di due anni da agevolazioni da parte dello Stato, di altri enti pubblici, nonché dell’Unione Europea. Se sussistono le condizioni per procedere al sequestro, il giudice può sostituire questa misura con il controllo giudiziario dell’azienda in cui è stato commesso il reato, laddove dall’’interruzione dell’attività possano derivare effetti negativi sull’occupazione e sul valore economico dell’azienda. In questo caso il giudice nomina uno o più amministratori giudiziari che devono affiancare l’imprenditore per garantire il rispetto delle regole, impedire la reiterazione del reato di sfruttamento e regolarizzare i lavoratori.

                      A quanto ammontano le sanzioni?
                      Si deve anche tener presente che il reato di caporalato è inserito nel catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ex D.lgs. 231/2001. Pertanto, se il fatto vietato dalla norma è commesso nell’interesse o a vantaggio dell’impresa, quest’ultima ne risponde rischiando una sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote (l’importo di una quota va da un minimo di euro 258,23 ad un massimo di euro 1.549,37), nonché una sanzione interdittiva di durata non inferiore a un anno.

                       Che consigli dare a un’azienda del settore ortofrutticolo per evitare di incorrere nel rischio di essere indagati per sfruttamento/caporalato?
                      Le imprese che intendono affidare, mediante appalti, alcune fasi del processo produttivo sono tenute a verificare con estrema prudenza che i soggetti ai quali affidano l’incarico siano seri e di comprovato livello di specializzazione e conoscenza del settore. In particolare, la cooperativa prescelta, oltre a essere in possesso di una struttura imprenditoriale adeguata, dovrà esercitare direttamente il potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati, garantire il pieno rispetto delle normative giuslavoristiche e di sicurezza sul lavoro, e assumersi il relativo rischio di impresa. Il committente dovrà essere sempre in grado di dimostrare le attività svolte per assicurarsi che l’appaltatore operi nella piena legalità ed esigere la documentazione comprovante la regolarità degli adempimenti relativi al personale impiegato.

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